Sicuro ed efficace per chi?

Le infezioni respiratorie da virus respiratorio sinciziale (RSV) rappresentano una parte importante dei ricoveri ospedalieri per infezioni respiratorie acute, note anche, nella loro forma più comune, come bronchioliti. La bronchiolite è una malattia generalmente benigna (secondo la HAS, Haute Autorité de Santé/French High Authority of Health, provoca il 3% di ospedalizzazioni).

In tutto il mondo, si stima che ogni anno si verifichino 33 milioni di casi di Infezione Respiratoria Acuta (ARI) associata a RSV nei bambini di età inferiore ai 5 anni1 .

Il trattamento farmacologico più noto per questo tipo di infezioni era il Palivizumab (nome commerciale Synagis), un anticorpo monoclonale che ha come bersaglio proprio il virus respiratorio sinciziale (RSV): approvato nel 2002 per la sua efficacia preventiva sulle infezioni gravi da RSV nei bambini ad alto rischio, compresi i neonati prematuri e quelli con cardiopatia congenita (CHD), viene oggi proposto per la sostituzione con il Nirsevimab (nome commerciale Beyfortus), un nuovo anticorpo monoclonale prodotto da Astra-Zeneca e distribuito da Sanofi in tutti i paesi ad alto reddito: si tratta di un prodotto costoso (il prezzo è compreso tra 282 € in Spagna e 1350 € in Germania - attualmente rinegoziato a 454 € - in Francia 402 € la dose) e avrebbe il pregio di evitare il sovraccarico ospedaliero dovuto all’RSV.

Lo sviluppo di vaccini contro l’RSV è stato ostacolato dai risultati del vaccino inattivato (Abrysvo, ad esempio), che ha causato decessi per malattia da RSV potenziata da anticorpi vaccinali, malattia respiratoria potenziata associata al vaccino (VAERD), una forma di potenziamento dipendente da anticorpi (ADE). Tutto ciò non ha avuto alcun riscontro nelle raccomandazioni delle varie Società Scientifiche Italiane (Neonatalogia, Pediatria ecc. e da parte delle strutture sanitarie che nei loro documenti indirizzati al pubblico hanno continuato a raccomandare esplicitamente sia il vaccino alle gestanti sia il monoclonale ai neonati senza approfondire gli effetti di sovrapposizione dei due trattamenti).

A differenza del Palivizumab il Nirsevimab, disponibile in Italia da maggio 2024, sembra mantenere concentrazioni ematiche efficaci per diversi mesi dopo una singola iniezione (il trattamento con Palivizumab richiede più iniezioni, una al mese solitamente, nel periodo novembre-aprile) ed è stato approvato per l'uso sia nei bambini ad alto rischio che nei neonati sani a termine.

Questa nuova “strategia”, promossa nell’intesa tra governo e regioni e fortemente voluta dal Board del Calendario per la Vita2  e rivolta a tutti i neonati e anche alle mamme in gravidanza3  presenta non poche ombre e molti interrogativi. Lo stesso ISS, come sappiamo, ha manifestato le sue perplessità4 con una nota firmata dal suo presidente, Rocco Bellantone.

Cerchiamo qui di dare un quadro il più possibile esaustivo di quelle che possono essere le problematiche evidenziate durante la sperimentazione di questo nuovo anticorpo monoclonale.

L’ANALISI DI HELENE BANOUN

Per una lettura sintetica di questa analisi rimandiamo al documento allegato in calce, curato da Valeria Benettini.

Il Nirsevimab è stato approvato dall'EMA con una procedura accelerata in conformità con le normative europee5. Questa applicazione è stata sollecitata dall'elevato carico stimato di Infezioni delle Basse Vie Respiratorie (LRTI) da RSV in tutto il mondo (3,2 milioni di ricoveri ospedalieri, di cui 1,4 milioni per pazienti di età inferiore ai 6 mesi). Tuttavia, i ricoveri per infezione da RSV rappresentano solo dal 1,8% al 9,9% dei ricoveri ospedalieri nei bambini sotto i 5 anni, il che solleva la questione dei benefici economici dell'immunizzazione di tutti i neonati.
Va notato, tuttavia, che le stime di Del Riccio6 si basano su dati incompleti tra il 1997 e il 2018; sono state raggruppate varie patologie respiratorie acute, indipendentemente dal fatto che fossero dovute o meno a RSV. In Francia, ad esempio, la diagnosi virologica non viene eseguita di routine per tutti i casi di bronchiolite7. La prevenzione di altre infezioni respiratorie dovrebbe, quindi, essere presa in considerazione se si desidera realmente alleviare il carico sugli ospedali pediatrici.
Diciamo subito, avvalendoci del prezioso lavoro condotto da Hélène Banoun8 , “Analysis of Beyfortus® (Nirsevimab) Immunization Campaign: Effectiveness, Biases, and ADE Risks in RSV Prevention”9, che gli studi clinici risalgono al 2018 (per la fase 1 e la fase 2 solo al 2022, quindi non esiste uno studio a lungo termine). L’analisi di questi studi ha messo in evidenza alcune criticità:

