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IL CAPRO ESPIATORIO

05 May 2017

Sul caso dell’operatrice sanitaria P.E. coinvolta nella presunta mancata vaccinazione di bambini e adulti nel distretto sanitario AAS 3 in Friuli Venezia Giulia dal novembre 2009 al dicembre 2015 ci sono indagini in corso da parte della procura di Udine e, prima ancora, da parte della procura di Treviso (che aveva in precedenza indagato P.E a sua insaputa e infine archiviato). Non è, quindi, intenzione di COMILVA commentare direttamente la vicenda personale dell’operatrice sanitaria in questione. In ogni caso le accuse formulate a P.E. sono talmente gravi che dovrebbero essere dimostrate al di là di ogni ragionevole dubbio.

Certamente, però, la vicenda in sé fa sorgere oggettivamente delle legittime e fondate domande su quanto ipoteticamente accaduto, quanto meno vanno fatte delle doverose riflessioni senza farsi sovrastare dalla marea di speculazioni che vengono ogni giorno diffuse attraverso i media sui termini sostanziali della vicenda.

Innanzitutto si osserva che il “risveglio” dell’AAS n. 3 avviene solo a seguito delle indagini avviate dall’USL 2 trevigiana. Possibile che nessuno in AAS n. 3 avesse avuto qualche sospetto o sentore che l’operato della mera operatrice sanitaria non rispettasse le procedure aziendali? Se così fosse, risulterebbero evidenti e gravi le carenze del sistema di controllo interno aziendale, sia da un punto di vista della qualità del servizio ma anche sotto il profilo della sicurezza e dell’impatto ambientale. Altrettanto gravi e da accertare con assoluta urgenza sono le responsabilità dei dirigenti del dipartimento di prevenzione e della direzione sanitaria.

Ad un primo esame della vicenda resta poi il dubbio riguardo al comportamento - quanto meno “poco attento” - delle migliaia di genitori che avranno sicuramente accompagnato ed assistito i bambini durante la vaccinazione, per non parlare degli adulti: nessuno, né a Treviso né a Codroipo si sarebbe accorto di nulla?

Oltre al genitore che teneva in braccio il bambino dovrebbero essere presenti nella stanza due assistenti e un medico (o dentro o nelle vicinanze). Quindi due o tre operatori sempre presenti: solo i colleghi trevigiani della signora si sarebbero insospettiti perché i bimbi non piangevano durante la vaccinazione? E, in aggiunta, solo i colleghi trevigiani avrebbero avuto sospetti mentre per i friulani era tutto in ordine?

Nonostante la magistratura debba fare ancora il suo, la task force incaricata di avviare la campagna straordinaria di monitoraggio e di gestire “il caso” avrebbe comunque già deciso sulle precise responsabilità dell’operatrice sanitaria, che in realtà sono tutte da accertare. Questa decisione si basa sul paradigma che assume l’equivalenza fra vaccinazione e immunizzazione del soggetto. In realtà esistono i cosiddetti “non responder” e i “low responder” (che non sviluppano o sviluppano in misura minima gli anticorpi a fronte della vaccinazione) e il decadimento dell’immunizzazione nel tempo. In tutti i casi potremo non trovare riscontro dell’avvenuta immunizzazione nei soggetti regolarmente vaccinati. Questa è una verifica che viene preclusa da una campagna immediata di richiamo vaccinale. E ciò anche a scapito di un doveroso incidente probatorio disposto dalla magistratura atto a verificare le eventuali responsabilità dell’operatrice sanitaria nel caso di mancata immunizzazione.

Inoltre la magistratura potrebbe anche acquisire la doverosamente conservata documentazione sul mantenimento della “catena del freddo” ed anche confrontarla con gli “stress-test” effettuati dai produttori dei diversi vaccini (gli “stress-test” valutano la persistenza di efficacia a diverse temperature di conservazione).

Quello che sarebbe corretto fare - con la consulenza di un competente epidemiologo-statistico – è valutare la risposta anticorpale nei confronti di più antigeni con un controllo in doppio cieco (cioè rispetto ad un egual numero di soggetti da assumersi come “veramente” vaccinati ed inseriti negli stessi territori) per impedire Bias (distorsioni). Nella task force non sembra sia presente alcun esperto in statistica e nessuno in tossicologia.

Questa operazione quindi dovrebbe essere realizzata su tutti i pazienti ESCLUSIVAMENTE vaccinati dall’operatrice sanitaria P.E. ed un congruo numero di soggetti vaccinati ESCLUSIVAMENTE da altri colleghi, omogenei per caratteristiche (età, tipo e numero di vaccinazioni somministrate, lotti vaccinali utilizzati, ecc.) nello stesso periodo di tempo (2009/2015).

