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Legge 119/17 e diritti fondamentali dei bambini

Legge 119/17 e diritti fondamentali dei bambini


Il mondo della Scuola, quale Istituzione preposta all’educazione e all’istruzione, dall’infanzia lungo tutto l’arco della vita, è chiamata ad interrogarsi sulla applicabilità della legge 119/17, poiché essa tocca, e travolge, alcuni diritti fondamentali dei bambini, ponendosi in contrasto con norme nazionali ed internazionali, e i con Principi consacrati nella nostra Carta Costituzionale.

All’art. unico della Legge 10/03/2000 N. 62, comma 1, leggiamo che “La Repubblica individua come obiettivo prioritario l'espansione dell'offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda di istruzione dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita”. Nel D.lgs. 59/04 (Finalità della scuola dell'infanzia), leggiamo che La scuola dell'infanzia, non obbligatoria e di durata triennale, concorre all'educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e sociale delle bambine e dei bambini promuovendone le potenzialità di relazione, autonomia, creatività, apprendimento, e ad assicurare un'effettiva eguaglianza delle opportunità educative; nel rispetto della primaria responsabilità educativa dei genitori, contribuisce alla formazione integrale delle bambine e dei bambini e, nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica, realizza il profilo educativo e la continuità educativa con il complesso dei servizi all'infanzia e con la scuola primaria”. Il nostro legislatore ha chiarito efficacemente che lo Stato ha il dovere di assicurare “la generalizzazione dell'offerta formativa e la possibilità di frequenza della scuola dell'infanzia” (D.lgs. 59/04, art. 1, co. 2). L’apprendimento è promosso “in tutto l’arco della vita e sono assicurate a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze (...) generali e specifiche” (Legge 53/03, art. 2 comma 1 lettera a).
Il Decreto Legislativo 13 aprile 2017, n. 65, “Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera e), della legge 13 luglio 2015, n. 107”, emanato soltanto pochi mesi prima rispetto alla l.119/17, stabilisce che i servizi per l’infanzia escono dalla dimensione assistenziale ed entrano a pieno titolo nella sfera educativa; si legge, inoltre, che “ai bambini e alle bambine dalla nascita fino ai 6 anni debbano essere garantite pari opportunità di educazione e di istruzione, di cura, di relazione, di gioco.”

A questo punto sorgono alcuni interrogativi:

  • Come può un Ministero così importante come quello dell'Istruzione disconoscere ciò che pochi mesi prima rappresentava un'eccellenza di cui vantarsi?
  • Come può il Governo emanare una legge, la 119/17, che va nettamente in contrasto con normativa adottata soltanto due mesi prima?
  • E come può lo stesso Presidente della Repubblica, promulgare a così poca distanza due disposizioni sostanzialmente contrastanti?


Tale D.Lgs., fra gli altri, si basa su:

  • l’articolo 3 della Costituzione che sancisce pari dignità sociale a TUTTI i cittadini, a prescindere dai loro “credo” e opinioni, e che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana;
  • l’articolo 34 della Costituzione che stabilisce “LA SCUOLA È APERTA A TUTTI”,
  • sulla Convenzione sui diritti del fanciullo, approvata a NewYork il 20 novembre 1989, resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176

A livello internazionale e comunitario, l’art. 2 del I Protocollo addizionale alla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo ribadisce che “IL DIRITTO ALL’ISTRUZIONE NON PUÒ ESSERE RIFIUTATO A NESSUNO” e l’art. 14 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea afferma che “OGNI INDIVIDUO HA DIRITTO ALL’ISTRUZIONE”.

Non vi è dubbio dunque che l’Istruzione sia riconosciuta a livello Mondiale come diritto fondamentale della persona, quale presupposto essenziale allo sviluppo sociale del bambino, ma anche quale espressione di libertà e strumento potente di crescita e di opportunità, di riduzione delle diseguaglianze e delle disparità, di miglioramento della qualità della vita del singolo e dunque della stessa comunità, di promozione e partecipazione attiva e consapevole alla vita cittadina.

Con riferimento alle disposizioni e ai principi sociali e giuridici internazionali applicabili alla protezione e al benessere dei minori, la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo (ratificata e resa esecutiva in Italia con legge n.176/91), quale principale riferimento internazionale in materia di diritti dei minori, stabilisce due principi generali fondamentali:

- il principio di “NON DISCRIMINAZIONE” (art. 2):

“1. Gli Stati Parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione ed a garantirli ad ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta ed a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altro del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza;  2. Gli Stati parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari”.

- il principio del “SUPERIORE INTERESSE DEL MINORE” (art. 3):

“In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente”.

Quali argomenti, quali beni, quali valori vengono praticati, se il soggetto privato di diritti è un bambino dichiarato “non conforme”, con pur sempre una sfera privata ed intima da preservare, che esula dalla sfera scolastica, "esposta" senza alcuna precauzione ai poteri di ingerenza, analisi, controllo e accertamento da parte delle amministrazioni sanitarie e scolastiche? A chi sta a cuore la sua dignità, la tutela della sua privacy e la protezione della sua salute fisica e mentale?

E’ chiaro che se una famiglia non ha ancora proceduto alle vaccinazioni ha ben valide motivazioni. 
Si tratta di famiglie che, ben informate e consapevoli dei pericoli connessi alla pratica vaccinale, chiedono legittimamente cautela, ponderazione, oculatezza nel continuare o nell'iniziare il programma vaccinale e pretendono risposte alle loro domande.
Sovente si tratta di bambini il cui percorso vaccinale è stato momentaneamente sospeso o rallentato dalla famiglia a seguito di precedenti episodi di reazioni avverse. Vi sono bambini le cui famiglie soffrono di gravi ed invalidanti patologie che potrebbero comportare controindicazioni alla vaccinazione; bambini affetti loro stessi da patologie per le quali il medico specialista sconsiglia la vaccinazione; bambini con familiari stretti che hanno subito reazioni avverse e sviluppato patologie a seguito della vaccinazione.