  • rari casi di ospedalizzazione più gravi per i bambini che hanno ricevuto il farmaco, rispetto a quelli che hanno ricevuto il placebo;
  • numerosi partecipanti sono stati esclusi dagli studi, in particolare quelli che hanno sviluppato l'infezione da RSV entro pochi giorni dall'iniezione di Nirsevimab. Un attento esame dei pochi dati disponibili suggerisce, tuttavia, che le infezioni da RSV sono facilitate durante questo intervallo di tempo (le concentrazioni di anticorpi sub-neutralizzanti possono spiegare questo fenomeno). Questa decisione potrebbe distorcere la stima di efficacia e sicurezza dal punto di vista dell'ADE. Questa ADE è ben nota come conseguenza di vaccini inattivati ed è dovuta ad anticorpi contro la proteina F, contro cui è diretto il Nirsevimab. L'effetto precoce dell'ADE nei giorni successivi all'iniezione potrebbe essere dovuto a concentrazioni sub-neutralizzanti di anticorpi anti-F circolanti, che facilitano piuttosto che bloccare l'ingresso virale. Studi farmacocinetici parziali mostrano questa possibilità. Questo rappresenta il principale bias degli studi presi in esame;
  • Il numero dei decessi è leggermente maggiore tra coloro che hanno ricevuto il farmaco, rispetto a coloro che hanno ricevuto il placebo. Laddove sono disponibili maggiori dettagli relativi a questi decessi, essi rivelano che per la maggior parte questi sono dovuti a polmoniti o a bronchioliti gravi. La FDA rileva uno squilibrio di decessi a favore del gruppo trattato: 12 decessi nei 3710 partecipanti trattati (0,32%) contro 4 nei 1797 partecipanti di controllo (0,22%), tenendo conto di 1 decesso nel gruppo placebo 6 giorni dopo la fine dello studio e senza specificare i decessi nei gruppi trattati dopo la fine dello studio10 . Negli studi elencati dall'EMA11  , sono stati registrati otto decessi (con la stessa percentuale, 0,3%, nei gruppi trattati e placebo). Lo studio Domachowske su neonati fragili e prematuri12 (non sottoposto a revisione paritaria) riguarda neonati prematuri e neonati affetti da malattie cardiache o polmonari e confronta l'effetto dell'anticorpo monoclonale precedentemente utilizzato (Palivizumab) con Nirsevimab. Fornisce una descrizione completa dei decessi osservati: dei sei decessi elencati, cinque erano correlati a polmonite o bronchiolite non attribuiti al trattamento (cinque bambini deceduti sono stati trattati con Nirsevimab (5/614 = 0,81%) e uno (1/304 = 0,32%) con Palivizumab). In assenza di un gruppo placebo, questo risultato può essere interpretato in termini di minore efficacia di Nirsevimab rispetto a Palivizumab. È anche possibile che Nirsevimab faciliti e aggravi la bronchiolite; queste iniezioni vengono effettuate durante i periodi in cui il virus è in circolazione. In particolare, Nirsevimab sembra essere più pericoloso del suo predecessore, Palivizumab
  • in uno degli studi, EMA (Agenzia Europea del Farmaco) riporta delle cifre diverse all’interno del suo rapporto (da 2 a 5 decessi nello stesso studio su 987 bambini, senza ulteriori precisazioni)

La prima campagna di utilizzo del nuovo anticorpo monoclonale Nirsevimab ha coinvolto la Francia, la Spagna, il Lussemburgo e gli USA nel 2023-2024. In Francia, secondo Santé Publique France, l’attività ospedaliera non si è ridotta durante questa campagna, si nota anche un picco di attività per i neonati a partire dal 15 settembre 2023 (inizio della campagna d’immunizzazione). I dati pubblici di questa campagna nei quattro paesi dimostrano un picco di infezioni respiratorie precoci, subito dopo la somministrazione di Nirsevimab. Ancora in Francia, è stato osservato un aumento significativo del tasso dei decessi tra i 2 e i 6 giorni di vita durante la campagna d’immunizzazione.

