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Lettera aperta al giornalista Massimo Polidoro

Lettera aperta al giornalista Massimo Polidoro

10 Febbraio 2020

Pubblichiamo questa lettera aperta del sig. Francesco S. che si rivolge al giornalista Massimo Polidoro, autore del libro “Il Mondo Sottosopra”, pubblicato da PIEMME, 10/2019.

Massimo Polidoro è Scrittore, giornalista e Segretario del CICAP, Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze, che si definisce “un'organizzazione di volontari, scientifica ed educativa, che promuove un'indagine scientifica e critica nei confronti delle pseudoscienze, del paranormale, dei misteri e dell'insolito con l'obiettivo di diffondere la mentalità scientifica e lo spirito critico”, … ma che in realtà opera in modo tale da distruggere ogni interpretazione diversa dalla “verità ufficiale”, conducendo uno sorta di battaglia filosofica di stampo religioso sul tema del “doppio”, ovvero una lotta istituzionale fra il bene – la verità ufficiale - e il male – tutto quello che la contrasta.

Polidoro insegna Comunicazione scientifica ai dottorandi dell’Università di Padova e in passato è stato docente di Metodo scientifico e Psicologia dell’insolito all’Università di Milano-Bicocca. È Fellow del Center for Skeptical Inquiry (CSI) e autore di libri e di articoli pubblicati su Focus e altre testate. Presenza fissa a Superquark, è spesso autore e conduttore di programmi di divulgazione scientifica. Quindi, un campione della “verità istituita”.

La lettera esprime tutta l’indignazione di un cittadino che avverte l’ipocrisia e il pressapochismo che viene veicolato dai cosiddetti “esperti” e divulgatori scientifici che occupano ogni palinsesto del nostro sistema informativo cosiddetto “media mainstream” accreditato all’indottrinamento della pubblica opinione, affinché questa non sia tanto il frutto di una lettura indipendente dei fatti ma semplicemente una cassa di risonanza di una verità preconfezionata e funzionale ad interessi di parte.

Questo è il male oscuro dei nostri tempi, nei quali le battaglie del cosiddetto “primo mondo” non si svolgono a colpi di spada o di armi moderne bensì a colpi di informazione manipolata da una parte e ricerca permanente della verità dall’altra.

Introduzione

Mi chiamo Francesco, sono un libraio indipendente di quarantun anni, padre di due splendidi bambini, che sono poi la ragione di questa mia lettera. Qualche giorno fa è arrivato in libreria il libro di Massimo Polidoro, Il mondo sottosopra. L'ho sfogliato con attenzione, e più tempo passava più avvertivo dentro me uno strano disagio.

Il paragrafo dedicato ai vaccini ha fatto esplodere il mio risentimento e ho deciso così di elaborare questa articolata "lettera aperta" nella speranza che in qualche modo possa giungere all'orecchio dell'autore, dal quale gradirei, e con me le migliaia di famiglie coinvolte nel "caso vaccini", importanti chiarimenti.

Ma sarebbe forse più giusto e anzi doveroso informare quella stragrande maggioranza di genitori che, prendendo a prestito una nota frase di Donald Rumsfeld, "non sa di non sapere".

Lettera aperta a Massimo Polidoro

Gentile dr. Polidoro,

mi chiamo Francesco, sono un libraio grossetano di quarantun anni e genitore di due bambini, di otto e due anni. Le scrivo in merito al suo libro Il mondo sottosopra, che ho avuto modo di indagare con attenzione. Non voglio mettere in dubbio la sua buona fede, ma non posso fare a meno di provare un certo risentimento per alcune dichiarazioni riportate nel volume, in particolar modo nel paragrafo dedicato ai vaccini.

Io e mia moglie apparteniamo alla categoria dei "110 e lode", coloro i quali, secondo il dato Censis che lei pare accogliere con un certo entusiastico sollievo, tendono a "saltare il parere dell'esperto, il medico, e a cercare consulenza su Google e Facebook."

Dr. Polidoro, ma com'è superficiale e tendenziosa questa sua presa di posizione... Vorrei informarla che le persone più istruite, in genere dai laureati in su, non tendono affatto a saltare il parere del medico, piuttosto lo ascoltano con maggiore attenzione facendo ciò che i professori, all'università, gli hanno insegnato: sviluppare un proprio senso critico, svincolato dal pregiudizio e dal preconcetto.

La rete, nel corso degli anni, non solo è diventata luogo di aggregazione e di svago, ma è stata ed è anche utilizzata da moltissime persone (tra cui, ebbene sì, anche professionisti estremamente qualificati) per condividere e approfondire informazioni.

Lei contesta l'autorevolezza di Google, ma l'approccio con il quale ha strutturato il discorso rivela un'approssimazione imbarazzante, almeno quanto errata è la premessa da cui prende avvio.

Google è un motore di ricerca, e la "consulenza" di cui secondo lei si fa artefice è la stessa che possono avere i muri e gli scaffali dove vengono sistemati i libri in una biblioteca. Ma non è forse il visitatore a possedere la capacità di consultare liberamente qualsiasi volume vi si trovi, da quello dell'ultimo Youtuber ai Saggi di Montaigne?