Gli innocui prelievi di minime quantità di sangue verrebbero così inviati al laboratorio con un codice identificativo univoco (anonimo) in modo tale che il personale esegua i controlli senza ricondurli al soggetto a cui appartengono. Poiché è attesa una minima percentuale di “non responder” e di “low responder”, la differenza tra i due gruppi sarebbe così dirimente.

Da quanto pubblicato nel comunicato datato 3 maggio da parte della AAS 3 (//www.aas3.sanita.fvg.it/it/azienda_informa/vaccinarsi/comunicato_3mag.html)

apprendiamo che:

  1. I controlli sono stati effettuati su un numero imprecisato (ma all’apparenza esiguo) di bambini: i risultati di questa indagine avrebbero confermato che una parte dei bambini controllati (quelli che avevano effettuato l’intero ciclo con l’operatrice sanitaria P.E), non avrebbe ricevuto un ciclo completo e si ritiene quindi che P.E. in diversi casi abbia “fatto finta” di eseguire le vaccinazioni, ma non li abbia in realtà iniettati;
  2. Che dal 2 maggio è iniziata la campagna regionale straordinaria di vaccinazione conseguente, per dare “certezza di completa copertura a tutti i bambini”;
  3. Che le vaccinazioni eseguite nei giorni in cui era in servizio l’operatrice P.E presso la ASS 3 nel periodo segnalato sono state circa 15.650 circa (7.500 esavalente, 4.000 MPRV, 2.000 Meningococco C, 350 TBE, 1.800 HPV), chiaramente somministrate anche da altri operatori;
  4. Che in base al principio di massima precauzione si è deciso di somministrare nuovamente tutte queste vaccinazioni. Con quale motivazione? Ci viene chiaramente indicato che “non è possibile sapere se il singolo bambino abbia fatto tutte le dosi in maniera adeguata, e quindi se la protezione che avrebbe ricevuto si manterrà per tutta la vita (o per tutto il tempo previsto), come ci si aspetterebbe”;
  5. Che, poiché fare una vaccinazione in più non comporta alcun rischio per il bambino, nel dubbio è preferibile rifarla;
  6. Che l’AAS 3 stima una copertura vaccinale sul territorio come segue:

     

    Bambini fra 0 e 6 anni

    Bambini e ragazzi fra 7 e 17 anni

    Tutti fra 0 e 17 anni

    ESAVALENTE: (difterite, tetano, pertosse, poliomielite, emofilo B, epatite B)

    almeno 94%

    100%

    almeno 98%

    MPR(V): (morbillo, parotite, rosolia, varicella)

    almeno 76%

    almeno 95 %

    almeno 88%

     

  7. Che secondo questi livelli di copertura vaccinale avrebbe funzionato la cosiddetta immunità di gregge;
  8. Che non servono altri esami, perché nella stragrande maggioranza dei casi gli esami (valutazione anticorpale) non potrebbero dirci se la protezione almeno parziale, che i bambini adesso hanno, durerà per tutta la vita (o per il tempo previsto per ciascuna vaccinazione);
  9. Che la prima importante decisione che è stata condivisa è quella di garantire la massima trasparenza e informazione.

Di conseguenza osserviamo quanto segue:

  1. Non viene espresso chiaramente il numero di controlli effettuati e tanto meno per quale tipologia anticorpale: di conseguenza non vi è chiarezza se il campione statistico sia sufficientemente rappresentativo, né se la dichiarata non presenza di anticorpi sia uniforme o meno in base al numero e alla tipologia di vaccini somministrati. Qualsiasi ipotesi quindi risulterebbe non fondata su dati certi;
  2. La decisione di avviare i richiami vaccinali è intempestiva rispetto alle necessarie valutazioni di opportunità che dovrebbero essere guidate dalle iniziative che la magistratura vorrà mettere in campo per avviare le indagini, precludendo qualsiasi opportuno incidente probatorio perché produce un irreversibile inquinamento delle prove (la mancata presenza degli anticorpi). Peraltro, come sottolineato al punto 7 non ci sarebbero nemmeno gli estremi per un intervento di emergenza dal momento che si sostiene l’effettiva sussistenza dell’effetto gregge nella protezione della salute pubblica, sulla base dei dati di copertura vaccinale presunta;
  3. Se in un primo momento l’attenzione era posta alle sole vaccinazioni somministrate dall’operatrice P.E. ora si sta allargando la popolazione dei “sospetti” a tutte le vaccinazioni somministrate nel periodo tardo 2009 e fine 2015 a tutte le vaccinazioni somministrate nel periodo tardo 2009 e fine 2015, somministrazioni effettuate nei giorni in cui la suddetta era forse solo presente. Perché? Qui le ipotesi possono essere solo due: o l’azienda ha il sospetto che ci siano delle false attestazioni da parte di P.E, oppure la stessa NON ha implementato alcun sistema di tracciabilità delle somministrazioni vaccinali e quindi non sa chi ha fatto cosa, ovvero non sa distinguere fra le somministrazione dell’operatrice P.E e quelle dei suoi colleghi. In entrambi i casi vi è una carenza nei sistemi di controllo e di monitoraggio;
  4. Più che definire il principio come di massima precauzione è il caso di parlare di “principio di massima ignoranza” (da intendersi nel senso di mancata conoscenza da parte dell’AAS di quanto avvenuto nei propri ambulatori per circa 6 anni e di mancata acquisizione di dati certi e fondati in merito alla reale efficacia di tutte le somministrazioni vaccinali eseguite). In proposito, infatti, c’è da chiedersi come fa l’AAS 3 ad affermare che i bambini (o soggetti, in genere) controllati - quelli che avevano effettuato l’intero ciclo con l’operatrice sanitaria P.E - non avrebbero ricevuto un ciclo completo di somministrazione vaccinale;
  5. Questa è una affermazione quanto meno azzardata in quanto non si considerano gli effetti negativi di una iperstimolazione del Sistema Immunitario e della conseguente diffusione (ad esempio) della sindrome metabolica e del diabete di tipo 1, come dei recenti rapidi aumenti del rischio di prediabete e di altre malattie immunomediate (http://dx.doi.org/10.4172/1747-0862.S1-025), per non parlare del maggior carico di adiuvanti, noti neurotossici. Con i numeri disponibili il 30 aprile (Comunicato AAS 3 del 30 aprile 2017), un terzo delle dosi somministrate ai bambini con età inferiore all’anno e circa la metà delle dosi somministrate ai bambini più grandi sembrerebbero non essere state somministrate correttamente. Quindi verranno rifatte due terzi delle dosi (nonostante siano state somministrate correttamente) ai bambini di età inferiore all’anno e la metà delle dosi totali (pur somministrate correttamente) ai bambini più grandi. Più di tremila bambini quindi possono essere esposti a maggiore rischio di reazioni avverse.
  6. Come ben noto in ambito scientifico stimare una copertura vaccinale non equivale a determinare una equivalente copertura immunologica;
  7. Secondo gli attuali standard comunicativi sembra che i livelli minimi di copertura vaccinale richiesti siano al 95%: infatti su questo assunto si basano anche ben noti provvedimenti normativi adottati da autorità locali nell’ultimo periodo. Ebbene l’AAS 3 deve spiegare il perché una copertura vaccinale verso MPR(V) del 76% nei bambini fra 0-6 anni e dell’88% nella fascia 0-17 anni dovrebbe essere sufficiente a determinare tale effetto protettivo;
  8. Se i controlli (anticorpali) non sono in grado di dirci se la copertura anticorpale è duratura o meno per un certo periodo, come facciamo a distinguere se la vaccinazione ha prodotto o meno l’immunizzazione e, quindi, se la mancata vaccinazione è realmente responsabile dell’assenza di anticorpi?
  9. Osserviamo infine che informare ed essere trasparenti significa ben altro che questo: occorre essere innanzitutto rigorosi nell’applicare un criterio “scientifico” nell’approcciare il problema, mettendo in atto un sistema di controlli adeguato e informando la cittadinanza con dati certi e non con semplici deduzioni.

Perché rivaccinare soggetti già vaccinati e sui quali non viene fatto preventivamente alcun controllo dello stato immunologico? Perché si assume, una volta di più, che il profilo di sicurezza di un vaccino sia assoluto e non, come è in realtà, che ci possa essere un margine di rischio?

Non si possono MAI sottovalutare le eventuali reazioni avverse di carattere generale che potrebbero insorgere (come dimostrano in modo inequivocabile i dati pubblicati nei rapporti AIFA, almeno per quanto disponibile, e i rapporti OSMED): piuttosto andrebbe predisposto un sistema di monitoraggio basato sulla farmacovigilanza attiva, come pure sarebbe opportuno stabilire un periodo di sorveglianza e verifica della copertura immunitaria nel tempo dei soggetti rivaccinati.

Richiamarsi continuamente alla scienza non serve a nulla se non si applicano i suoi criteri e questo va fatto in ogni caso, anche quando i risultati che otteniamo potrebbero non essere quelli che ci aspettiamo.

CC

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