Il meccanismo di azione maggiormente efficace di questo anticorpo rispetto al precedente sembra essere una maggiore capacità di legame alla proteina F dell'RSV e un'elevata affinità per FcRn (recettore neonatale per il frammento Fc dell'IgG), che ne prolunga la durata. Sappiamo però, dagli anni 1960, che gli anticorpi contro la proteina F dell’RSV sono in grado di provocare l’ADE, ovvero la facilitazione/aggravamento dell’infezione ad opera degli anticorpi stessi. Gli studi preclinici e clinici di questa possibile ADE dimostrano delle lacune, ma suggeriscono che la modifica apportata al Nirsevimab rispetto al prodotto precedente (utilizzato da 20 anni) potrebbe avere un effetto deleterio poiché il prodotto circola con una debole concentrazione. Gli studi farmacocinetici parziali effettuati dimostrano che, per certi bambini, il prodotto non raggiunge la concentrazione efficace durante i primi giorni seguenti la somministrazione.

La stessa Banoun, commenta in una analisi separata il rapporto ANSM (Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Farmaco, equivalente francese di AIFA) relativo alla prima campagna d’immunizzazione con Nirsevimab che si è svolta da settembre 2023 ad aprile 202413 e prende in esame i dati francesi ed internazionali.

L’ANSM ricorda che:

  • la bronchiolite presenta generalmente un decorso favorevole e resta una malattia il più delle volte benigna, malgrado i sintomi siano spesso impressionanti;
  • in Francia, dei 480.000 bambini con meno di due anni colpiti da bronchiolite, dal 2 al 3% vengono ospedalizzati e la bronchiolite è responsabile di meno dell’1% dei decessi in questa fascia d’età;
  • non esistono dati precedenti relativi all’utilizzo del Beyfortus, motivo per il quale è necessaria un’inchiesta di farmacovigilanza.

In questo rapporto sono stati segnalati ed esaminati 153 casi gravi di reazione avversa (non viene fornito il numero totale delle segnalazioni, né il criterio di selezione dei casi). La maggior parte dei casi dichiarati (75%) riguarda casi di bronchiolite verificatisi dopo l’inoculazione.

Relativamente a questi casi di bronchiolite post-iniezione non è stato identificato nessun fattore di rischio: si tratta, dunque, di neonati che non presentavano nessun rischio particolare di contrarre una forma grave di bronchiolite, ma che hanno sviluppato una malattia grave dopo l’iniezione di questo prodotto. Nelle conclusioni del rapporto possiamo leggere:

un neonato di 7 mesi e 10 giorni affetto da un’infezione da VRS non grave è deceduto a seguito di una SIDS (Sindrome della morte in culla). Fino ad oggi sono stati riportati tre casi di morte in culla, senza ulteriori sintomi. Durante il periodo di follow-up non ci sono stati altri decessi.

I casi segnalati di “inefficacia del prodotto” sono 148, di cui 123 gravi: la grande maggioranza dei casi riguarda bambini che avevano ricevuto l’iniezione nei primi giorni di vita. L’ANSM sospetta che i casi siano sottostimati: i casi di bronchiolite non gravi non vengono infatti segnalati. 

Secondo EMA, l’inefficacia/fallimento terapeutico significa l’insorgenza dell’infezione da RSV a partire da 8 giorni dopo l’iniezione ed entro i 5 mesi dall’iniezione. Come per i vaccini Covid, i casi che si verificano nei primi sette giorni dopo l’iniezione non vengono considerati! L’ANSM cita brevemente i casi che sono stati segnalati all’estero (principalmente in USA e in Spagna) e che consistono, nello specifico, di 110 casi gravi, tra i quali 10 decessi, 14 casi di pericolo di vita, 49 ospedalizzazioni prolungate, 37 situazioni gravi.

LE VALUTAZIONI DI MED CHECK14

In questo report (n. 30, vol. 10, settembre 2024) vengono messi a confronto i principali RCT relativi ad efficacia e sicurezza dei due anticorpi monoclonali, rispettivamente Palivizumab e Nirsevimab.

