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SUL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE, RESPONSABILITA' MEDICA E LINEE GUIDA

responsabilità

Principio di Precauzione, Responsabilità Medica e Linee Guida: quante volte abbiamo sentito parlare di questi temi e quanto diverse sono le interpretazioni che vengono date a ciascuno di questi, portando spesso “fuori strada” gli attori che, concretamente, si trovano a prendere delle decisioni rilevanti per la vita di una persona. In medicina questi temi assumono poi contorni spesso drammatici, perché legati proprio alla criticità delle situazioni particolari e all’incidenza che possono avere in relazione alle normative che impongono limitazioni personali.

È questo il caso della responsabilità nella decisione medica, vuoi che sia per un trattamento sanitario volto a risolvere un problema di salute oppure, e a maggior ragione, quando si tratta di intervenire con un trattamento sanitario (come una vaccinazione) su persone sane, in una logica di prevenzione. Il tema centrale, in quest’ultima situazione, è quello delle esenzioni da quel particolare trattamento (la vaccinazione o la somministrazione di farmaci che vengono definiti vaccini, in generale, come il caso dei vaccini anti-Covid-19).

In questo documento vogliamo trattare le criticità che emergono dalle decisioni/non decisioni dei medici in merito alle possibili esenzioni (in generale), ponendo la problematica sul piano meramente etico-professionale, così che sia possibile - nel rapporto medico-paziente – costruire una base comune di confronto che SUPERI la barriera posta da normative o regolamenti (circolari ministeriali e di ordini professionali, linee guida, ecc.) che impediscono un rapporto diretto e CORRESPONSABILE fra gli attori principali, appunto il medico e il paziente, entrambi persone umane che non possono sottostare a nessun “algoritmo” precostituito, bensì hanno il diritto-dovere di stabilire caso per caso la migliore soluzione possibile … per entrambi!

Il ricorso al principio di precauzione

Il Principio di Precauzione trae origine in Germania negli anni ’70 in materia ambientale.

È contemplato nell’articolo 191 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (UE) [1] dove si legge che la politica dell'Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela ed è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva.
Oggi, il suo campo di applicazione è amplissimo, tocca molteplici settori anche fra loro eterogenei e si applica anche per situazioni specifiche, fra cui i prodotti immessi sul mercato, inclusi i medicinali.

Secondo la Commissione europea [2], il principio di precauzione può essere invocato quando un fenomeno, un prodotto o un processo può avere effetti potenzialmente pericolosi, individuati tramite una valutazione scientifica e obiettiva, se questa valutazione non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza.

Nella Comunicazione (COM(2000) 1final) sul principio di precauzione si apprende che l’applicazione di tale principio è giustificata quando si presentano le seguenti tre condizioni:

  • l'identificazione degli effetti potenzialmente negativi;
  • la valutazione dei dati scientifici disponibili;
  • l'ampiezza dell'incertezza scientifica.

Il ricorso al principio di precauzione si inserisce nel quadro generale dell'analisi del rischio, ovvero si tratta proprio di un principio di gestione dei rischi.

Secondo la Commissione Europea i principi generali della gestione dei rischi restano applicabili allorché il principio di precauzione viene invocato. Si tratta dei seguenti principi:

  • la proporzionalità tra le misure prese e il livello di protezione ricercato;
  • la non discriminazione nell'applicazione delle misure;
  • la coerenza delle misure con quelle già prese in situazioni analoghe o che fanno uso di approcci analoghi;
  • l'esame dei vantaggi e degli oneri risultanti dall'azione o dall'assenza di azione;
  • il riesame delle misure alla luce dell'evoluzione scientifica.

È importante trattare questo argomento sia a livello macro, riferendoci alle misure di sanità pubblica, sia nel caso in cui l’oggetto del trattamento sanitario sia riconducibile al singolo individuo.

Particolare rilievo assume nel contesto macro la pronuncia del Consiglio di Stato n. 7045/2021, che pone a fondamento dell’introduzione dell’obbligo vaccinale anche il principio di precauzione, affermando:
in fase emergenziale, di fronte al bisogno pressante di tutelare la salute pubblica contro il dilagare del contagio, il principio di precauzione, che trova applicazione anche in ambito sanitario, opera in modo inverso rispetto all’ordinario e, per così dire, controintuitivo, perché richiede al decisore pubblico di consentire o, addirittura, imporre l’utilizzo di terapie che, pur sulla base di dati non completi (come è nella procedura di autorizzazione condizionata), assicurino più benefici che rischi, in quanto il potenziale rischio di un evento avverso per un singolo individuo, con l’utilizzo di quel farmaco, è di gran lunga inferiore del reale nocumento per una intera società, senza l’utilizzo di quel farmaco”.

