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RICHIESTA CHIARIMENTI MASCHERINE_REGIONE LOMBARDIA.pdf199.94 KB, lombardia mascherine_APPROFONDIMENTO.pdf199.67 KB
RICHIESTA CHIARIMENTI MASCHERINE_REGIONE LOMBARDIA.pdf, lombardia mascherine_APPROFONDIMENTO.pdf
14 Luglio 2020
Al Presidente della Regione Lombardia
ATTILIO FONTANA
segreteria_presidente@regione.lombardia.it
nonché
All’Assessore al Welfare
GIULIO GALLERA
giulio_gallera@regione.lombardia.it
nonchè
Al Ministro della Sanità
ROBERTO SPERANZA
segreteriaministro@sanita.it
nonché
Alla Giunta della Regione Lombardia
Fabrizio Sala, fabrizio_sala@regione.lombardia.it
Stefano Bruno Galli stefano_bruno_galli@regione.lombardia.it
Fabio Rolfi, fabio_rolfi@regione.lombardia.it
Raffaele Cattaneo raffaele_cattaneo@regione.lombardia.it
Davide Caparini, davide_caparini@regione.lombardia.it
Massimo Sertori, massimo_sertori@regione.lombardia.it
Melania Rizzoli, melania_rizzoli@regione.lombardia.it
Stefano Bolognini, stefano_bolognini@regione.lombardia.it
Riccardo Decorato, riccardo_decorato@regione.lombardia.it
Alessandro Mattinzoli, alessandro_mattinzoli@regione.lombardia.it
Pietro Foroni, pietro_foroni@regione.lombardia.it
Lara Magioni, lara_magoni@regione.lombardia.it
OGGETTO: OBBLIGO MASCHERINE POPOLAZIONE COMUNE
Illustrissimi,
In Regione Lombardia, il 29 giugno, il presidente Attilio Fontana ha firmato
l’Ordinanza n. 573, che integra le misure approvate dal DPCM dell’11 giugno 2020, e
proroga nuovamente, fino al 14 luglio 2020, l’obbligo ogniqualvolta ci si rechi fuori
dall’abitazione, di adottare “la mascherina o, in subordine, qualunque altro
indumento a copertura di naso e bocca”. Tale ennesima estensione a quanto pare
avvalorerebbe quanto riportato su alcuni quotidiani, circa l’intenzione del Governatore
Fontana di prolungare nel tempo tali misure in Lombardia, e presumibilmente fino a
quando non vi sarà un vaccino anti covid19.
Ci preme innanzitutto evidenziare che la tutela del fondamentale diritto alla salute
dei singoli cittadini si concretizza nel dovere, che il sistema sanitario ha, di garantire
controlli, cure e interventi efficaci; e ogni eventuale imposizione, obbligo o limitazione
di natura politica, a tutela dell’ interesse collettivo, non può in alcun modo trascurare il
corretto bilanciamento tra rischi e benefici per la salute di ogni singolo individuo.
In tal senso, manifestiamo la nostra totale insoddisfazione per come l’imposizione
e la raccomandazione dell’uso di protezioni per il viso in comunità sia stata attuata fino
ad ora, ed evidenziamo fin da subito che è nostro interesse ricevere in merito a tale
indicazione ogni informazione sui benefici delle mascherine, oltre che le più ampie
rassicurazioni che l’uso continuo e indiscriminato di tali presidi non comporterà alcun
rischio per la salute della popolazione. Essendo stato imposto l’uso obbligatorio della
mascherina in comunità anche all’aperto per tutti (eccetto per i minori di sei anni,
disabili e loro accompagnatori); e considerato come la comunità scientifica e medica in
merito all’impiego della mascherina d’uso comune sia oltremodo discorde e tutt’altro
che univoca, sia sui benefici per la collettività, che sui rischi per i singoli, riteniamo
opportuno riportare evidenze non trascurabili, e rivolgere alcune domande indifferibili e
urgenti.
Vi sono opinioni divergenti sul fatto che indossare mascherine al di fuori delle
strutture sanitarie protegga dall'infezione. Selezionare, innanzitutto, il tipo appropriato
di dispositivo di protezione è della massima importanza per valutarne l’efficacia: ferme
restando le caratteristiche specifiche delle mascherine chirurgiche (utilizzate per
proteggere contro la trasmissione di goccioline di infezioni respiratorie) e dei
respiratori N95 (utilizzati per agenti patogeni presenti nell'aria molto più piccoli),
tuttavia, questi vantaggi non sembrano tradursi in una riduzione del rischio di infezione
in contesti del mondo reale.
Le mascherine chirurgiche non sono progettate o
certificate per proteggere dagli agenti infettivi presenti nell'aria, ma anche i
respiratori con filtro facciale N95, del resto, potrebbero non raggiungere il livello di
protezione atteso da batteri e virus presenti nell'aria. Inoltre, diversi studi mettono in
guardia circa l'uso di maschere in tessuto, per le quali non esiste alcuna prova di
protezione, anzi potrebbero facilitare la trasmissione di agenti patogeni se utilizzate
ripetutamente senza un'adeguata sterilizzazione .
Tutto ciò premesso, a maggior ragione si pone il problema dell’efficacia dell’uso
di maschere nella popolazione comune, alla luce di ciò che sappiamo di Sars-CoV-2. Vi
è consenso sul fatto che SARS-CoV-2 si diffonde principalmente attraverso grandi
goccioline e contatti ravvicinati, ma il tempo di evaporazione di una gocciolina è un
parametro critico. Il Coronavirus può restare sulle superfici dai 3 secondi ai 2
minuti, finché le goccioline di saliva – o droplet – che lo contengono non evaporano.
Una volta che la gocciolina è evaporata, e il virus è trasportato dall'aria, le sue
possibilità di sopravvivenza diminuiscono. Sulla base delle prove disponibili, non si
ritiene che la diffusione nell'aria sia una delle principali vie di trasmissione.
L'aumento della temperatura e la luce del sole causano la distruzione di SARSCOV-2 e la sua stabilità sulle superfici. Questa presenza del virus sulle superfici,
comunque, non riflette necessariamente la possibilità di raccogliere il virus da un
contatto casuale. Si ipotizza che indossare una maschera medica sia una delle misure di
prevenzione che potrebbero limitare la diffusione di COVID-19, tuttavia, un livello
rilevabile di virus infettivo potrebbe essere ancora presente sullo strato esterno di
una mascherina chirurgica fino a 7 giorni dopo la contaminazione, mentre nello
strato interno delle mascherine chirurgiche fino a 4 giorni dopo. Inoltre, l'uso di
mascherine non standard può anche aggravare l'incidenza del SARS-CoV-2.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, in un documento pubblicato il 6 aprile
2020 dichiara che “...attualmente non ci sono prove che indossare una maschera
(medica o di altro tipo) da parte di persone sane in un contesto di comunità più ampio,
incluso l’uso universale della mascherina in comunità, possa impedire loro di contrarre
virus respiratori, incluso COVID-19". Tuttavia, il DPCM 11 giugno 2020 ribadisce l’uso
di “mascherine di comunità, ovvero mascherine monouso o mascherine lavabili,
anche auto-prodotte”; e la stessa regione Lombardia prescrive “ogniqualvolta ci si
rechi fuori dall’abitazione” l’obbligo di utilizzo della mascherina “o, in subordine,
qualunque altro indumento a copertura di naso e bocca”, contestualmente alla
disinfezione delle mani e alla distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro.
Posto che oggetto dell’obbligo è l’utilizzo della mascherina o qualunque altro
indumento, deduciamo che la scelta del dispositivo resti in capo al singolo cittadino; ma,
se, come premesso, l’efficacia dell’uso delle mascherine dipende fortemente dal tipo di
mascherina utilizzato, quest’ultimo è un aspetto tutt’altro che trascurabile, anzi appare
del tutto cruciale, sia per la protezione di chi la indossa che per la protezione degli altri;
eppure viene lasciato alla responsabilità individuale di ciascuno.
Nell’ALLEGATO
1
all’ordinanza
di
Regione
Lombardia
(NUOVO
CORONAVIRUS SARS-COV-2 - LINEE GUIDA PER LA RIAPERTURA DELLE
ATTIVITÀ ECONOMICHE, PRODUTTIVE E RICREATIVE), sebbene tra le
indicazioni sia previsto anche l’utilizzo della mascherina, quanto al tipo specifico da
indossare non vi è alcuna menzione in alcun settore, eccetto che per i servizi di estetica
e trattamenti alla persona (mascherina FFP2 senza valvola) e per le aree giochi per
bambini, (“privilegiare mascherine colorate e/o con stampe”). Ma se la mascherina è
stata resa obbligatoria in quanto ritenuta un complemento fondamentale per
tutelare la salute non solo di chi la indossa ma anche degli altri, può tale scopo essere
raggiunto indossando una mascherina qualsiasi (ossia anche una mascherina con scarsa
efficacia o efficacia nulla), o, addirittura, “in subordine, qualunque altro indumento a
copertura di naso e bocca”?