Palivizumab 

Due studi clinici randomizzati e controllati 15  16su larga scala (RCT) hanno valutato l'efficacia e la sicurezza del Palivizumab: i risultati hanno suggerito che potrebbe ridurre sia il tasso che la durata dell'ospedalizzazione dovuta all'infezione da RSV. Tuttavia, entrambi gli RCT hanno rivelato un'elevata probabilità di squilibrio di allocazione a favore del Palivizumab, il che mette in dubbio l'affidabilità dell'efficacia riportata. Ad esempio, in un RCT, il gruppo placebo ha mostrato significativamente più decessi non correlati a RSV rispetto al gruppo Palivizumab.

Inoltre, più pazienti nel gruppo Palivizumab hanno richiesto ventilazione meccanica dopo l'ospedalizzazione per infezione da RSV. e i decessi correlati al RSV si sono verificati solo nel gruppo Palivizumab (2 vs. 0), contraddicendo la presunta riduzione dei ricoveri ospedalieri correlati al RSV. Una tendenza simile è emersa anche nell’altro RCT.

Il test dell'antigene RSV utilizzato in questi studi può produrre falsi negativi, anche nei pazienti infetti. Questo problema può spiegare l'apparente riduzione osservata dei ricoveri ospedalieri correlati a RSV. Il foglietto illustrativo statunitense del Palivizumab afferma: "Il Palivizumab può interferire con i test diagnostici immunologici del RSV come alcuni test basati sul rilevamento dell'antigene", il che potrebbe portare a risultati falsi negativi17. Poiché i due RCT fondamentali si basavano sui test dell'antigene per diagnosticare l’RSV, è probabile che il Palivizumab abbia causato la negatività dei test di alcuni pazienti infetti da RSV, alterando i dati di ospedalizzazione.

Nirsevimab

L'approvazione per i neonati sani a termine si basa su uno studio clinico randomizzato controllato (RCT), che ha mostrato una riduzione dei ricoveri ospedalieri correlati al RSV rispetto al gruppo placebo. Tuttavia, mentre nel gruppo placebo non si sono verificati decessi, nel gruppo Nirsevimab ne sono stati segnalati cinque, il che indica un tasso di mortalità più elevato .

In uno studio RCT che confrontava Nirsevimab con placebo nei neonati pretermine e in un altro RCT che lo confrontava con Palivizumab nei neonati ad alto rischio con cardiopatia congenita (CHD), i ricoveri ospedalieri correlati al RSV sono stati ridotti. Tuttavia, il tasso di mortalità tendeva ad aumentare. Un'analisi combinata di tre importanti RCT ha rivelato un tasso di mortalità significativamente più elevato, probabilmente dovuto a un aumento delle condizioni non correlate al RSV, in particolare la trombosi.

In dettaglio

Uno studio randomizzato controllato (RCT) di Nirsevimab confrontato con placebo su neonati pretermine sani nati tra 29 settimane 0 giorni e 34 settimane 6 giorni di gestazione ha incluso 1453 neonati (Studio 3)18. Tra i 969 neonati che hanno ricevuto Nirsevimab, il 2,6% ha sviluppato un'infezione del tratto respiratorio inferiore associata a RSV assistita medicalmente entro cinque mesi dall'iniezione, rispetto al 9,5% nel gruppo placebo (p < 0,001). Il tasso di ospedalizzazione è stato dello 0,8% nel gruppo Nirsevimab e del 4,1% nel gruppo placebo (p < 0,001).

Un altro RCT controllato con placebo (lo studio MELODY) ha incluso 3.012 neonati sani a termine (o nati dopo 35 settimane di gestazione). La percentuale di pazienti con infezioni delle vie respiratorie inferiori associate al RSV sottoposte a cure mediche entro cinque mesi dall'iniezione è stata dell'1,2% nel gruppo Nirsevimab rispetto al 5,4% nel gruppo placebo, mentre quella con ricoveri ospedalieri è stata dello 0,4% e del 2,0%, entrambe significativamente inferiori nel gruppo Nirsevimab.

Secondo il protocollo dello studio MELODY19, i partecipanti sono stati seguiti per 511 giorni dopo l'iniezione. Non si sono verificati decessi nel gruppo placebo (n=996), mentre sono stati segnalati cinque decessi (0,25%) nel gruppo Nirsevimab (n=1998).