La circostanza che lo studio clinico cardine di tali farmaci e altri studi siano tuttora in corso, che l’efficacia e la sicurezza siano ben lungi dall’essere supportate da dati solidi, robusti e attendibili e che il mondo scientifico stia assumendo posizioni totalmente contrastanti sulla bontà di questi farmaci rende applicabile un simile principio per giustificare un obbligo vaccinale di massa?

Con ordinanza n. 00351/2022 pubblicata il 22.03.2022 il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Sicilia (organo giurisdizionale di appello nella Regione Sicilia per le decisioni dei T.A.R Palermo e Catania), sollevando la questione di legittimità costituzionale per l’obbligo di vaccinazione ai sanitari, mette in luce che “non vi è prova di vantaggio certo per la salute individuale e collettiva superiore al danno per i singoli, non vi è prova di totale assenza di rischio o di rischio entro un normale margine di tollerabilità, e non vi è prova che - in carenza di efficacia durevole del vaccino - un numero indeterminato di dosi, peraltro ravvicinate nel tempo, non amplifichi gli effetti collaterali dei farmaci, danneggiando la salute; non sono state adottate “misure di mitigazione” e “misure di precauzione” ad accompagnamento dell’obbligo vaccinale, quali adeguati accertamenti in fase di triage pre-vaccinale, e adeguata farmacovigilanza post vaccinazione, con il rischio che in nome della vaccinazione di massa risulti sbiadita la considerazione della singola persona umana, che andrebbe invece sostenuta e rassicurata, tanto più quanto riluttante alla vaccinazione, con approfondite anamnesi e informazioni, con costi a carico del Servizio sanitario nazionale.” 

È chiaro, inoltre, che l’applicazione del principio di precauzione a livello di sanità pubblica e di medicina individuale richiedono necessariamente un differente approccio; le politiche sanitarie, infatti, si devono confrontare con una pluralità di individui con caratteristiche assolutamente distintive e ciò rende di per sé un trattamento di massa (obbligatorio) una contraddizione in termini.

È doveroso, altresì, evidenziare che una caratteristica esecutiva dell’autorizzazione alla immissione in commercio condizionata è l’implementazione di un piano per la gestione del rischio (RMP) da parte dello sviluppatore del vaccino concordato con l’autorità regolatoria prima della autorizzazione. Consultando questi documenti pubblici [3] si evidenzia che per l’uso in gravidanza e durante l'allattamento, l’uso in pazienti immunocompromessi, l’uso in pazienti fragili con comorbilità, l’uso in pazienti con malattie autoimmuni o disturbi infiammatori le informazioni sulla sicurezza del medicinale sono attualmente mancanti o carenti e devono essere raccolte.
Vengono, inoltre, evidenziati rischi identificati e potenziali fra cui anafilassi, Vaccine-Associated Enhanced Disease (VAED), inclusa la Vaccine-Associated Enhanced Respiratory Disease (VAERD) e viene indicato che mancano i dati sulla sicurezza a lungo termine.

È evidente che in un simile contesto è fondamentale effettuare con il medico un’accurata valutazione dei rischi e dei benefici rispetto al proprio caso specifico.

Sul Principio di PRECAUZIONE e sulla RESPONSABILITÀ MEDICA

In ambito medico si è passati dalla responsabilità del volere alla responsabilità del sapere e del saper fare, ovvero la ricognizione della situazione contingente (agire circoscritto, azione circoscritta fondata sulla volontà di fare il bene del paziente, quel bene che il medico ritiene essere tale) ma anche appropriazione, presa in carico morale dell’orizzonte delle conseguenze morali, dilatate nel tempo e nello spazio, dell’agire terapeutico.

Oggi nella dimensione etico-medica si è “responsabili di” e “responsabili per” il paziente perché 1) l’agire medico è un agire morale, 2) fondato sul principio responsabilità.

Il Principio Precauzione nasce dalla consapevolezza di un “sapere” colto come insufficiente rispetto al rischio di una scelta e dalla paura dell’errore e delle conseguenze dell’errore.
Tale principio ha fondamenti etico-politici: riflette la necessità di affiancare alla gestione di un “rischio certo” la prevenzione di un “rischio incerto”.