Dato l’obbligo, la popolazione generale sarà indotta ad usare protezioni d’uso comune, e
ciò a maggior ragione dovrebbe implicare che le Istituzioni che impongono l’uso obbligatorio di
un dispositivo di protezione, abbiano contestualmente il DOVERE DI INFORMARE in
maniera esatta sulla differenza tra i vari tipi di mascherine in commercio, e abbiano altresì il
DOVERE DI RENDERE NOTO che in generale le revisioni scientifiche in cui sono state
analizzate le principali pubblicazioni in merito, concludono che l'efficacia delle mascherine di
stoffa o non certificate, e di protezioni comuni, risulta essere molto bassa o del tutto
insignificante. Ciò è importante innanzi tutto per non ingenerare un falso senso di sicurezza,
che induca a una potenziale riduzione dell'osservanza di altre misure. Inoltre, esaltare oltremodo
l’importanza della mascherina per tutelare sé stessi e gli altri, raccomandandone l’uso o
obbligando tutta la popolazione, potrebbe generare, in soggetti vulnerabili, condizionamenti
psicologici, ossessione per l’igiene e paura del “nemico invisibile”, oltre che fomentare
ingiustificati timori, disagio o anche ansia legata alla propria sopravvivenza, qualora si fosse
circondati da persone senza mascherina, mettendo di fatto a dura prova la convivenza sociale con
conseguenze psicocopatologiche soggettive drammatiche e irreversibili. È superfluo
ricordare che la Salute va intesa come stato di benessere fisico e psichico, e non solo assenza di
malattia, pertanto è dovere delle Istituzioni promuovere, tutelare e proteggere il benessere
psico-fisico individuale e sociale dei cittadini, e rendere di fatto consapevole la popolazione
intera dei reali effetti e dei concreti pericoli che certe azioni hanno e potranno avere nel breve e
anche nel lungo periodo.
Inoltre, l’obbligo - o la raccomandazione - di mascherine per tutta la popolazione,
in maniera prolungata e continuativa, ha come conseguenza che l’approvvigionamento
delle mascherine sia difficoltoso, e anche particolarmente costoso se consideriamo il
carico di spesa per una famiglia media; ciò di conseguenza si traduce in un incentivo al
loro riutilizzo. La manutenzione, la conservazione e la decontaminazione delle
mascherine, però, sono fattori importanti da considerare. Data la sopravvivenza
batterica, esiste un potenziale problema di salute nel caso i dispositivi venissero
riutilizzati. Vi è, d’altro canto, da considerare l’impatto ambientale qualora l'intera
popolazione utilizzasse anche solo una mascherina monouso al giorno, per un anno. Lo
smaltimento di mascherine obbligatorie in comunità può diventare un rischio
ambientale e di infezione, tale da suggerire di preferire maschere riutilizzabili piuttosto
che quelle usa e getta. L’imposizione di un obbligo non può pertanto prescindere anche
da un'analisi in termini di costi/efficacia delle mascherine, e del loro riutilizzo, tanto più
se i benefici delle maschere di stoffa sono discutibili, e i rischi sulla salute non
minimizzabili. Lo stesso European Centre for Disease Prevention and Control, in un suo
recente documento “Using face masks in the community” del 8 aprile 20201 ha precisato
che: “ Esiste il rischio che la rimozione impropria della maschera, la manipolazione di
una maschera contaminata o una maggiore tendenza a toccare il viso mentre si
indossa una maschera da parte di persone sane possano effettivamente aumentare il
rischio di trasmissione”; e prescrive, pertanto di evitare di toccare la mascherina
mentre la si indossa e rimuoverla senza toccarla; di lavare le mani dopo averla rimossa o
ogni qualvolta una mascherina usata sia stata toccata inavvertitamente; di
sostituire la mascherina appena risulta umida; di non riutilizzare le mascherine
monouso, e di smaltirle immediatamente dopo averle rimosse. Da quanto appena esposto
è veramente difficile ipotizzare una corretta gestione delle mascherine da parte della
popolazione in contesti ordinari. Nell’ordinanza di regione Lombardia citata, leggiamo
ad esempio che per coloro che svolgono intensa attività motoria o intensa attività
sportiva, l’uso della mascherina è obbligatorio “alla fine dell’attività stessa”; e
nell’ALLEGATO 1 all’ordinanza menzionata leggiamo, ad esempio, che nell’ambito
della Ristorazione, i clienti dovranno indossare la mascherina “tutte le volte che non
sono seduti al tavolo”; o che in contesti musicali la mascherina “potrà essere tolta
durante l’esecuzione della prestazione artistica” etc… È evidente che la mascherina
1
https://www.ecdc.europa.eu/sites/default/files/documents/COVID-19-use-face maskscommunity.pdf
andrà tolta, riposta e poi indossata nuovamente, o eventualmente gettata; in ogni
caso, è indubbio che in contesti reali (pensiamo a chi lavora nei cantieri, nelle fabbriche,
nei magazzini…) potrebbero sorgere difficoltà nel maneggiare la propria mascherina in
sicurezza… E se ciò appare già normalmente difficoltoso per un adulto, a maggior
ragione lo sarebbe per i minori, seppur di età superiore ai sei anni. Queste operazioni
potrebbero rivelarsi oltremodo complesse ad esempio nelle aree giochi per bambini o nei
centri estivi (oratori o comunali): cosa succede se un bambino tocca la propria
mascherina, o inavvertitamente la mascherina di un compagno? Quali rischi corre il
bambino che inevitabilmente finisce per sollevare o scostare la propria mascherina più
volte ad esempio per bere, parlare, riposizionare gli occhiali… A chi spetta vigilare sulla
corretta gestione della mascherina? La responsabilità ricade sul minore stesso?
Prescindendo quindi da una ipotetica seppur minima efficacia della mascherina in
contesti controllati, non è possibile trascurare come, quando si è utenti di servizi, o
impiegati nelle diverse e complesse attività lavorative - quando cioè le condizioni
impediscono fattivamente una gestione in sicurezza delle mascherine – l’uso nel
concreto di protezioni facciali sia non solo inattuabile, ma anche potenzialmente
dannoso. È noto infatti che le mascherine possono essere una potenziale fonte di
proliferazione batterica che porta ad un aumento del rischio di infezione. Esiste,
dunque, il rischio concreto, che la mascherina, da presidio di sicurezza, si trasformi in
potenziale fonte di infezione e veicolo di contagio. Tutti dovrebbero essere
consapevoli di questi rischi per proteggere sé stessi e le persone che li circondano.
Segnaliamo
infine
come
l’uso
prolungato
della
mascherina
incida
significativamente sullo stato di salute di chi la indossa, con conseguenze tutt’altro che
irrilevanti (sintomi di claustrofobia, disturbi respiratori, disagio, irritazione cutanea,
pressione sul viso, difficoltà di comunicazione e mal di testa; i livelli di CO2 possono
aumentare significativamente, con conseguente percezione di mancanza d’aria e
vertigini; percezione di umidità, calore e alta resistenza respiratoria; carenza di
ossigeno che stimola il sistema nervoso simpatico e comporta un aumento della
frequenza cardiaca). Non è escluso, dunque, che i bambini, ma anche alcune
particolari categorie di cittadini - ad esempio, chi soffre di disturbi respiratori
preesistenti, o altre patologie – possano correre dei rischi maggiori e andare incontro a
ulteriori problemi in seguito ad un uso prolungato delle mascherine. Tali avvertenze
sono state del resto segnalate dal dott. Antonio Lazzarino, epidemiologo presso
l’University College London, ha in particolare evidenziato i possibili effetti derivanti da
un uso inappropriato delle mascherine: aumento dei rischi di infezione per sé e per gli
altri, difficoltà respiratorie, peggioramento della dispnea a causa della inalazione di
CO2, peggioramento delle condizioni cliniche di soggetti infetti a causa del continuo
ricircolo respiratorio dei propri virus. Su tale ultimo aspetto si segnala il recente
scritto del dott. Alberto Donzelli, specialista in igiene e medicina preventiva, il quale
evidenzia – tra l’altro - che in soggetti infetti inconsapevoli, in cui l’emissione di virus è
massima nei due giorni precedenti i sintomi, la mascherina obbliga a un continuo
ricircolo respiratorio dei propri virus, aggiungendo la resistenza all’esalazione, con
concreto rischio di spingere in profondità negli alveoli una carica virale elevata, che
poteva essere sconfitta dalle difese innate se avesse impattato solo con le vie respiratorie
superiori. Per chi indossasse le mascherine molto a lungo, questo sembra un rischio
assolutamente sproporzionato rispetto a quello di un contatto occasionale in strada/fuori
casa con altri, che all’aperto, in base alle attuali conoscenze, non ha possibilità logiche
né riconosciute di causare infezione.
Ogni eventuale imposizione, obbligo o limitazione a tutela dell’ interesse
collettivo, considerata la scarsa efficacia dell’uso delle mascherine al fine di proteggere
gli altri, non può in alcun modo trascurare il corretto bilanciamento tra rischi e benefici
dell’uso della mascherina a tutela della salute di chi la indossa, anzi tale valutazione è
a maggior ragione imprescindibile.
