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Lettera aperta alla comunità educante

Lettera aperta alla comunità educante

16 Agosto 2020

Egr. Dirigente,
Gentile Maestra, Gentile Maestro,
Cara Mamma, Caro Papà,

Questa lettera è un invito a tutti, a tutta la comunità educante, ad una riflessione.

Il punto di partenza sono le disposizioni che il Ministero dell'Istruzione ha previsto per il prossimo anno scolastico. Il nostro presupposto è che, ad oggi, si debba dimostrare il perdurare dell’emergenza. La realtà quotidiana smentisce palesemente che esista ancora uno stato per il quale i bambini non possano andare a scuola in condizioni normali. Tutti i bambini stanno, di fatto, conducendo in questo momento una vita normale. 

La domanda è retorica ma lecita: da chi e da quali interessi sono dettate queste procedure inumane e irrispettose della dignità e dello sviluppo? Affrontando la tematica dal punto di vista “tecnico-scientifico”, da quello medico, finanche da quello logistico non tratteremmo i nostri giovani per quello che sono: esseri viventi con bisogni concreti. 
Per come la questione viene trattata nel nostro Paese, invece, sembra si parli di oggetti inanimati. I giovani sono privi di emozioni, privi di coscienza, privi di memoria; potremo sistemarli come vogliamo, potremo nascondere le insegnanti e gli insegnanti dietro maschere e inibire quella socialità che ne favorirà lo sviluppo, tanto loro non si accorgeranno di niente. Non è vero!

Stanno cercando di farci accettare qualcosa che è inaccettabile, anche attraverso la vecchia, ma sempre tristemente efficace, strategia del divide et impera.
Chiunque accetterà quello che ci viene proposto, potrebbe rendersi COMPLICE di una politica distruttiva che sta privando chiunque. Non c’è bisogno di distinguere le scuole per grado e fare la lista dei danni. L’individuo si sviluppa per tutta la durata della vita, anche gli anziani sono stati annichiliti e impauriti dai provvedimenti del governo – anche se, naturalmente, i più piccoli, a queste condizioni, saranno i più colpiti.

A ben vedere, qualsiasi persona capirebbe che, accettando oggi le mascherine, gli strumenti e le procedure che ci vengono imposte, non ce ne libereremmo più. Accettare oggi queste condizioni significa portarsele dietro per l’avvenire. 
Potrebbe un futuro provvedimento assicurare che il “pericolo” da un giorno all’altro è sparito? No
I famosi banchi monoposto saranno smantellati una volta passata l’“emergenza”? No
Ecco che la misura eccezionale diventa abitudine, consuetudine, triste quotidianità. 