Il principio di precauzione non si applica a rischi già identificati, ma a rischi ipotetici o basati su indizi di cui non si ha ancora conoscenza piena o parziale che sia.

Non si basa sulla disponibilità di dati che provino la presenza di un rischio, ma sull'assenza di dati che assicurino il contrario. Questo genera il problema di identificare con chiarezza la quantità di dati necessaria a dimostrare l'assenza di rischio, soprattutto alla luce dell'impossibilità della scienza di dare certezze ultimative e definitive [4].

Riguardo alla somministrazione dei farmaci “vaccini anti-Covid19” si rende necessario, tuttavia, un approccio precauzionale che aiuti l’individuo a intraprendere scelte in conformità ai principi etici irrinunciabili del rispetto della persona e della sua dignità.

È evidente, infatti, che in un simile contesto, il Consenso Informato gioca un ruolo fondamentale, assicurando che il soggetto esposto a rischi scientificamente incerti ne sia adeguatamente informato, permettendogli di effettuare una valutazione del suo caso specifico e di prendere una decisione che sia giusta per la sua persona. La scelta sarà, inoltre, orientata anche dalle esperienze, dalle percezioni e dal sistema dei valori individuali. Il concetto di rischio/beneficio, infatti, non può che essere personalizzato e interiorizzato.[5]
L’obiettività nell’analisi rischio-beneficio, pertanto, non può essere pienamente perseguita.

Il principio di precauzione, inoltre, impone che debba essere inquadrato in una prospettiva di medio - lungo termine, considerando non solo i rischi immediati, ma anche gli effetti che si possono verificare nel corso del tempo.

Si noti infine che il principio di precauzione non è una regola di comportamento applicabile come una procedura standardizzata cui attenersi: è un orientamento finalizzato a gestire con saggezza le situazioni, prendendo in considerazione tutte le possibili alternative e cercando di volta in volta le scelte migliori [6].
Del resto, lo stesso commentario al codice deontologico FNOMCeO [7] afferma che:

  • ” I valori basilari del rispetto della vita e della dignità della persona devono essere sempre di guida al medico, la cui opera ha per fine l’interesse del paziente, da perseguire nella rigorosa adesione ai canoni della deontologia ippocratica, cioè ai principi della beneficialità e della non maleficità."

È ancora attuale, quindi, l’antichissimo binomio della scienza e coscienza.

L’atto medico ha, da un punto di vista deontologico, una duplice giustificazione. Da un lato la scienza del medico, cioè il suo sapere offerto al paziente e corretto dalla coscienza, intesa quale uso consapevole di questo sapere nell’interesse esclusivo del malato, dall’altro la volontà, liberamente espressa e non delegabile, dell’individuo che al medico si affida.” (v. commento Art. 1 Definizione)

  • Il secondo comma dell’articolo riconferma l’interpretazione, ormai accettata ampiamente, ovvero che il concetto di salute è da intendersi in senso estensivo, con riferimento, quindi, al benessere fisico e psichico della persona.” (v. commento Art. 3 Doveri del medico)
  • La libertà e l'indipendenza del medico costituiscono due presupposti indispensabili per il corretto svolgimento dell'esercizio professionale.” (v. commento Art. 4 Libertà e indipendenza della professione)
  • Il medico nell’esercizio della professione deve attenersi alle conoscenze scientifiche e ispirarsi ai valori etici fondamentali, assumendo come principio il rispetto della vita, della salute fisica e psichica, della libertà e della dignità della persona; non deve soggiacere a interessi, imposizioni e suggestioni di qualsiasi natura. Il medico deve denunciare all'Ordine ogni iniziativa tendente a imporgli comportamenti non conformi alla deontologia professionale, da qualunque parte essa provenga.” (Art. 5 Esercizio dell'attività professionale)

Questo articolo evidenzia i valori di riferimento dell’esercizio medico: si richiama, infatti, al binomio scienza e coscienza da intendersi come riferimento del corretto comportamento etico. Sono questi due principi che si sostanziano e si limitano l’un l’altro laddove la libertà del professionista costituisce una garanzia per il cittadino e la libertà di cura riconosciuta alla persona deve essere ancorata ad elementi scientificamente validati. Il richiamo ai valori etici cui è necessario ispirarsi intende evidenziare come il concetto di attività sanitaria non sia da intendersi come mera prestazione tecnica, ma come intervento complesso ispirato costantemente a valori etici fondamentali”. (v. commento Art. 5 Esercizio dell'attività professionale)

Assai rilevante è la sentenza 19 giugno 2002, n. 28216, con la quale la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Marche 13 novembre 2001, n. 26 (“Sospensione della terapia elettroconvulsivante, della lobotomia prefrontale e transorbitale ed altri simili interventi di psicochirurgia”), che prescrive la sospensione – cioè il divieto, sia pure temporaneo – di determinate pratiche terapeutiche in tutto il territorio regionale.