In uno studio RCT (studio MEDLEY20) che confrontava Nirsevimab con Palivizumab in 925 neonati ad alto rischio (nascita pretermine prima delle 36 settimane di gestazione, malattia polmonare cronica o cardiopatia congenita) il numero di infezioni da RSV assistite da personale medico era 3 (1%) nel gruppo Palivizumab (controllo) e 4 (0,7%) nel gruppo Nirsevimab, senza mostrare alcuna differenza. Tuttavia, il numero di decessi fino a 151 giorni dopo la vaccinazione era 0 nel gruppo Palivizumab e 4 (0,7%) nel gruppo Nirsevimab (con un decesso aggiuntivo in ciascun gruppo dopo 151 giorni).

È stata riportata una revisione sistematica con meta-analisi di Nirsevimab sull'efficacia contro l'ospedalizzazione da RSV analizzando cinque RCT e otto studi osservazionali con 45.238 neonati da 19 serie21. I risultati di ciascuna delle 19 serie sono presentati come percentuale di efficacia preventiva dell'ospedalizzazione.

Considerando solo queste cifre, sembra che l'efficacia sulla prevenzione delle ospedalizzazioni da RSV fosse significativamente maggiore (rapporto di rischio inferiore) dagli studi osservazionali rispetto agli RCT. Tuttavia, ciò è probabilmente dovuto a un "bias dell'utente sano" e a una "classificazione errata dovuta a risultati di test falsi negativi", nonché a un "bias di conferma".

I soggetti nello studio MELODY allo screening erano sani, senza febbre e malattie croniche e sono stati assegnati in modo casuale, assicurando che le condizioni di salute dei neonati nel gruppo Nirsevimab e nel gruppo di controllo placebo fossero essenzialmente le stesse. Inoltre, sia l'assistente che l'investigatore sostanzialmente non sapevano quali fossero stati somministrati.

Tuttavia, nella pratica clinica del mondo reale, a cui miravano gli studi osservazionali, i neonati che non hanno ricevuto Nirsevimab includono di più coloro che non potevano ricevere Nirsevimab a causa di malattie infettive febbrili. Ciò induce un "bias dell'utente sano".

Inoltre, nella pratica clinica del mondo reale, i medici che visitano i neonati sanno se il neonato ha ricevuto Nirsevimab o meno. Ciò potrebbe influenzare la decisione del medico di "testare o meno il paziente per RSV" e "di ricoverare o meno il neonato" (bias di conferma).

Ancora, se venissero utilizzati test basati sulla rilevazione dell'antigene (come potrebbe essere ancora comune nella pratica del mondo reale) invece del metodo RT-PCR, una percentuale sostanziale di neonati infetti da RSV potrebbe non essere diagnosticata come infezione da RSV a causa della presenza di Nirsevimab nel plasma del neonato (errata classificazione). Pertanto, i risultati degli RCT, che si basano sull'assegnazione casuale, dovrebbero essere considerati attendibili e i risultati dello studio osservazionale dovrebbero essere ignorati o dovrebbero essere utilizzati solo come indicatore dell'entità del "bias sconosciuto complessivo" tra cui "bias dell'utente sano", "bias di conferma" e "errata classificazione dovuta a falsi negativi".

LO SCANDALO DELLO STUDIO DI FASE 1-2

Lo studio a cui ci riferiamo non viene mai citato, normalmente, ma rappresenta un modo perlomeno irrituale di autorizzare studi successivi su popolazione allargata di neonati. Stiamo parlando dello studio “Safety, Tolerability and Pharmacokinetics of MEDI8897, an Extended Half-life Single-dose Respiratory Syncytial Virus Prefusion F-targeting Monoclonal Antibody Administered as a Single Dose to Healthy Preterm Infants”, Joseph B. Domachowske et al.22.

Questo studio di fase 1b/2a, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo (identificativo ClinicalTrials.gov: NCT02290340) è stato condotto in 10 siti, 4 ciascuno negli Stati Uniti e in Sud Africa e 2 in Cile. I neonati pretermine sani nati tra 32 settimane, 0 giorni e 34 settimane, 6 giorni di età gestazionale e che entravano nella loro prima stagione RSV al momento dello screening erano idonei per l'arruolamento nello studio.