In questi ultimi giorni numerosi virologi e medici stanno sostenendo che il virus si
è indebolito avendo perso la propria carica virale. Alla luce di ciò, appare quanto meno
imprudente obbligare o raccomandare l’uso della mascherina in comunità per la
totalità della popolazione, che dovrebbe indossarla per molte ore al giorno, nella
quasi certezza di una non corretta gestione della stessa e in presenza di non trascurabili
rischi di infezione per sé e per gli altri.
Tanto più in una Regione come la Lombardia, già profondamente segnata da
drammatiche perdite anche a causa dell’adesione a protocolli non condivisi dalla
comunità medica, il primo dovere della politica dovrebbe essere quello di operare con la
massima cautela, conformando le proprie decisioni al principio di precauzione. Un
intervento sul merito delle scelte terapeutiche che vadano ad incidere sull’intera
popolazione in modo massivo e indiscriminato, dovrebbe non solo discendere dalla
verifica dello stato attuale delle conoscenze scientifiche e delle evidenze cliniche, ma
tener conto anche della loro adeguatezza ed appropriatezza, trattandosi di misure
generali e dunque applicabili a tutte le realtà, e ad ogni contesto. La salute non è uno
"stato" ma una condizione dinamica di equilibrio, fondata sulla capacità del soggetto di
interagire con l'ambiente circostante in modo positivo: la salute fisica non può essere
scissa dalla salute mentale e dal benessere sociale. L'Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS) infatti definisce la salute come “uno stato di completo benessere fisico
psichico e sociale e non solo assenza di malattia o infermità”, pertanto è dovere delle
Istituzioni promuovere, tutelare e proteggere il benessere psico-fisico individuale e
sociale dei cittadini. Ci preoccupa invece fortemente che il Governatore Fontana abbia
dichiarato che le citate misure andranno mantenute “anche nel momento in cui ci si
avvicinerà al contagio zero perché finché non ci sarà la possibilità di avere un vaccino
che ci garantisca dal ripresentarsi del virus, credo che qualche attenzione la si debba
tenere”. E ancora: “Io sono più prudente perché ho parlato con tanti medici e tanti
scienziati che dicono che la mascherina è il principale mezzo attraverso il quale si evita
il contagio, e tenuto conto che è fastidiosa ma non così drammaticamente fastidiosa e
che ci consente una vita praticamente normale, io credo sia giusto portarla ancora
finché non avremo la certezza che il virus è sconfitto”2. Tali dichiarazioni ci inducono
ad una necessaria riflessione.
2
https://www.sempionenews.it/istituzioni/covid-fontana-lombardia-mascherine-obbligatorie-fino-al-vaccino/
Il Governatore ha anche citato un recente studio americano dell'Università della
California, che tiene conto del numero di nuovi casi nella finestra temporale di un mese
circa, a partire dal giorno dopo l’inizio dell’imposizione dell’uso della mascherina.
Tuttavia, in Italia, al 17 giugno 2020, circa il 66% di nuovi contagi è avvenuto proprio in
Lombardia3, che sappiamo essere stata l’unica Regione ad aver mantenuto costante
l’obbligo delle mascherine dal 4 aprile 2020 “ogniqualvolta ci si rechi fuori
dall’abitazione”. Ci sembra dunque lecito chiederci se effettivamente l’uso obbligatorio
e costante delle mascherine in comunità possa avere avuto un ruolo significativo nel
frenare la curva dei contagi. Considerata la scarsa efficacia dell’uso delle mascherine in
comunità al fine di proteggere gli altri oltre che sé stessi; le difficoltà di gestione,
riutilizzo o smaltimento delle stesse, oltre che il costo per famiglia; e per contro il
disagio soggettivo, i disturbi fisici e il pericolo di autocontaminazione e infezione
conseguenti all’impiego errato o prolungato di dispositivi di protezione facciale, è
essenziale che tale imposizione a presunta tutela dell’interesse collettivo, non trascuri in
alcun modo il corretto bilanciamento tra rischi e benefici dell’uso della mascherina a
tutela della salute di chi la indossa, anzi tale valutazione è a maggior ragione
imprescindibile, e la popolazione va edotta correttamente sui reali effetti e i concreti
pericoli che certe azioni comportano. I pubblici poteri hanno certamente il compito di
assicurare la salute, ma la discrezionalità del legislatore si ferma dinanzi al “ nucleo
incomprimibile” del diritto alla salute del singolo, che nessun’altra necessità o urgenza
può erodere. Il limite del “nucleo intangibile dei diritti fondamentali della persona
umana”, più volte richiamato dalla giurisprudenza4, comporta che i diritti possano essere
compressi senza incorrere in una scelta irragionevole, soltanto qualora la loro
compressione sia “eccezionale, transeunte, non arbitraria, consentanea allo scopo
prefissato, nonché temporalmente limitata”.5
Preghiamo quindi il Presidente Fontana
3
https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorveglianza-integrata-COVID-19_3-giugno-2020.pdf
4
C. Cost. 16 luglio 2013, n. 222
5
Corte Costituzionale, sentt. nn. 245/1997; 299/1999; 223/2012; 310/2012; 304/2013
- di voler indicare quali benefici concreti sono seguiti a tale misura eccezionale,
dal momento che l’obbligo della mascherina ogniqualvolta si esce di casa persiste per i
soli cittadini lombardi dal 5 Aprile 2020 ininterrottamente, a differenza dei cittadini
residenti nelle altre Regioni italiane, dove, in mancanza di ulteriori obblighi di
mascherina, non si registra un rispettivo aumento del contagio;
- di voler meglio specificare quali siano i fondamenti medico-scientifici che
dimostrino che la mascherina d’uso comune “è il principale mezzo attraverso il quale si
evita il contagio”;
- di voler informare correttamente la popolazione sui relativi rischi che l’uso
comune, generalizzato, indiscriminato, continuativo e prolungato della mascherina
comporta, dato che definire la mascherina “fastidiosa ma non così drammaticamente
fastidiosa” sembra del tutto insufficiente, dubbio e verosimilmente arbitrario;
- di indicare quali misure saranno previste per consentire lo smaltimento in
sicurezza delle mascherine usa e getta per limitare il rischio ambientale e di infezione;
- di riferire quali protocolli e quali terapie sono attualmente previste per i malati di
covid19 e in che modo la regione sta provvedendo al reperimento dei farmaci necessari;
- invitiamo infine a tenere debitamente in conto l’opinione di medici, professionisti
e ricercatori che valutano l’uso della mascherina in comunità un rischio maggiore per
la salute fisica e psichica dei cittadini a fronte di benefici trascurabili, oltre che una
misura comunque lesiva della dignità e della libertà dei cittadini; e nelle more, di
sospendere con effetto immediato la suddetta prescrizione in conformità al principio di
precauzione, onde evitare che l’uso prolungato e scorretto della mascherina in comunità
possa aumentare il rischio di malattia piuttosto che ridurlo.
Di seguito un approfondimento sugli studi analizzati. I documenti citati sono a
disposizione su richiesta.
In attesa di cortese riscontro ringraziamo e porgiamo i nostri più
Cordiali saluti
C.I.A.T.D.M.
ADERISCONO AL PRESENTE APPELLO:
COMILVA
LA SCUOLA CHE ACCOGLIE
CReLDIS Coordinamento Regione Lombardia Diritti e Salute
GENITORI NO OBBLIGO LOMBARDIA
associazione medici AMPAS
Sede Presidenza: Via Col Di Lana 3 – 33170 Pordenone – Italy
Cell. 347 . 4528246 - 373 . 8418139
E-mail: ciatdm.presidenza@virgilio.it
aurelia.passaseo@gmail.com
http://ciatdmcoordinamento.altervista.org/
https://www.childrenprotectionworld.org/
APPROFONDIMENTO
Già il DPCM 11 giugno 2020, in vigore fino al 14 luglio 2020, dispone all’art 3 comma 2, “l’obbligo
sull'intero territorio nazionale di usare protezioni delle vie respiratorie nei luoghi al chiuso accessibili al
pubblico, inclusi i mezzi di trasporto e comunque in tutte le occasioni in cui non sia possibile garantire
continuativamente il mantenimento della distanza di sicurezza” per tutta la popolazione eccetto bambini al
di sotto dei sei anni, i soggetti con particolari forme di disabilità e loro accompagnatori. In Regione
Lombardia, il 29 giugno, il presidente Attilio Fontana ha firmato l’Ordinanza n. 573, che integra le misure
approvate dal DPCM dell’11 giugno 2020, e proroga ancora una volta, fino al 14 luglio 2020, l’obbligo di
adottare, ogniqualvolta ci si rechi fuori dall’abitazione, “tutte le misure precauzionali consentite e
adeguate a proteggere sé stesso e gli altri dal contagio, utilizzando la mascherina o, in subordine,
qualunque altro indumento a copertura di naso e bocca”.