La Corte costituzionale accoglie la questione di illegittimità, avvalendosi di argomentazioni di grande rilievo. Secondo i giudici, “la pratica terapeutica si pone all’incrocio fra due diritti fondamentali della persona malata: quello ad essere curato efficacemente, secondo i canoni della scienza e dell’arte medica; e quello ad essere rispettato come persona, e in particolare nella propria integrità fisica e psichica, diritto questo che l’art. 32, comma 2, secondo periodo, Cost. pone come limite invalicabile anche ai trattamenti sanitari che possono essere imposti per legge come obbligatori a tutela della salute pubblica. Questi diritti, e il confine fra i medesimi, devono sempre essere rispettati, e a presidiarne l’osservanza in concreto valgono gli ordinari rimedi apprestati dall’ordinamento, nonché i poteri di vigilanza sull’osservanza delle regole di deontologia professionale, attribuiti agli organi della professione”.

Pertanto, “salvo che entrino in gioco altri diritti o doveri costituzionali, non è, di norma, il legislatore a poter stabilire direttamente e specificamente quali siano le pratiche terapeutiche ammesse, con quali limiti e a quali condizioni. Poiché la pratica dell’arte medica si fonda sulle acquisizioni scientifiche e sperimentali, che sono in continua evoluzione, la regola di fondo in questa materia é costituita dalla autonomia e dalla responsabilità del medico che, sempre con il consenso del paziente, opera le scelte professionali basandosi sullo stato delle conoscenze a disposizione”.

La Corte sottolinea che: “autonomia del medico nelle sue scelte professionali e obbligo di tener conto dello stato delle evidenze scientifiche e sperimentali, sotto la propria responsabilità, configurano dunque un altro punto di incrocio dei principi di questa materia” e a tale riguardo compie un significativo richiamo ai principi contenuti nel Codice di deontologia medica.

Nella fattispecie la Corte riporta il testo dell’art. 12 del Codice di deontologia medica, che recita:

“al medico è riconosciuta piena autonomia nella programmazione, nella scelta e nella applicazione di ogni presidio diagnostico e terapeutico (…), fatta salva la libertà del paziente di rifiutarle e di assumersi la responsabilità del rifiuto stesso” ma “le prescrizioni e i trattamenti devono essere ispirati ad aggiornate e sperimentate acquisizioni scientifiche (…), sempre perseguendo il beneficio del paziente”; e “il medico è tenuto ad una adeguata conoscenza (…) delle caratteristiche di impiego dei mezzi terapeutici e deve adeguare, nell’interesse del paziente, le sue decisioni ai dati scientifici accreditati e alle evidenze metodologicamente fondate”, mentre “sono vietate l’adozione e la diffusione di terapie e di presidi diagnostici non provati scientificamente o non supportati da adeguata sperimentazione e documentazione clinico-scientifica, nonché di terapie segrete”. 

Sulle LINEE GUIDA e sulla RESPONSABILITÀ MEDICA

Una prima definizione di “linea guida”, riconosciuta in ambito internazionale, è stata formulata sin dagli anni ’90:  

“Raccomandazioni di comportamento clinico elaborate mediante un processo di revisione sistematica della letteratura e delle opinioni degli esperti, con lo scopo di aiutare clinici e pazienti a decidere le modalità assistenziali più appropriate in specifiche situazioni cliniche.[8]

Molto più recentemente, nel Comunicato di Presentazione del nuovo Sistema Nazionale Linea Guida (SNLG) [9], riorganizzato in base alla Legge 24 del 2017 con il decreto del Ministro della Salute del 27 febbraio 2018, le linee guida vengono definite come “uno strumento di supporto decisionale finalizzato a consentire che, fra opzioni alternative, sia adottata quella che offre un migliore bilancio fra benefici ed effetti indesiderati, tenendo conto della esplicita e sistematica valutazione delle prove disponibili, commisurandola alle circostanze peculiari del caso concreto e condividendola – laddove possibile – con il paziente o i caregivers”.