In base alle “Linee guida”, ad oggi, qualsiasi bambino, ma anche qualsiasi insegnante, qualsiasi membro del personale ATA e perfino ogni dirigente scolastico, qualora manifestasse sintomi di malanni stagionali: tosse, mal di gola, raffreddore o anche febbre, sarà passibile di essere sottoposto a tampone. 
A fronte di cose normalissime, come una banale influenza o raffreddore, la scuola rischia di naufragare diventando un lazzaretto: un insegnante con il raffreddore starà a casa 14 giorni così come il bambino con la tosse; il dirigente scolastico dovrà demandare e delegare per un banale colpo d’aria che gli ha causato un po’ di raucedine. Ovviamente qualora si decidesse di fare tamponi ad ampio spettro su tutta la popolazione della struttura scolastica si rischierebbe, di fatto, la chiusura per “focolaio”, termine quanto mai vago che non definisce quantitativamente gli individui colpiti, ma muta a seconda della necessità del momento di incutere paura.
Oltre all’evidente caos che verrebbe a nascere nei gruppi di bambini e studenti di ogni ordine e grado, si aggiungerebbe anche la non-regolarità della presenza educante, la didattica a singhiozzo, la socializzazione scarnificata, l’empatia svilita, la creatività offesa, lo sviluppo cognitivo mutilato anche da una didattica a distanza che si è dimostrata insufficiente ed inefficace rispetto ai bisogni di contesto che i bambini e i ragazzi hanno.
Nel suo Manuale di psicologia dello sviluppo, Lavinia Barone dedica tutto il secondo capitolo a “I contesti elettivi dello sviluppo: la famiglia e la scuola”. La scuola, accanto alla famiglia, è il luogo dell’istruzione che si fa educazione, è il luogo dello stare insieme e del condividere, il luogo del confronto e della cooperazione, il luogo della rottura e della ricomposizione. È il luogo in cui il bambino della scuola dell’infanzia, forse per la prima volta, scopre l’esistenza dell’Altro, si sente parte di qualcosa, di un gruppo, di un progetto, di un gioco; scopre di essere qualcosa oltre sé stesso, nel momento del suo esserci con l’altro; così il giovane che, nel confronto di idee e, soprattutto, di esperienze dell’età adolescente, ri-trova sé stesso e si ridefinisce nel gruppo, dopo la crisi fisiologica di identità, che deriva dalla rottura con le figure genitoriali. 
Voi Dirigenti conoscete benissimo questi temi; voi Maestri – che lavorate sul campo – siete consapevoli dei danni che le “Linee guida” andranno a causare, nel vostro lavoro quotidiano e nello sviluppo dei bambini e dei ragazzi che accompagnate. Anche noi genitori dovremmo conoscere questi temi. Forse meglio dei dirigenti e del corpo insegnanti, dovremmo avere consapevolezza dei rischi che corrono i nostri figli andando a scuola in queste condizioni, rischi dei quali, quello del virus (peraltro inattivo nella popolazione pediatrica e adolescenziale) è il minore. 
Il Dirigente si prenda il carico del suo ruolo, che non è quello di fare da passacarte del Ministero, ma quello di dirigere la comunità scolastica, il suo servizio è offerto alle famiglie, ai bambini e ragazzi che frequentano le strutture scolastiche. Che si interroghi, allora, come persona su ciò che è corretto fare, non per questo anno scolastico, ma per il futuro dei giovani e giovanissimi che accoglie. Non siete soli! Coinvolgete le insegnanti e gli insegnanti, coinvolgete le famiglie, parlate, discutete e vagliate le informazioni, confrontatevi, dialogate, ricreate quella comunità pensante che è stata impaurita e azzittita, intessete rapporti voi in prima persona, per riscoprirne l’importanza per i bambini.
Cercate e trovate soluzioni su misura, anche volesse dire avere una procedura diversa per ogni classe, tornate ad accogliere altrimenti la scuola, già derubata e depauperata di speranza, rischia, questa volta, la fine totale. 

Di fronte ad una prospettiva procedurale, in cui i bambini e i ragazzi spariscono, in cui si pensa di poter far di loro ciò che si vuole senza conseguenze, in cui si cerca solo il riparo istituzionale delle “Linee guida” (redatte da chi?) l’invito di Ivan Illich a Descolarizzare la società sarebbe allora l’unico a meritare attenzione: 

l’apprendimento è la realtà umana che ha meno bisogno di manipolazioni esterne. In massima parte, non è il risultato dell’istruzione, ma di una libera partecipazione a un ambiente significante”. 

Purtroppo l’ambiente che ci si prospetta sarà, invece, totalmente insignificante e, siccome nei tempi in cui viviamo non è più consentito demandare ma la parola d’ordine deve essere riappropriarsi, dobbiamo smettere di trasferire le nostre responsabilità genitoriale, educativa e formativa all’Istituzione. L’assistenzialismo indiscriminato ha come unica garanzia il regresso sociale.

Rivendichiamo, allora, il diritto che i nostri figli hanno di riceve un’istruzione sana, svolta in condizioni umane, in un contesto accogliente e rispettoso dell’individuo, in cui il “buongiorno” non sia una pistola puntata alla fronte e un impiastro chimico per le mani, che farà credere a tutti di essere malati e sorvegliati; chiediamo particolare attenzione alle relazioni umane, alla gestione emotiva e alla socializzazione, all’empatia, allo scambio, al dono, elementi fondamentali per lo sviluppo e la crescita dei nostri ragazzi! 
Vi chiediamo di essere uniti come comunità educante, di prendere decisioni coraggiose, contro corrente, di essere sovversivi, di fare scelte consapevoli e intrise di amore per chi ha diritto ad avere ancora un futuro.

Anche i bambini sanno che negli ultimi duecento anni si è divenuti rivoluzionari (…) sempre e solo per domanda di senso, richiesta di prospettiva e reazione all'ingiustizia, alla diseguaglianza ed all’insicurezza”. (Costanzo Preve)
 

CC

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