Il Presidente della Regione Lombardia ha chiarito come la proroga sull’uso di mascherine in comunità per
evitare una più ampia diffusione del virus, trovi il suo fondamento in un recente studio americano
dell'Università della California, coordinato dal premio Nobel per la chimica Mario J. Molina e pubblicato il
14 maggio 20201, nella quale analisi si prendono in esame le misure adottate dalle regioni del Nord Italia (la
Lombardia ha ordinato la copertura del viso in pubblico a partire dal 6 aprile), dalle autorità italiane (che
hanno imposto l'uso obbligatorio di maschere facciali a livello nazionale il 4 maggio), da New York (i
newyorkesi sono stati obbligati ad usare le maschere facciali in pubblico a partire dal 17 aprile), e dalla
Cina, confrontandole con le sole misure attuate negli Stati Uniti (la distanza sociale, la quarantena e
l'isolamento, senza obbligo di mascherina). Vengono quantificati gli effetti della copertura facciale,
proiettando il numero di infezioni, sulla base dei dati precedenti all'implementazione dell'uso delle maschere
facciali - in Italia il 6 aprile e a New York il 17 aprile – ed osservando poi i dati tra il 17 aprile e il 9 maggio a
NYC, e tra il 5 aprile e il 9 maggio negli Stati Uniti e Italia. Secondo questo studio, dopo che le misure di
quarantena e isolamento delle città sono state attuate in Italia il 9 marzo, la curva delle infezioni non ha
mostrato alcun appiattimento. Le regioni del Nord Italia fortemente colpite dalla COVID-19, come la
Lombardia, hanno ordinato la copertura del viso in pubblico a partire dal 6 aprile, e le autorità italiane hanno
imposto l'uso obbligatorio delle maschere facciali a livello nazionale il 4 maggio. Gli autori riportano che
mentre le curve in Italia hanno mostrato un trend di rallentamento da metà aprile, i numeri nel mondo e negli
Stati Uniti hanno continuato ad aumentare. Sulla base di questi dati, si conclude che “l'uso di maschere
facciali in pubblico corrisponde al mezzo più efficace per prevenire la trasmissione interumana, e questa
pratica poco costosa, in combinazione con test approfonditi, quarantena e tracciamento dei contatti,
rappresenta l'opportunità più probabile per fermare la pandemia COVID-19”. Ci sembra dunque di capire
che a fondamento dell’ordinanza vi sia una analisi che tiene conto di determinati provvedimenti emanati dai
decisori politici, e dell’incremento del numero di nuovi casi nella finestra temporale di un mese circa, a
partire dal giorno dopo l’inizio dell’imposizione dell’uso della mascherina. Ricordiamo che con la prima
ORDINANZA N. 521 del 04/04/20202, Regione Lombardia ha disposto l’obbligo di adottare, ogniqualvolta
ci si rechi fuori dall’abitazione, “tutte le misure precauzionali consentite e adeguate a proteggere sé stessi
e gli altri dal contagio, utilizzando la mascherina o, in subordine, qualunque altro indumento a copertura
di naso e bocca, contestualmente ad una puntuale disinfezione delle mani. In ogni attività sociale esterna
deve comunque essere mantenuta la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro”. Ora,
trascurando l’impatto iniziale dell’ordinanza lombarda e la carenza di mascherine nel primo periodo, se
consideriamo ad esempio il periodo 18-31 maggio 2020, vediamo che complessivamente in Italia sono stati
diagnosticati 6.350 casi, di cui 3603 solo in Lombardia (fonte Epicentro 3); come indicato nello stesso report,
verosimilmente, molti dei casi notificati in queste settimane hanno contratto l’infezione 2-3 settimane prima
(tra il 4 e il 18 maggio 2020, inizio della Fase 2 in Italia con il divieto di assembramento, il distanziamento
interpersonale di almeno un metro e l’obbligo di usare le mascherine). La situazione in Italia al 17 giugno
2020, infine, è questa: 237.828 casi totali dall'inizio della pandemia, di cui 92.302 solo in Lombardia, dove
1 Identifying airborne transmission as the dominant route for the spread of COVID-19
2https://lightstorage.ilcittadinomb.it/mediaon/cms.quotidiani/storage/site_media/media/documents/2020/4/3/pdf/14a3f432-76c311ea-b9d8-b9ea8343022e.pdf
3 https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorveglianza-integrata-COVID-19_3-giugno-2020.pdf
1
si registra un incremento di + 242 CASI TOTALI (rispetto al giorno precedente)4. Quindi, proseguendo
nell’analisi dei contagi, superando cioè la finestra temporale considerata nello studio americano
dell'Università della California, e analizzando il periodo della Fase 2 (da quando cioè in tutta Italia la
mascherina è obbligatoria nei luoghi al chiuso accessibili al pubblico, inclusi i mezzi di trasporto, mentre è
solo fortemente raccomandata in ogni altra situazione), constatiamo che circa il 66% di nuovi contagi è
avvenuto proprio in Lombardia, che sappiamo essere stata l’unica Regione ad aver mantenuto costante
l’obbligo delle mascherine dal 4 aprile 2020 “ogniqualvolta ci si rechi fuori dall’abitazione”. Ci sembra
dunque lecito chiederci se effettivamente l’uso obbligatorio e costante delle mascherine in comunità possa
avere avuto un ruolo significativo nel frenare la curva dei contagi. Del resto, gli stessi autori dello studio
citato riconoscono:
- la necessità di ricerche future per valutare la trasmissione, la trasformazione e la dispersione di
aerosol portatori di virus provenienti dall'atomizzazione umana in diverse condizioni ambientali,
nonché i relativi impatti sull'infettività dei virus
- che è importante comprendere l'atomizzazione umana dei virus trasportati dall'aria: quali sono il
numero e la distribuzione dimensionale degli aerosol nascenti e la carica virale per particella a causa
di tosse/ starnuti?
- Che è imperativo valutare l'inalazione umana di virus aerodispersi: come si depositano gli aerosol
lungo le vie respiratorie e qual è la dose minima di virus trasportati dall'aria necessaria per
l'infezione?
- Che è importante valutare le prestazioni delle maschere facciali per quantificare l'efficienza di
filtrare i virus aerodispersi rilevanti per l'atomizzazione e l'inalazione umana”.
Ora, stando ai limiti della analisi ed anche alle avvertenze degli autori dello stesso studio citato, essendo stato
imposto l’uso obbligatorio della mascherina in comunità anche all’aperto per tutti (eccetto per i minori di
sei anni, disabili e loro accompagnatori); e considerato altresì come la comunità scientifica e medica in
merito all’impiego della mascherina d’uso comune sia oltremodo discorde, e tutt’altro che univoca, sia sui
benefici per la collettività, che sui rischi per i singoli, riteniamo opportuno riportare evidenze non
trascurabili, e rivolgere alcune domande indifferibili e urgenti.
È opinione condivisa che l'uso di mascherine e respiratori medici come dispositivi di protezione individuale
potrebbe ridurre il livello di rischio biologico a cui sono esposti gli operatori sanitari durante lo scoppio di
agenti patogeni altamente diffusi, come il recente SARS-CoV-2; ma vi sono invece opinioni divergenti sul
fatto che indossare mascherine al di fuori delle strutture sanitarie protegga dall'infezione.