Ciò che intendo dire è che la rete ospita tutto ciò che si vuole, basta sapere "cosa" si sta cercando. Non sarà quindi la stanza di lettura, né il tavolo dove si poggia il libro, e nemmeno la carta dove è stampato il testo ad avere sul lettore la capacità di persuasione che lei conferisce a Google. Sul fronte dell'informazione medica, ad esempio, esistono in rete banche dati importantissime, come PubMed, alle quali si può accedere senza bisogno dell'autorizzazione del magistrato.

Ma forse il suo intento era quello di metter in guardia contro quei siti e blog considerati capziosi o, anzi, bugiardi. Allora mi chiedo: qual è il suo criterio di valutazione?

Sarà a questo punto superfluo informarla anche sul fatto che faccio parte di alcuni fantomatici "gruppi Facebook", tra i cui iscritti - guarda la coincidenza -, figurano anche medici pediatri, biologi, psicologi, avvocati, docenti universitari... insomma, persone, pardon, "esperti", che spesso riescono a chiarire molti aspetti sui quali il pediatra di famiglia, vuoi per mancanza di tempo o trascuratezza, vuoi per timore nei confronti dei "superiori", non riesce ad intervenire in modo adeguato.

È un bene? Chissà. Certamente non si tratta del male cui lei fa riferimento.

Sono anni che il Sistema Sanitario Nazionale promuove la "prevenzione" delle malattie invitando i cittadini ad andare in ospedale a farsi, magari, una bella lastra. Ma perché si continua a far passare il messaggio che tali pratiche siano preventive? Perché non si parla di "diagnosi", per quanto precoce possa essere? Da dove deriva questo problema semantico? 

Tra l'altro, a voler girare il dito nella piaga, vi è la correlata e “annosissima” questione circa le liste di attesa per gli esami ospedalieri: che senso ha effettuare diagnosi precoci se per un esame più approfondito debbo attendere tre, quattro, sei mesi, a volte un anno? Che poi non è nemmeno questo il punto, perché in fondo basta girare l'angolo e andare alla “libera professione”, proprio accanto all'ingresso principale dell'ospedale: 150 euro e passa la paura (o forse nasce… ?)

Esistono poi una serie di "false credenze". Ma non parlo del tal rimedio della nonna. Con false credenze intendo quei sottili inganni comunicativi che un qualche sistema (a lei forse sconosciuto) mette in atto con l'intento, io credo, di allineare determinati comportamenti, renderli il più possibile omogenei e in qualche modo standardizzando stimoli e risposte. Non solo per gli interessi politici, ma anche per le aziende che gestiscono pacchetti clienti di milioni e milioni di individui è certamente più agevole gestire il proprio tornaconto in un mondo dove tutti si comportano come previsto. Ma forse questa è solo una mia impressione.

Tutti, in questo mondo convulso e spesso illogico, amano comunque "i fatti". Ma i fatti, e quelli medico-scientifici in modo particolare - dovrebbe saperlo meglio di me -, non esistono in quanto tali. Un conto è infatti parlare del perché l'acqua bolle sotto al fuoco, un altro è indicare con ragionevole certezza il motivo per cui un organismo sottoposto a un determinato stress reagisce in un modo anziché in un altro. Se tutto fosse per così dire auto-evidente, non esisterebbero teorie contrapposte, come non esisterebbe un paradigma che poi, magari tra cinquanta o cento anni, viene sostituito da un altro... O forse la storia non ci ha insegnato nemmeno questo?

È facile prendersela con i produttori di rimedi omeopatici, che rappresentano lo zero virgola. E sinceramente non capisco perché debbano essere inevitabili "gli interessi fortissimi" delle multinazionali del farmaco (alludendo probabilmente, con sottile gioco linguistico, al sistema corruttivo, che è ampiamente documentato). Anche lei, come la maggior parte dei decisori politici, soffre della sindrome del ladro vittima di furto?

La questione cruciale è che il produttore dell'aspirina, invece di sensibilizzare il consumatore ad uno stile di vita sano (come fanno molti produttori di rimedi omeopatici, specialmente all'estero) spende un sacco di soldi in pubblicità per convincere le persone ad acquistare la confezione famiglia, e magari le signore ad acquistarne una nella scatolina rosa, evidentemente più delicata. Si capisce la differenza?... Ci sarebbe poi da aprire una parentesi sul fatto che in molti Paesi evoluti e certamente ricchi di "esperti", come la Germania, l'Olanda, la Svizzera, il sistema sanitario nazionale preveda soglie di rimborso anche per interventi terapeutici diversi dalle terapie allopatiche. Mi dispiace comunicarle che l'omeopatia è la prima complementare ad essere richiesta, seguita dalla medicina antroposofica e dall'agopuntura. Perché, tanto per sentire che aria tira, non si fa un giro in Cina, o in India, che utilizza la medicina ayurvedica da alcune migliaia di anni?

