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Diritto alla salute e interesse collettivo

Diritto alla salute e interesse collettivo


Con il contributo fondamentale dell’Avv. Alessandra Devetag

Le principali Convenzioni Internazionali, in linea con la dichiarazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, hanno sancito il diritto alla salute come uno dei diritti fondamentali dell'individuo e della collettività e hanno definito la sua tutela uno dei doveri principali degli Stati.
La salute, nella sua evoluzione a partire dalla definizione data dall’OMS di «condizione di pieno benessere fisico, psichico e sociale, e non solo come assenza di malattia o di infermità», si presenta oggi in una posizione centrale nel sistema dei diritti fondamentali, contribuendo in maniera decisiva alla ‘costituzionalizzazione’ della persona, ossia all’individuazione di un’area riservata alle libere scelte di ciascuno.

L’idea che esista uno specifico “diritto (individuale) alla salute” è stata straordinariamente anticipata nella Costituzione Italiana del 1947, che all’art. 32 Cost. tutela infatti espressamente la salute come “fondamentale diritto dell’individuo” oltre che come “interesse della collettività”. Il rapporto tra diritto di ciascuno e interesse di tutti alla salute si sviluppa nei termini negativi rappresentati dal fatto che l’interesse di tutti non può spingersi oltre certi limiti, nell’interferire con il diritto del singolo alla salute.

Significativa è la sentenza n. 2092 del 1992, in cui è stato autorevolmente affermato dalle stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione che il diritto alla salute “è sovrastante all’amministrazione di guisa che questa non ha alcun potere, neppure per motivi di interesse pubblico specialmente rilevante, non solo di affievolirlo, ma neanche di pregiudicarlo nel fatto indirettamente”.

Quello che va principalmente osservato nello specifico dell’evoluzione e leggi sull’obbligo vaccinale del 2017 è riscontrabile su questi due presupposti:  

  • la sussistenza di una emergenza epidemiologica, che giustificava un intervento emergenziale;
  • la presunta unicità di pensiero della Comunità Scientifica.

Entrambi i presupposti si sono rivelati infondati:    

  • Non vi era alcuna emergenza, come confermato dal Premier Gentiloni alla presentazione del DL;
  • La comunità Scientifica è tutto fuorché unanime su questo tema, ma le voci dissidenti sono state tacitate con metodi draconiani.

In preparazione a tutto questo, l'8 luglio del 2016 la FNOMCEO ha licenziato il cd “Documento sui Vaccini”, facilmente scaricabile dalla homepage del sito della Federazione: In questo documento si allude a una sorta di “capolinea” della conoscenza in tema vaccinale. Il Documento non distingue tra vaccini obbligatori e facoltativi, né tra malattie che essi sono volti a prevenire. Si limita a dichiarare che un medico che sconsigli un vaccino, uno qualunque, commette un illecito disciplinare.

Le radiazioni dei medici che sono seguite a stretto giro dalla promulgazione del documento hanno subito chiarito alla classe medica di quali sanzioni disciplinari si stesse parlando: non certo l'ammonimento o la censura, ma la massima sanzione possibile.

Segue, a questo documento, la legge 3/2018, entrata in vigore il 15/02/2018, della quale poco si parla, anch'essa parto del Ministro Lorenzin, con cui sono stati riformati gli ordinamenti professionali dei sanitari.

In base a questa legge, art. 4, gli ordini dei medici sono divenuti Enti Sussidiari dello Stato, quindi suscettibili di essere incaricati di molte funzioni che spetterebbero allo Stato e, in buona sostanza, sottoposti all'esecutivo.

La stessa legge ha inoltre riformato, sempre art. 4 comma 1 lett. l), i criteri in base ai quali gli ordini giudicano le infrazioni deontologiche, disponendo che l'ordine debba tenere in considerazione, oltre al codice deontologico, anche le norme, nazionali o regionali, e persino quelle contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro che impongano determinati comportamenti ai sanitari.

In pratica, se con CCNL introduco una prassi che per un medico confligge con il suo codice deontologico, lui sarà costretto a scegliere tra la propria etica o il rispetto della legge.

Di fatto, l'introduzione di un nuovo illecito disciplinare, potremmo chiamarlo “illecito di sfiducia vaccinale”, unitamente ad una legge che impone al sanitario la promozione di dieci vaccini obbligatori hanno imbavagliato qualunque dissenso, dando la illusoria percezione di unanimità di consensi nella comunità scientifica.

Sulla base di questi presupposti la politica ha delegato alla Scienza, applicando l'appellativo Scienza anche alla medicina che in realtà è un'arte, il potere legislativo in tema sanitario.

Siamo ormai abituati a sentire la politica affermare che in tema vaccinale “Deve decidere la Scienza”.

Questo, giuridicamente, è molto pericoloso.

Da sempre la politica si avvale dei contributi delle arti e delle tecniche, e poi li traduce in atti normativi attraverso il Parlamento, che deve legiferare nel rigoroso rispetto della costituzione.