Esistono prove limitate e contrastanti riguardo le modalità di trasmissione di virus per contatto diretto,
contatto indiretto, goccioline e aerosol5, sebbene si convenga che la trasmissione avviene a distanza
ravvicinata anziché su lunghe distanze.6 L'evidenza in merito all’efficacia dell'uso della mascherina è
pertanto indissolubilmente legata a fattori di rischio specifici; e gli studi più recenti su mascherine e
respiratori dimostrano che per limitare la trasmissione dei virus, sia in ambito sanitario sia in ambito
comunitario, sia necessario un approccio poliedrico che preveda controlli amministrativi, controlli
ambientali / ingegneristici e anche l'uso di dispositivi di protezione individuale e igiene delle mani. Tuttavia,
la preoccupazione per le politiche e gli orientamenti relativi all'uso della mascherina / respiratore a volte
sembra aver messo in ombra l’importanza di altri importanti controlli. È alquanto singolare che, sebbene
siano necessari sforzi e risorse costanti per valutare l'effetto indipendente di mascherine e respiratori sulla
trasmissione dell'influenza, il loro uso è sempre raccomandato in combinazione con altre misure di
controllo, distanza e igiene delle mani 7. Innanzitutto, selezionare il tipo appropriato di dispositivo di
protezione è della massima importanza per valutarne l’efficacia. È disponibile un'ampia varietà di letteratura
4 http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_notizie_4905_0_file.pdf
5 The use of masks and respirators to prevent transmission of influenza: a systematic review of the scientific evidence
6 Transmission of influenza A in human beings
7 Transmission of influenza A in human beings
2
sulle caratteristiche specifiche dei respiratori, anche se principalmente basata su modelli di infezione da
virus dell'influenza8. Le mascherine chirurgiche sono tradizionalmente utilizzate per proteggere contro la
trasmissione di goccioline di infezioni respiratorie, in cui grandi goccioline spesso cadono a terra a breve
distanza; d'altra parte, i respiratori N95 vengono utilizzati per agenti patogeni presenti nell'aria molto più
piccoli, che possono rimanere sospesi nell'aria per lunghi periodi di tempo. Sebbene gli studi empirici
abbiano supportato la superiorità dei respiratori N95 rispetto alle mascherine chirurgiche in ambienti
simulati, la maggior parte degli studi clinici non dimostra una differenza nei risultati clinici in termini di
prevenzione delle infezioni respiratorie . I respiratori N95 potrebbero conferire una protezione fino a 8-12
volte maggiore rispetto alle mascherine chirurgiche. Tuttavia, questi vantaggi dei respiratori rispetto alle
mascherine chirurgiche in studi di laboratorio attentamente controllati, non sembrano tradursi in una
riduzione del rischio di infezione in contesti del mondo reale9. Esistono alcune prove a supporto dell'uso di
mascherine o respiratori in caso di malattia per proteggere gli altri. Esistono dati non sufficienti per
supportare l'uso di mascherine o respiratori per prevenire l'infezione. Alcuni studi hanno dimostrato i limiti
delle maschere chirurgiche.10 Le mascherine chirurgiche non sono progettate o certificate per prevenire
l'inalazione di piccoli contaminanti presenti nell'aria, quindi non possono essere indicate per proteggere i
lavoratori dagli agenti infettivi presenti nell'aria. 11 12 Ma anche i respiratori con filtro facciale N95, del
resto, potrebbero non raggiungere il livello di protezione atteso da batteri e virus presenti nell'aria. 13
Un’analisi di 10 studi randomizzati controllati pubblicati tra il 1946 e il 2018 che hanno testato l'efficacia
delle maschere facciali (comprese maschere chirurgiche standard e maschere facciali di carta prodotte
commercialmente e progettate per il pubblico) non ha riscontrato una riduzione significativa della
trasmissione dell'influenza. Gli autori hanno anche identificato sette studi condotti in ambito familiare (in
quattro sono state fornite maschere per tutti i membri della famiglia, in uno solo per il membro malato, e in
due solo per i contatti familiari). Nessuno studio ha mostrato una riduzione significativa dell'influenza
confermata in laboratorio grazie alla mascherina facciale. Gli autori hanno concluso che gli studi
randomizzati controllati non hanno supportato un’efficacia sostanziale delle mascherine per il viso nel
limitare la trasmissione dell'influenza.14 In ogni caso, le mascherine mediche monouso in comunità sono
preferibili alle maschere in tessuto, per le quali non esiste alcuna prova di protezione, anzi potrebbero
facilitare la trasmissione di agenti patogeni se utilizzate ripetutamente senza un'adeguata
sterilizzazione.15Alcuni studiosi hanno voluto proprio analizzare se le mascherine di stoffa improvvisate
siano in grado di fornire protezione agli altri da coloro che sono infetti. A tal fine i materiali domestici
comuni sono stati messi alla prova con alte concentrazioni di aerosol batterici e virali per valutare la loro
efficienza di filtrazione. I volontari sono stati invitati a realizzare le proprie mascherine seguendo un
protocollo per la costruzione di una maschera "fatta in casa", basato sul design di una mascherina chirurgica;
8 Medical masks and Respirators for the Protection of Healthcare Workers from SARS-CoV-2 and other viruses
9 Controversies in Respiratory Protective Equipment Selection and Use During COVID-19
10 Effectiveness of Surgical Masks Against Influenza Bioaerosols
11 Respiratory Infection Control: Respirators Versus Surgical Masks
12 Influenza Virus Aerosols in Human Exhaled Breath: Particle Size, Culturability, and Effect of Surgical Masks
13 Respiratory Performance Offered by N95 Respirators and Surgical Masks: Human Subject Evaluation with NaCl Aerosol
Representing Bacterial and Viral Particle Size Range
14 Nonpharmaceutical Measures for Pandemic Influenza in Nonhealthcare Settings-Personal Protective and Environmental
Measures
15 Effectiveness of Masks and Respirators Against Respiratory Infections in Healthcare Workers: A Systematic Review and MetaAnalysis
3
e per determinare in modo comparativo l'efficacia delle mascherine fatte in casa e chirurgiche nel prevenire
la dispersione di goccioline e particelle di aerosol prodotte da chi le indossa, è stato fatto un conteggio
batterico totale comparativo tra quando i volontari hanno tossito indossando la loro maschera fatta in casa,
una maschera chirurgica e nessuna mascherina. Ebbene, questo studio avverte che le mascherine di stoffa
fatte in casa fornirebbero a chi le indossa una scarsa protezione dai microrganismi di altre persone infettate
da malattie respiratorie. Poiché le mascherine facciali di stoffa potrebbero essere utilizzate per aiutare a
proteggere coloro che si trovino potenzialmente a rischio professionale da un contatto ravvicinato o
frequente con pazienti sintomatici, gli autori non raccomandano l'uso di maschere facciali fatte in casa
come metodo per ridurre la trasmissione dell'infezione da aerosol 16. Anche per maschere improvvisate
fatte con panni di tè i risultati sono simili. 17 Le analisi sulle mascherine di stoffa mostrano che il numero di
virus è significativamente più alto rispetto alle mascherine mediche, con una penetrazione nelle maschere di
stoffa da parte delle particelle del 97% rispetto al 44% nelle maschere mediche.18 In conclusione, i risultati
mettono in guardia circa l'uso di maschere in tessuto. Va sottolineato che gli effetti protettivi delle
mascherine facciali sono stati studiati a fondo, ma in condizioni idealizzate o in applicazioni specifiche, ad
esempio negli usi militari o professionali, che comportano la protezione di personale specificamente
addestrato. In questo contesto vi è concordanza nel riconoscere che i respiratori personali conferiscono un
grado di protezione più elevato rispetto alle maschere chirurgiche, e queste ultime un grado di protezione più
elevato rispetto alle mascherine fatte in casa. È possibile tuttavia che il disagio nell'indossare un certo tipo di
maschera porti a una ridotta aderenza e quindi a una perdita di protezione complessiva.19 20 Tutto ciò
premesso, a maggior ragione si pone il problema dell’efficacia dell’uso di maschere nella popolazione
comune durante un'epidemia di una malattia infettiva. Uno studio ha analizzato 28 volontari adulti sani, oltre
a 11 bambini (tra i 5 e gli 11 anni) che hanno indossato diversi tipi di maschere professionali e fatte in casa
durante una serie di attività selezionate, in condizioni diverse, al fine di valutare sia la protezione interna
(ossia l'effetto protettivo della maschera indossata per proteggere chi la indossa dall'ambiente) sia la
protezione esterna (ossia quale protezione i diversi tipi di maschere conferiscono all’ambiente esterno
quando indossate da un paziente infetto, anche se il paziente in questo studio viene simulato con una testa
meccanica). Ebbene, questo studio conclude che quanto a protezione interna, le maschere FFP2 forniscono
agli adulti una protezione circa 50 volte superiore a quella delle maschere fatte in casa, e 25 volte superiore a
quella delle maschere chirurgiche. L'aumento della protezione per i bambini è stato meno marcato: i
bambini erano significativamente meno protetti degli adulti. Quanto all'efficacia di diversi tipi di
maschere nel ridurre la trasmissione in uscita da un soggetto infetto che sparge particelle aerosolizzate, lo
studio dimostra che le maschere fatte in casa fornivano solo una protezione marginale, mentre non vi
era differenza tra maschera chirurgica e maschera FFP2. 21 In conclusione, rimane un divario sostanziale
nella letteratura scientifica sull'efficacia delle mascherine facciali per ridurre la trasmissione dell'infezione da
virus. Mentre ci sono alcune prove sperimentali che le mascherine potrebbero essere in grado di ridurre
l'infettività in condizioni controllate, ci sono meno prove del fatto che ciò si traduca in efficacia in contesti
naturali22.
16 Testing the Efficacy of Homemade Masks: Would They Protect in an Influenza Pandemic?
17 Professional and home-made face masks reduce exposure to respiratory infections among the general population.
18 A cluster randomised trial of cloth masks compared with medical masks in healthcare workers
19 Modeling control strategies of respiratory pathogens.
20 Protecting health care workers from SARS and other respiratory pathogens: a review of the infection control literature.
21 Professional and Home-Made Face Masks Reduce Exposure to Respiratory Infections Among the General Population
22 Face masks to prevent transmission of influenza virus: A systematic review
4
Cosa sappiamo fino ad ora specificamente su SARS-COVID-2.