Di seguito presentiamo una sintetica trattazione dell’argomento riportando alcuni estratti del documento “LINEE GUIDA E BUONE PRATICHE - Implicazioni giuridiche e medico-legali - Cosa cambia nella sanità” [10] (citazioni testo in corsivo).

«Il tema delle “linee guida” in medicina, e della loro rilevanza in ambito medico legale non è una novità, e già compare in numerosi lavori negli ultimi decenni, soprattutto dopo l’avvento della Medicina Basata sulle Evidenze (EBM), ovvero del “consapevole, esplicito e prudente impiego delle migliori evidenze disponibili nel prendere decisioni circa le cure da prestare ad uno specifico paziente” (Sackett D.L. et al. “Evidence Based Medicine: What Is and What It Isn’t.”, BMJ 312, 7023, 71, 1996 [11])».

«La Medicina Basata sulle Evidenze (EBM), infatti, più di altre forme teoretiche di organizzazione del pensiero medico, è quella che maggiormente ha portato a suggerire, introdurre, codificare l’uso di “linee guida” e di “buone prassi”, in uno sforzo di codifica dell’atto medico, non scevro però da criticità e pericoli su vari piani».

«Si è assistito negli ultimi decenni all’evidente passaggio da una medicina imperniata sulle conoscenze della fisiopatologia applicate al singolo caso concreto alla medicina basata sull’evidenza dei dati statistici, ricavati da studi epidemiologici, basati sulla riproducibilità di sperimentazioni attraverso il confronto tra gruppi (cluster) di malati (in ambito clinico) ma anche su soggetti non malati, nei quali valutare l’efficacia di uno specifico trattamento diagnostico, di screening o di educazione sanitaria».

«La medicina dell’evidenza è quindi principalmente quella delle verifiche sperimentali, effettuate attraverso procedure rigide (protocolli) e randomizzate».

Se si considerano le motivazioni alla base delle ultime innovazioni legislative in tema di responsabilità professionale medica nel nostro paese, che - ponendo al centro la necessità di gestire il fenomeno del rischio clinico (il “risk management”) - giungono ad innovare profondamente la modalità di valutazione dell’operato del singolo sanitario, ne deriva la necessità di comprendere cosa le “linee guida” rappresentino e il contesto in cui si muove la visione che le sottende, nel momento in cui ci si deve confrontare con il delicato problema dell’individuazione della “colpa” dell’esercente la professione sanitaria, dell’organizzazione e della cura di “quel” paziente”».

«L’introduzione delle “linee guida” in medicina più generale va ricondotta a quel processo, che consiste in una totale ed assoluta omogeneizzazione di costumi, culture e linguaggi, indicato più in generale come “globalizzazione”; e strettamente connesso alla produzione di beni e servizi, definito come “standardizzazione».

«Tale processo fa emergere con chiarezza l’ulteriore contrasto tra una medicina basata su presupposti scientifici ed una medicina legata ad interessi economici comuni anche ad altre attività umane meno nobili, ovvero la c.d. “marketing based medicine».

«Il problema principale – correlato al rilievo giuridico riconosciuto alle linee guida/buone pratiche – dipende dal fatto che tale fenomeno è stato preso in considerazione come se le relative regole costituissero verità dogmatiche: suscettibili, in quanto tali, di individuare in maniera precisa il comportamento adeguato da parte del sanitario».

«In verità, le linee guida presentano una sostanziale differenza rispetto al precetto di diritto: si tratta cioè di raccomandazioni che fanno capo a una situazione astratta alla quale viene ricollegato un certo comportamento da seguire, sulla base di una regola dell’esperienza o della migliore scienza; ma, ove la situazione concreta con la quale si misura il medico non corrisponda a quel modello, sarà necessario discostarsi da quelle indicazioni».

La sentenza n. 28187/2017 della Cassazione penale ha definito le linee-guida come: “sapere scientifico e tecnologico codificato, metabolizzato, reso disponibile in forma condensata, in modo che possa costituire un’utile guida per orientare agevolmente, in modo efficiente ed appropriato, le decisioni”.

La sentenza n. 8770/2018 della Suprema Corte penale ha definito le linee guida come “un condensato delle acquisizioni scientifiche, tecnologiche e metodologiche concernenti i singoli ambiti operativi, reputate tali dopo un’accurata selezione e distillazione dei diversi contributi, senza alcuna pretesa di immobilismo e senza idoneità ad assurgere al livello di regole vincolanti".