Ma, la “Scienza” non deve rispettare la Costituzione, né le Convenzioni Internazionali: essa si pone al di fuori della dialettica democratica e mai le può essere delegata la funzione di decidere delle vite dei cittadini, come non sarebbe possibile delegarla ad alcuna altra branca del sapere.

E' la Politica che deve decidere. SEMPRE. Si è venuto così a creare un corto circuito:

  • la politica ha delegato le sue decisioni alla “Scienza”;
  • la “Scienza” non può che esprimere un’unica posizione, pena pesanti sanzioni;
  • in base a questa artefatta unicità di pensiero, la politica è sollevata da responsabilità, perché si sta affidando ad una disciplina pervenuta ad un capolinea evolutivo. Essa è infallibile.

Dicevamo che “la Scienza” non deve rispettare la costituzione.

Di fatto il DL Lorenzin, e il DDL 770 attualmente al vaglio (quantunque messo in un angolino con l’intento di lasciarcelo a tempo indeterminato …), hanno stravolto l'art. 32 della Costituzione, introducendo un obbligo incostituzionale perchè rivolto non più e non solo a malattie che si presentino come veri e propri flagelli, come era nel secondo dopoguerra, ma anche verso banali esantemi infantili.

Il concetto è di facile comprensione.

L'art. 32 recita: “La salute è diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività”. 

La sentenza 184/1986 in tema di risarcimento del danno alla salute per fatto illecito ha chiarito: “La lettera del primo comma dell'art. 32 Cost., che non a caso fa precedere il fondamentale diritto della persona umana alla salute, all'interesse della collettività alla medesima, ed i precedenti giurisprudenziali, inducono a ritenere sicuramente superata l'originaria lettura in chiave esclusivamente pubblicistica del dettato costituzionale in materia.”

Non è un caso, quindi, che il diritto fondamentale sia stato premesso all'interesse della collettività, ma corrisponde a una precisa gerarchia di valori.

Come si colloca questo bilanciamento tra salute individuale e collettiva in tema vaccinale? Lo chiarisce un'altra sentenza, la numero 118/96, secondo la quale in questi casi il legislatore di trova di fronte alla “scelta tragica del diritto”, perchè sa che, imponendo un trattamento obbligatorio in soggetti sani, può accadere che qualcuno ne tragga un danno, trasformandosi così in un martire che ha “sacrificato” la sua salute alla collettività. Egli merita, quindi, che la collettività gli riconosca un equo indennizzo (da ciò la legittimazione della Legge 210/92).

Logica conseguenza di queste premesse è che “la scelta tragica” dell'ordinamento debba per forza di cose essere sceltaeccezionale”.

Ad una scelta tragica si può ricorrere solo qualora il pericolo sanitario sia di eccezionale gravità (come dicevo, i veri flagelli, come vaiolo o polio) e coinvolga l'intera popolazione, e non solo una minoranza di essa (gli immunodepressi o i non vaccinabili) perchè, in questo caso, si introdurrebbe una competizione tra posizioni sullo stesso piano, tra pretese di singoli individui.

Il pericolo cui è sottoposta la collettività, in sostanza, deve essere di tale gravità da far assurgere il “mero interessea rango di vero e proprio diritto, capace di competere con quel diritto fondamentale del singolo tutelato, expressis verbis, dalla Costituzione.

Così non è, evidentemente, per i comuni esantemi infantili, che non sono mai stati un pericolo per la popolazione se non, eventualmente, per singoli individui.

Per superare questo scoglio c'è stato quindi bisogno di un escamotage concettuale: è stato necessario identificare l'intera popolazione con quella minoranza fragile, bisognosa di protezione. Ecco che l'intera collettività diviene portatrice di un “diritto fondamentale alla protezione”, dinanzi al quale è il singolo a cedere il passo, quasi fosse quest'ultimo ad avere un mero “interesse” alla salute (e quindi alla facoltà di rifiutare un trattamento sanitario che reputi per lui non necessario).

Ecco che, a questo punto, di fronte al bisogno di proteggere la collettività per tutto, anche per qualunque esantema infantile, l'obbligo vaccinale non è più una scelta tragica, ma diviene ordinaria legislazione.
Ed il sacrificio del martire è atteso, dovuto.

Questa è una pacifica inversione dei principi dell'art. 32 della Costituzione, che porta a ulteriori gravi conseguenze.

Dobbiamo infatti domandarci, in questa nuova prospettiva, a chi spetterà dire basta? Se la collettività deve essere protetta, non ha senso che lo sia solo per alcuni patogeni e non altri. Perchè varicella oggi sì, e domani la quarta, quinta, sesta malattia no? Chi dirà “ora può bastare?”

L'Ordinamento Giuridico vive di principi, e una volta che abbiamo scardinato un principio, tutto diviene possibile.

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