Nel complesso, 10 soggetti (14,1%) che hanno ricevuto MEDI8897 (il codice associato in quella fase sperimentale al Nirsevimab) e 1 soggetto (5,6%) che ha ricevuto placebo hanno sviluppato una LRTI (Lower Respiratory Tract Infections, ovvero Infezione delle Basse Vie Respiratorie) fino al giorno 151. Cinque soggetti MEDI8897 (gruppo 10 mg, n = 1; gruppo 25 mg, n = 2; gruppo 50 mg, n = 2) hanno avuto eventi che soddisfacevano i criteri clinici oggettivi per una LRTI assistita da un medico fino al giorno 151. Nessun soggetto che ha ricevuto placebo ha soddisfatto i criteri clinici oggettivi per una LRTI assistita da un medico fino al giorno 151. 

Senza entrare nei dettagli, ciò che emerge è una” efficacia negativa” del trattamento con associata tossicità nel gruppo Nirsevimab rispetto a placebo e questo avrebbe dovuto far riflettere molto i Comitati Etici e i Regolatori che hanno autorizzato gli studi successivi su campione allargato e poi la autorizzazione alla immissione in commercio.

Gli studi allargati (MEDLEY, MELODY), in fondo, confermano che il profilo del Nirsevimab non è favorevole stante la mortalità dello 0,25% nel gruppo farmaco rispetto allo 0% nel gruppo placebo, mentre la protezione dalla malattia broncopolmonare è ridotta rispetto al vantaggio che si osserva nelle ospedalizzazioni, come se (paradossalmente) il farmaco funzionasse meglio nelle forme lievi rispetto alle forme gravi.

Ciononostante, le conclusioni dello studio non accennano minimamente ai rischi evidenziati nei dati e si limitano ad evidenziare l'emivita prolungata di MEDI8897 e la dimostrata attività di neutralizzazione del RSV e la relativa protezione per la durata di una tipica stagione di 5 mesi dopo una singola dose intramuscolare (IM) da 50 mg.

Di seguito un esempio di RRR, ARR, NNT calcolati sullo studio HARMONIE; anche gli altri studi riportano valori analoghi e questo indica che se da una parte il farmaco riduce (di poco) le ospedalizzazioni dall’altra ha una minor efficacia contro la malattia grave.

Tab. 1: Fonte “Nirsevimab for Prevention of Hospitalizations Due to RSV in Infants - S.B. Drysdale, n engl j med 389;26 nejm.org December 28, 2023, HARMONIE ClinicalTrials.gov number, NCT05437510)”.

Tabella 1

Legenda: 

  • EER    Experimental Event Rate
  • CER    Control Event Rate
  • RRR    Rischio Relativo: (CER - EER) / CER
  • ARR    Rischio Assoluto: CER - EER
  • NNT    Number needed to treat: 1 / ARR

Nel caso del confronto vs Palivizumab si osservino il basso valore di RRR (e di ARR) e le differenze in termini di effetti avversi.


Tab. 2: Fonte “A Phase 2/3 Randomized, Double-blind, Palivizumab-controlled Study to Evaluate the Safety of MEDI8897, a Monoclonal Antibody with an Extended Half-life Against Respiratory Syncytial Virus, in High-risk Children (MEDLEY) - Clinical Study Report Synopsis – Final Analysis AstraZeneca Nirsevimab (MEDI8897)-D5290C00005”.

Tabella 2

Legenda: 

  • EER    Experimental Event Rate
  • CER    Control Event Rate
  • RRR    Rischio Relativo: (CER - EER) / CER
  • ARR    Rischio Assoluto: CER - EER
  • NNT    Number needed to treat: 1 / ARR
  • LRTI    Lower Respiratory Tract Infections
CONCLUSIONI

Queste campagne di immunizzazione di massa autorizzate con procedura d’emergenza non sono giustificate né dal punto di vista scientifico né da quello dell’interesse pubblico.

Il Nirsevimab (Beyfortus) riduce le infezioni da RSV (come si prefiggono gli endpoint dei principali studi presi in considerazione), ma non il carico ospedaliero globale (per tutte le cause).

Nirsevimab non dovrebbe essere raccomandato per tutti i neonati fino a quando non siano condotti studi approfonditi di follow-up sul profilo di sicurezza di questo anticorpo monoclonale.

Questi controlli devono poter dimostrare se sia scientificamente ed economicamente ragionevole continuare a raccomandare l'immunizzazione di tutti i neonati e bambini piccoli per le stagioni invernali successive.

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