Sono molte le questioni che restano ancora aperte sulla nuova pandemia da Coronavirus o Sars-CoV-2. I dati
recenti confermano una mortalità pari a circa il 2% degli ammalati, ma potrebbe essere molto più bassa data
la difficoltà di registrare con precisione il numero degli infetti ancora asintomatici o con sintomi simil
influenzali lievi. L'aumento della temperatura e la luce del sole possono facilitare la distruzione della
SARS-COV-2 e la sua stabilità sulle superfici. Il virus è altamente stabile a 4°C, ma sensibile al calore. 23
SARS-CoV-2 è anche suscettibile ai metodi di disinfezione standard. 24 È stata indagata la stabilità di questo
virus su diverse superfici. Tuttavia, questa presenza del virus non riflette necessariamente la possibilità di
raccogliere il virus da un contatto casuale. 25 Sorprendentemente, un livello rilevabile di virus infettivo
potrebbe essere ancora presente sullo strato esterno di una mascherina chirurgica fino a 7 giorni dopo
la contaminazione, mentre nello strato interno delle mascherine chirurgiche fino a 4 giorni dopo.26
Vi è consenso sul fatto che SARS-CoV-2 si diffonde principalmente attraverso grandi goccioline e
contatti ravvicinati. Il tempo di evaporazione di una gocciolina è un parametro critico in quanto determina la
durata per la quale è possibile la diffusione dell'infezione dalla gocciolina ad un'altra persona che entra in
contatto con la gocciolina. Il virus ha bisogno di un mezzo per rimanere vivo; pertanto, una volta che la
gocciolina è evaporata, non ci si aspetta che il virus sopravviva. Secondo un recente studio, il Coronavirus
può restare sulle superfici dai 3 secondi ai 2 minuti, finché le goccioline di saliva – o droplet – che lo
contengono non evaporano, un tempo che varia anche in funzione dei materiali, ed è inversamente
proporzionale alla temperatura. Il tempo di asciugatura aumenta con l'aumento dell'umidità, ma diminuisce
con l'aumento della temperatura ambiente, tuttavia, le sue possibilità di sopravvivenza diminuiscono se il
virus è trasportato dall'aria. 27 Il dibattito sul ruolo dell'aerosol è ancora in corso. La plausibilità biologica
sarebbe supportata dai dati per SARS-CoV-2 aerosolizzati e dati preclinici che mostrano il rilevamento
dell'RNA del coronavirus negli aerosol fini, sebbene la rilevazione dell'RNA non implichi necessariamente la
replicazione e che il virus sia idoneo per l'infezione. Tuttavia, non esistono dati a supporto del virus vitale
nell'aria al di fuori delle procedure di generazione di aerosol dagli studi ospedalieri disponibili. 28 Fino ad ora
non sono ancora state segnalate emissioni di SARS-CoV-2 nell'aria. Sulla base delle prove disponibili, non si
ritiene che la diffusione nell'aria sia una delle principali vie di trasmissione.29 Alcune ricerche segnalano
che i pazienti appena infettati non presentano sintomi clinici e proprio per questo potrebbero essere fonte di
diffusione e trasmissione del SARS-CoV-2. Questa trasmissione potrebbe avvenire attraverso lo starnuto, la
tosse, il parlare con altre persone a distanza ravvicinata, e attraverso il flusso d'aria viziata. 30 31 È stata
dimostrata la trasmissione da persona a persona, ma la trasmissione del nuovo coronavirus che causa la
23 The role of environmental factors to transmission of SARS-CoV-2 (COVID-19)
24 Stability of SARS-CoV-2 in different environmental conditions
25 Stability of SARS-CoV-2 in different environmental conditions
26 Stability of SARS-CoV-2 in different environmental conditions
27 Likelihood of survival of coronavirus in a respiratory droplet deposited on a solid surface
28 Physical distancing, face masks, and eye protection to prevent person-to-person transmission of SARS-CoV-2 and COVID-19: a
systematic review and meta-analysis
29 The role of environmental factors to transmission of SARS-CoV-2 (COVID-19)
30 Novel Coronavirus disease 2019 (COVID-19): The importance of recognising possible early ocular manifestation and using
protective eyewear. London: BMJ Publishing Group Ltd
31 Suggestions from ophthalmic experts on eye protection during the novel coronavirus pneumonia epidemic. Soc Public Health
Ophthalmol
5
malattia di coronavirus 2019 (COVID- 19) da un portatore asintomatico con normali reperti di tomografia
computerizzata al torace (CT) non è stata riportata. 32 Si ritiene che indossare una maschera medica sia una
delle misure di prevenzione che potrebbero limitare la diffusione di COVID-19. Tuttavia, l'uso di una
mascherina da solo non è sufficiente a fornire un adeguato livello di protezione, e dovrebbero essere adottate
anche altre misure. Sia che si utilizzino o meno mascherine, il massimo rispetto dell'igiene delle mani e di
altre misure IPC è fondamentale per prevenire la trasmissione da uomo a uomo di COVID-19. 33 In realtà una
revisione sistematica di 172 studi su COVID-19, SARS e MERS che analizza gli effetti di diverse misure
come la distanza di 1m o l’uso di mascherine, conclude che nessuno di questi interventi ha offerto una
protezione completa dalle infezioni e il loro ruolo ottimale potrebbe richiedere una valutazione del rischio e
diverse considerazioni contestuali. 34 L'uso di mascherine non standard può anche aggravare l'incidenza
della SARS-CoV-2.35
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, in un documento pubblicato il 6 aprile 2020 dichiara che
“...attualmente non ci sono prove che indossare una maschera (medica o di altro tipo) da parte di persone
sane in un contesto di comunità più ampio, incluso l’uso universale della mascherina in comunità, possa
impedire loro di contrarre virus respiratori, incluso COVID-19". Tuttavia, sebbene l'OMS non abbia
raccomandato l'uso di mascherine per la popolazione generale, in Cina, Corea del Sud e Repubblica Ceca
sono state usate comunemente, e ciò ne ha incoraggiato il loro impiego diffuso anche in altri Paesi, dove, per
far fronte alla pandemia, i protocolli sanitari adottati sul posto di lavoro e a casa hanno compreso misure di
distanza, igiene e uso di dispositivi di protezione individuale come le mascherine, anche se non certificate 36.
Il DPCM 11 giugno 2020 ribadisce che “possono essere utilizzate mascherine di comunità, ovvero
mascherine monouso o mascherine lavabili, anche auto-prodotte, in materiali multistrato idonei a fornire
una adeguata barriera e, al contempo, che garantiscano comfort e respirabilità, forma e aderenza adeguate
che permettano di coprire dal mento al di sopra del naso”. La mascherina di comunità si aggiunge alle altre
misure di protezione (come il distanziamento fisico e l'igiene costante e accurata delle mani) che restano
invariate e prioritarie (comma 4). La stessa regione Lombardia prescrive un generico obbligo di utilizzo della
mascherina o di altre protezioni. Leggiamo testualmente: “Ogniqualvolta ci si rechi fuori dall’abitazione,
vanno adottate tutte le misure precauzionali consentite e adeguate a proteggere sé stessi e gli altri dal
contagio, utilizzando la mascherina o, in subordine, qualunque altro indumento a copertura di naso e
bocca, contestualmente ad una puntuale disinfezione delle mani. In ogni attività sociale esterna deve
comunque essere mantenuta la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro.” Se, come
premesso, l’efficacia dell’uso delle mascherine dipende fortemente dal tipo di mascherina utilizzato, posto
che oggetto dell’obbligo è l’utilizzo della mascherina o di altre protezioni, deduciamo che la scelta del
dispositivo resti in capo al singolo cittadino; ma, come evidenziato, “valutare le prestazioni delle
mascherine facciali per quantificare l'efficienza di filtrare i virus aerodispersi” è un aspetto tutt’altro
che trascurabile, anzi appare del tutto cruciale, sia per la protezione di chi la indossa che per la protezione
degli altri; eppure viene lasciato alla responsabilità individuale di ciascuno. Nell’ALLEGATO 1
all’ordinanza di Regione Lombardia (NUOVO CORONAVIRUS SARS-COV-2 - LINEE GUIDA PER LA
RIAPERTURA DELLE ATTIVITÀ ECONOMICHE, PRODUTTIVE E RICREATIVE), sebbene tra le
indicazioni sia previsto anche l’utilizzo della mascherina, quanto al tipo specifico da indossare non vi è
alcuna menzione in alcun settore, eccetto che per i servizi di estetica e trattamenti alla persona (in caso di
erogazione della prestazione a distanza ravvicinata l’operatore deve indossare mascherina FFP2 senza
valvola) e per le aree giochi per bambini, dove riguardo la mascherina di protezione delle vie aeree - che
32 Presumed Asymptomatic Carrier Transmission of COVID-19
33 Advice on the use of masks in the context of COVID-19
34 Physical distancing, face masks, and eye protection to prevent person-to-person transmission of SARS-CoV-2 and COVID-19: a
systematic review and meta-analysis
35 The role of environmental factors to transmission of SARS-CoV-2 (COVID-19)
36 Disposable Masks: Disinfection and Sterilization for Reuse, and Non-Certified Manufacturing, in the Face of Shortages During
the COVID-19 Pandemic
6
deve essere utilizzata da genitori, accompagnatori ed eventuale personale, e dai bambini e ragazzi sopra i 6
anni di età – si indica solo di “Privilegiare mascherine colorate e/o con stampe”. Ma se la mascherina è
stata resa obbligatoria in quanto ritenuta un complemento fondamentale per tutelare la salute non solo di chi
la indossa ma anche degli altri, può tale scopo essere raggiunto indossando una “mascherina” (e dunque
qualsiasi mascherina, ossia anche una mascherina con scarsa efficacia o efficacia nulla), o, addirittura, “in
subordine, qualunque altro indumento a copertura di naso e bocca”?