EMERGE COSI’ LA NATURA DELLA DIMENSIONE DI “COLPA” PER L’ESERCENTE LA PROFESSIONE SANITARIA, NEL MOMENTO IN CUI APPLICA LINEE GUIDA NON ADEGUATE AL CASO SPECIFICO.

Anche una recente sentenza della Cassazione, Ord. n. 30998/2018 [12], chiarisce che il medico non è obbligato a seguire le linee guida per la cura e l’intervento dei pazienti in quanto le sue scelte devono restare discrezionali e tali da consentirgli di valutare le situazioni cliniche caso per caso [13], decidendo (qualora lo ritenesse più opportuno) di disattendere le indicazioni fornire dalle linee guida.

«Le evidenze scientifiche sono alla base della scientificità della medicina positivistica: il problema che nasce con le evidenze scientifiche definite su basi positivistiche-sperimentali è che - per loro natura - rispetto alla vasta casistica clinica, non hanno né un carattere dogmatico, né un carattere perentorio, e meno che mai, un carattere performativo; cioè NON SONO VERITÀ CERTE MA SOLO PROBABILI, PERCHÉ SUSCETTIBILI DI ESSERE FALSIFICATE DALL’ESPERIENZA SINGOLARE DEL MALATO».

«In medicina, l’evidenza scientifica è tutt’altro che evidente, dal momento che va verificata e dimostrata caso per caso, contraddicendo in questo modo la sua presunta natura apodittica».

Chiamare in causa il RISK MANAGEMENT è “più semplice” e “meno complesso” e più congegnale con la cultura oggettiva dei medici, che così adeguano il problema del malato all’oggetto malattia».

«Oggi è sempre più difficile per un medico aggiornarsi in tempo reale, per di più è sempre più difficile seguire regolarmente la discussione scientifica e governare complessità che necessitano di saperi diversi. Nelle relazioni, inoltre, le conoscenze, organizzate in evidenze scientifiche, devono fare i conti con la singolarità e la contingenza, in altre parole, con verità empiriche a volte poco prevedibili. Capita quindi che, a volte le conoscenze sono falsificate dalla realtà».

« Per cui non si capisce perché si vuole prevenire l’evento avverso con il risk management e non prevenire l’errore che causa l’evento avverso, aiutando il medico a scegliere e a decidere meglio.

È COME DIRE CHE L’ERRORE VIENE PRIMA DELLA DECISIONE. E CHE LA DECISIONE RESTA UNA ENTITÀ INVARIANTE RISPETTO ALLA QUALE SI DEVONO GESTIRE UNICAMENTE GLI EFFETTI COLLATERALI. IL CHE NON HA SENSO » .


NOTE

[1] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A12016E191

[2] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=LEGISSUM%3Al32042 ; https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A52000DC0001

[3] https://www.ema.europa.eu/en/documents/rmp-summary/comirnaty-epar-risk-management-plan_en.pdf

https://www.ema.europa.eu/en/documents/rmp-summary/spikevax-previously-covid-19-vaccine-moderna-epar-risk-management-plan_en.pdf

[4] principio di responsabilità e precauzione (uniba.it)

[5] https://dtb.bmj.com/content/57/8/119

[6] https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_640_allegato.pdf

[7] https://www.omceo.me.it/ordine/cod_deo/commentario.pdf

[8] Institute of Medicine (US) Committee to Advise the Public Health Service on Clinical Practice Guidelines. Clinical Practice Guidelines: Directions for a New Program. Field MJ, Lohr KN, editors. Washington (DC): National Academies Press (US); 1990. PMID: 25144032.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25144032/

[9] https://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/dettaglioAtto?id=63596&completo=true

[10] “LINEE GUIDA E BUONE PRATICHE - Implicazioni giuridiche e medico-legali - Cosa cambia nella sanità”, Carlo Scorretti, Ivan Cavicchi, Gian Marco Caletti, Patrizia Ziviz. A cura di Lorenzo Ventre. Seminario, Scuola di Specializzazione in Medicina Legale dell’Università di Trieste e Udine, Accademia Medico Giuridica delle Venezie, Trieste, 25 novembre 2016
https://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato2339171.pdf

[11] https://tinyurl.com/2p8e3dhh

[12] https://www.biodiritto.org/Biolaw-pedia/Giurisprudenza/Corte-di-Cassazione-sez.-III-civ.-ord.-30998-2018-linee-guida-e-responsabilita-medica

[13] https://www.laleggepertutti.it/268733_il-medico-e-obbligato-a-seguire-le-linee-guida