Ora, se proprio vuol catalogarmi, faccio ulteriormente presente che esiste una sterminata letteratura scientifica internazionale la quale, seppur semplificando il tutto sotto il cappello della cosiddetta hesitancy, nel corso dei decenni ha evidenziato comportamenti scettici sul tema vaccini di natura diversissima tra loro e che abbracciano non solo genitori, ma l'intera classe medico-scientifica, la politica, la giurisprudenza e la società in generale. Un recente studio italiano (pubblicato sulla rivista "Salute e società", dell'autorevole editore Franco Angeli) ha cercato di rendere un po' più chiara questa complessa articolazione, ma stiamo comunque parlando di strutturate elaborazioni sociologiche che le due righe da lei proposte nel saggio non solo evidenziano ignoranza in materia, ma lasciano trapelare un atteggiamento estremamente superficiale e davvero poco adatto ad un professionista della divulgazione scientifica, che in cuor proprio dovrebbe possedere rigore ed equilibrio, e naturalmente amore per la verità.

Le ricordo inoltre che è proprio all'università che si ha la possibilità di approfondire i propri punti di vista, e lo si fa grazie alla filosofia, alla linguistica, per non parlare della sociologia, della storia della scienza, della giurisprudenza, del marketing... Quello che voglio dire è che "noi" laureati non pendiamo dalla bocca degli uffici stampa aziendali, e nemmeno da quella dell'informazione cosiddetta ufficiale (l'ex ministro Lorenzin - peraltro, una col diploma - disse che nel 2014 a Londra c'erano stati 200 morti per morbillo. Qualcuno ci avrà creduto, … certamente non io), figuriamoci da quella di giornali e programmi TV che passano, e il caso vaccini è clamorosamente calzante, messaggi (e sì, parliamo ancora di linguaggio nel senso di "comunicazione") unidirezionali, minimizzando rischi e massimizzando benefici (mi verrebbe a questo punto da chiedere a pro di chi o di quali categorie). 

Per questo rifiuto in modo categorico l'etichetta dello scettico di turno solo perché ho preferito non sottoporre i miei figli alle vaccinazioni. La verità è che io ho preferito non sottoporre i miei figli a queste vaccinazioni, le quali hanno un comun denominatore che azzera tutte le differenze che pure esistono tra esse: la coercizione.

Se mai ce ne fosse la necessità, preciso che i trattamenti sanitari obbligatori, previsti per legge, non sono ammissibili se il farmaco somministrato ha potenzialità di rischio avverso grave. E questo non lo dico io, ma la Corte Costituzionale, con sentenza 307 del 1990.

Esiste poi un'altra legge, la 210 del '92, al cui punto 1 del primo articolo leggiamo: "Chiunque abbia riportato, a causa delle vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato".

Quando poi scrive: "Quello che sfugge è che dietro ogni nuovo farmaco o terapia ci sono controlli strettissimi e lunghe e complesse sperimentazioni volte ad accertarne l'efficacia", ho l'impressione che qualche ingranaggio stia sfuggendo a lei. Intanto, bisognerebbe capire cosa si intende per efficacia. Se per lei significa che una pastiglia mi fa passare il mal di denti, direi che è un modo un po' subdolo per avere ragione. Se, come dicono il codice deontologico e la stessa Costituzione, è la sicurezza del paziente/cittadino a venire prima di tutto, è chiaro come lei sia di fronte ad un abbaglio scientista. Parlo dal modesto punto di vista di una persona con un QI nella media ma che nell'arco di un decennio ha approfondito decine di pubblicazioni sull'argomento e speso centinaia di ore tra seminari e convegni.

Non sarà certo un vanto, ma ho anche vissuto con un genitore "paziente" oncologico per oltre quindici anni, e ho visto con i miei occhi i trattamenti di almeno tre (grandi) ospedali, perciò non mi venga a parlare di terapie e di protocolli, e nemmeno di rapporti medico/paziente: conservo diversi faldoni di cartelle cliniche e corrispondenze tra primari, che ho abbondantemente indagato.

Per quanto riguarda i controlli, vorrei che lei approfondisse l'argomento leggendo la Relazione finale della IV Commissione parlamentare d'inchiesta cosiddetta sull’ “Uranio impoverito", istituita nel 2015 e chiusa nel febbraio 2018, in cui si è evidenziato gravissime mancanze da parte di AIFA, EMA e, non ultimo, lo stesso Stato italiano, che non ha dato risposta a nessuna delle domande poste in sede di Commissione, che si possono sintetizzare in una sola parola: sicurezza.

Nella Relazione si legge: “Alla luce degli elementi raccolti, la Commissione conferma che vi sia una associazione statisticamente significativa tra patologie neoplastiche e linfoproliferative, e altre patologie (es. quelle autoimmuni), e la somministrazione dei vaccini secondo la profilassi vaccinale militare. La Commissione ritiene di non poter escludere il nesso di causa “.

Mi sembra importante ricordare che i vaccini in uso nelle Forze Armate sono gli stessi utilizzati in ambito civile. Rammento inoltre che l'articolo n. 445 del Codice Penale, “Somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica”, prevede pene fino a 10 anni di carcere.

A questo punto non mi rimane che salutarla cordialmente sperando di poter ricevere al più presto una sua lettera di chiarimento.

Francesco S., dicembre 2019

CC

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