Sebbene vengano frequentemente utilizzate alcune protezioni alternative alle maschere mediche standard (ad
es. maschera di stoffa, sciarpa, maschere di carta, stracci legati sul naso e sulla bocca), non sono disponibili
informazioni sufficienti sulla loro efficacia. 37 Di recente, una prestampa di una revisione sistematica
pubblicata il 6 aprile 2020 ha esaminato le prove scientifiche esistenti sullo sviluppo di malattie respiratorie
legate all'uso di mascherine in contesti comunitari per valutare se indossare una mascherina facciale o
un'altra barriera (occhiali, scudo, velo) impedisce la trasmissione di malattie respiratorie come
coronavirus, rinovirus, tubercolosi o influenza. Gli autori hanno scoperto che, nel complesso, la mascherina
indossata sia in comunità che dai membri infetti all'interno delle famiglie, sembrava produrre riduzioni
piccole ma statisticamente non significative dei tassi di infezione; per cui concludono che se è
proporzionato l'uso di mascherine facciali per brevi periodi di tempo da parte di individui particolarmente
vulnerabili in situazioni transitorie a rischio più elevato, non vi sono invece prove per supportare l'uso
diffuso di mascherine come misura protettiva contro covid-19. 38 39 Tuttavia, molte persone potrebbero
voler indossare maschere in ambito domestico o comunitario, in particolare se sono a stretto contatto con una
persona con sintomi simil-influenzali, ad esempio mentre forniscono assistenza ai familiari. L'uso e lo
smaltimento corretti delle protezioni per il viso sono essenziali per garantire che tali protezioni siano
potenzialmente efficaci e per evitare qualsiasi aumento del rischio di trasmissione associata all'uso errato di
tali protezioni. L'uso errato di una maschera, infatti, può concretamente aumentare il rischio di
trasmissione anziché ridurla. In comunità, in ogni caso, i vantaggi di indossare maschere non sono stati
stabiliti, specialmente in aree aperte, al contrario di spazi chiusi a stretto contatto con una persona con
sintomi simil-influenzali.40
Dato l’obbligo, la popolazione generale sarà indotta ad usare protezioni d’uso comune, e ciò a maggior
ragione dovrebbe implicare che le Istituzioni che impongono l’uso obbligatorio di un dispositivo di
protezione, abbiano contestualmente il DOVERE DI INFORMARE in maniera esatta sulla differenza tra i
vari tipi di mascherine in commercio, e abbiano altresì il DOVERE DI RENDERE NOTO che in generale
le revisioni scientifiche in cui sono state analizzate le principali pubblicazioni e altre informazioni disponibili
online, concludono che l'efficacia delle mascherine di stoffa o non certificate, e di protezioni comuni,
risulta essere molto bassa o del tutto insignificante. 41 Ciò è importante innanzi tutto per non ingenerare un
falso senso di sicurezza, che induca a una potenziale riduzione dell'osservanza di altre misure. 42 Inoltre,
esaltare oltremodo l’importanza della mascherina per tutelare sé stessi e gli altri, raccomandandone l’uso o
obbligando tutta la popolazione, potrebbe generare in soggetti vulnerabili condizionamenti psicologici,
ossessione per l’igiene e paura del “nemico invisibile”, oltre che fomentare ingiustificati timori, disagio o
anche ansia legata alla propria sopravvivenza qualora si fosse circondati da persone senza mascherina 43,
37 Advice on the use of masks in the community setting in Influenza A (H1N1) outbreaks
38 Facemasks and similar barriers to prevent respiratory illness such as COVID-19: A rapid systematic review
39 Covid-19: What is the evidence for cloth masks?
40 Advice on the use of masks in the community setting in Influenza A (H1N1) outbreaks
41 Disposable Masks: Disinfection and Sterilization for Reuse, and Non-Certified Manufacturing, in the Face of Shortages During
the COVID-19 Pandemic
42 Advice on the use of masks in the context of COVID-19
7
mettendo di fatto a dura prova la convivenza sociale con conseguenze psicocopatologiche soggettive
drammatiche e irreversibili.44
È superfluo ricordare che la Salute va intesa come stato di benessere fisico e psichico, e non solo assenza di
malattia, pertanto è dovere delle Istituzioni promuovere, tutelare e proteggere il benessere psico-fisico
individuale e sociale dei cittadini, e rendere di fatto consapevole la popolazione intera dei reali effetti e dei
concreti pericoli che certe azioni hanno e potranno avere nel lungo periodo.
È risaputo che la protezione dei respiratori è un campo complesso che coinvolge una serie di fattori, come
l'efficienza del materiale filtrante del respiratore, la conformità facciale, la manutenzione, la conservazione e
il riutilizzo dei respiratori. Ora, l’obbligo, o la raccomandazione, di mascherine per tutta la popolazione, in
maniera prolungata e continuativa, ha come conseguenza che l’approvvigionamento delle mascherine sia
difficoltoso e anche particolarmente costoso se consideriamo il carico di spesa per una famiglia media, e ciò
di conseguenza si traduce in un incentivo al loro riutilizzo. La manutenzione, la conservazione e la
decontaminazione del respiratore sono fattori importanti da considerare quando si riutilizzano i respiratori. il
riutilizzo dei filtri respiratori esposti ai microrganismi necessita di un'attenta considerazione. 45 Numerosi
studi hanno esaminato le preoccupazioni relative alla sopravvivenza batterica nei filtri respiratori,
concludendo che esiste un potenziale problema di salute qualora i respiratori venissero riutilizzati 46.
Non esistono molte prove sulle strategie di conservazione che potrebbero aiutare a conservare i dispositivi di
protezione individuale durante le carenze di emergenza. 47
Vi è del resto da considerare l’impatto ambientale. I ricercatori britannici ad esempio, hanno calcolato che,
se l'intera popolazione del Regno Unito utilizzasse una mascherina monouso al giorno per un anno, si
creerebbe un rischio ambientale significativo, ovvero 66.000 tonnellate l’anno di rifiuti di plastica
contaminati e non riciclabili, e un impatto dieci volte maggiore sul cambiamento climatico rispetto
all'utilizzo di maschere riutilizzabili. 48 Lo smaltimento di mascherine obbligatorie in comunità può diventare
un rischio ambientale e di infezione. Sono quindi preferibili le maschere riutilizzabili piuttosto che quelle
usa e getta, a causa delle implicazioni ambientali derivanti dall'uso e dallo smaltimento delle maschere
monouso.
L’imposizione di un obbligo non può pertanto prescindere anche da un'analisi in termini di costi/efficacia
delle mascherine, e del loro riutilizzo, tanto più se i benefici delle maschere di stoffa sono discutibili, e i
rischi sulla salute non minimizzabili. Lo stesso European Centre for Disease Prevention and Control, in un
suo recente documento “Using face masks in the community” del 8 aprile 2020 49 ha precisato che: “ Esiste il
rischio che la rimozione impropria della maschera, la manipolazione di una maschera contaminata o una
maggiore tendenza a toccare il viso mentre si indossa una maschera da parte di persone sane possano
effettivamente aumentare il rischio di trasmissione”, e prescrive, in ogni caso, le modalità corrette di
utilizzo delle mascherine, ovvero:
43 Universal Masking in Hospitals in the Covid-19 Era
44
L'allarme di psicologi e psichiatri sul periodo Covid-19 e sulla sua
fbclid=IwAR3COMt7o3oWAeJJCP0mQvC0cCaLwNwd4guy3zuS_vIIgvhGSzgwR9_7uEY
gestione.https://comunicatopsi.org/?
45 Respiratory Protection Against Bioaerosols: Literature Review and Research Needs
46 Respiratory protection against bioaerosols: Literature review and research needs
47 Medical masks and Respirators for the Protection of Healthcare Workers from SARS-CoV-2 and other viruses
48 The environmental dangers of employing single-use face masks as part of a COVID-19 exit strategy
49 https://www.ecdc.europa.eu/sites/default/files/documents/COVID-19-use-face maskscommunity.pdf
8
- Posizionare la mascherina con attenzione, assicurandosi che copra la bocca e il naso, e legarla bene per
ridurre al minimo qualunque apertura tra il viso e la mascherina.
- Evitare di toccare la mascherina mentre la si indossa.
- Rimuovere la mascherina utilizzando la giusta tecnica: non toccare la parte anteriore della mascherina
ma slegarla da dietro.
- Dopo averla rimossa o ogni qualvolta una mascherina usata sia stata toccata inavvertitamente, lavare
le mani con un apposito prodotto a base alcolica oppure con acqua e sapone se le mani sono visibilmente
sporche.
- Appena risulta umida, sostituire la mascherina con una mascherina nuova, pulita e asciutta.
- Non riutilizzare le mascherine monouso.
- Eliminare le mascherine monouso dopo ogni utilizzo e smaltirle immediatamente dopo averle rimosse.
Da quanto appena esposto è veramente difficile ipotizzare un uso corretto delle mascherine da parte della
popolazione in contesti ordinari. Nell’ordinanza di regione Lombardia citata, leggiamo ad esempio che per
coloro che svolgono intensa attività motoria o intensa attività sportiva, l’uso della mascherina è
obbligatorio “alla fine dell’attività stessa”; e nell’ALLEGATO 1 all’ordinanza menzionata leggiamo, ad
esempio, che nell’ambito della Ristorazione, i clienti dovranno indossare la mascherina “tutte le volte che
non sono seduti al tavolo”; o che in contesti musicali la mascherina “potrà essere tolta durante
l’esecuzione della prestazione artistica” etc… È evidente che la mascherina andrà tolta, riposta e poi
indossata nuovamente, o eventualmente gettata; in ogni caso, è indubbio che in contesti reali (pensiamo a chi
lavora nei cantieri, nelle fabbriche, nei magazzini…) potrebbero sorgere difficoltà nel maneggiare la propria
mascherina in sicurezza… E se ciò appare già normalmente difficoltoso per un adulto, a maggior ragione lo
sarebbe per i minori, seppur di età superiore ai sei anni. Queste operazioni potrebbero rivelarsi oltremodo
complesse ad esempio nelle aree giochi per bambini o nei centri estivi (oratori o comunali): cosa succede se
un bambino tocca la propria mascherina, o inavvertitamente la mascherina di un compagno? Quali rischi
corre il bambino che inevitabilmente finisce per sollevare o scostare la propria mascherina più volte ad
esempio per bere, parlare, riposizionare gli occhiali… A chi spetta vigilare sulla corretta gestione della
mascherina? La responsabilità ricade sul minore stesso? Un Progetto di prevenzione dell'influenza che ha
esaminato 134 insegnanti e 151 genitori di nove scuole elementari circa l’atteggiamento nei confronti di
interventi non farmaceutici (mascherine, guanti, igiene delle mani ecc.) e il loro impiego da parte di adulti e
bambini in età scolare durante epidemie stagionali, conclude che, mentre pratiche generali - come coprire la
tosse, lavarsi le mani e usare disinfettante per le mani - erano altamente accettabili per entrambi i gruppi,
l’impiego in sicurezza di maschere e guanti, invece, si è rivelato irrealizzabile nel concreto. 50 È noto inoltre
come il rischio di compromissione di aspetti cognitivi, emotivi e relazionali nei bambini conseguenti
all’uso continuo della mascherina sia molto alto, mentre il rischio di contagio per e da parte dei bambini è
molto basso. L'infezione in età pediatrica infatti sembra essere più rara e/o più lieve. Un primo studio
del New England Journal of Medicine su 425 soggetti infettati dal covid-19 non riportava nessun caso di
infezione sotto i 15 anni di età. Gli autori sostengono che "i bambini potrebbero avere avuto meno
probabilità di contrarre l'infezione o, se infetti, potevano mostrare sintomi più lievi" rispetto agli adulti.
Prescindendo quindi da una ipotetica seppur minima efficacia della mascherina in contesti controllati, non è
possibile trascurare come, quando si è utenti di servizi, o impiegati nelle diverse e complesse attività
lavorative - quando cioè le condizioni impediscono fattivamente una gestione in sicurezza – l’uso nel
concreto di protezioni facciali sia non solo inattuabile, ma anche potenzialmente dannoso . È noto infatti che
le mascherine possono essere una potenziale fonte di proliferazione batterica che porta ad un aumento del
rischio di infezione. La fonte di contaminazione batterica risulta essere la superficie del corpo di chi la
indossa.51 Inoltre, gli agenti patogeni respiratori trasportati dall'aria possono depositarsi sulla superficie
degli strati delle maschere usate. La deposizione accumulata di patogeni respiratori su DPI da un lungo
periodo di utilizzo, potrebbe causarne l'autocontaminazione.52 Studi pilota che hanno esaminato le particelle
virali lasciate sulle mascherine chirurgiche dopo essere state indossate per interi turni (o purché tollerate),
riferiscono che sulle mascherine sono state rilevate particelle virali che possono aumentare il rischio di auto50 Using Nonpharmaceutical Interventions to Prevent Influenza Transmission in Elementary School Children: Parent and Teacher
Perspectives
51 Surgical masks as source of bacterial contamination during operative procedures
52 Controversies in Respiratory Protective Equipment Selection and Use During COVID-19
9
contaminazione. Il rischio è tanto maggiore quanto maggiore è la durata dell'uso della mascherina. 53 Esiste,
dunque, il rischio concreto, che la mascherina, da presidio di sicurezza, si trasformi in potenziale fonte di
infezione e veicolo di contagio. Tutti dovrebbero essere consapevoli di questi rischi per proteggere sé stessi
e le persone che li circondano.
Segnaliamo infine come l’uso prolungato della mascherina incida significativamente sullo stato di salute di
chi la indossa, con conseguenze tutt’altro che irrilevanti. L'uso di una mascherina in operatori sanitari ha
mostrato sintomi di claustrofobia, disturbi respiratori, disagio, irritazione cutanea, pressione sul viso,
difficoltà di comunicazione e mal di testa. 54 55 I livelli di CO2 possono aumentare significativamente, con
conseguente percezione di mancanza d’aria e vertigini.56 In una analisi cui hanno partecipato 212 (47
uomini e 165 donne) operatori sanitari di età media di 31 anni, 79 (37,3%) intervistati riferisce mal di testa
associati a maschere facciali; 26 (32,9%) hanno segnalato una frequenza di cefalea superiore a sei volte al
mese; sei (7,6%) hanno preso un congedo per malattia (media 2 giorni; range 1-4 giorni) e 47 (59,5%) hanno
richiesto l'uso di analgesici a causa della cefalea; quattro (2,1%) hanno assunto farmaci preventivi per il mal
di testa.57 Inoltre, la temperatura del microclima, l'umidità e la temperatura della pelle all'interno della
maschera facciale aumentano con l'inizio dell'esercizio fisico, con conseguente percezione di umidità,
calore e alta resistenza respiratoria tra i soggetti che indossano le maschere. L'elevata resistenza
respiratoria quando si indossa la mascherina, rende difficile la respirazione del soggetto e l'assunzione di
ossigeno sufficiente. La carenza di ossigeno stimola il sistema nervoso simpatico e comporta un aumento
della frequenza cardiaca.58 Uno studio che ha esaminato le risposte fisiologiche e soggettive di uomini sani,
che hanno eseguito il lavoro indossando la mascherina, avverte che l’aumento della frequenza cardiaca, della
temperatura della pelle e il disagio soggettivo possono comportare un notevole stress aggiuntivo per chi
indossa la mascherina, e potrebbero ridurre la tolleranza al lavoro. 59 Non è escluso, dunque, che i bambini in
particolare, ma anche alcune particolari categorie di cittadini - ad esempio, chi soffre di disturbi respiratori
preesistenti, o altre patologie – possano correre dei rischi maggiori e andare incontro a ulteriori problemi in
seguito ad un uso prolungato delle mascherine. Tali avvertenze sono state del resto segnalate anche da
accreditata dottrina medica: il dott. Antonio Lazzarino, epidemiologo presso l’University College London, ha
in particolare evidenziato i possibili effetti derivanti da un uso inappropriato delle mascherine: aumento dei
rischi di infezione per sé e per gli altri, difficoltà respiratorie, peggioramento della dispnea a causa della
inalazione di CO2, peggioramento delle condizioni cliniche di soggetti infetti a causa del continuo
ricircolo respiratorio dei propri virus.60 Su tale ultimo aspetto si segnala il recente scritto del dott. Alberto
Donzelli, specialista in igiene e medicina preventiva, il quale evidenzia – tra l’altro - che in soggetti infetti
inconsapevoli, in cui l’emissione di virus è massima nei due giorni precedenti i sintomi, la mascherina
obbliga a un continuo ricircolo respiratorio dei propri virus, aggiungendo la resistenza all’esalazione, con
concreto rischio di spingere in profondità negli alveoli una carica virale elevata, che poteva essere
53 Chughtai AA, Stelzer-Braid S, Rawlinson W, et al. Contamination by respiratory viruses on outer surface of medical masks used
by hospital healthcare workers. BMC Infect Dis.
54 Clinician perceptions of respiratory infection risk; a rationale for research into mask use in routine practice. Infect Dis Health
55 Contamination by respiratory viruses on outer surface of medical masks used by hospital healthcare workers
56 Physiologic and Other Effects and Compliance With Long-Term Respirator Use Among Medical Intensive Care Unit Nurses
57 Headaches and the N95 face‐mask amongst healthcare providers
58 Effects of wearing N95 and surgical facemasks on heart rate, thermal stress and subjective sensations
59 Effects of thermal environment and chemical protective clothing on work tolerance, physiological responses, and subjective
ratings. Ergonomics
60 Face masks for the public during the covid-19 crisis
10
sconfitta dalle difese innate se avesse impattato solo con le vie respiratorie superiori. Per chi indossasse le
mascherine molto a lungo, questo sembra un rischio assolutamente sproporzionato rispetto a quello di un
contatto occasionale in strada/fuori casa con altri, che all’aperto, in base alle attuali conoscenze, non ha
possibilità logiche né riconosciute di causare infezione.
Ogni eventuale imposizione, obbligo o limitazione a tutela dell’interesse collettivo, considerata la scarsa
efficacia dell’uso delle mascherine al fine di proteggere gli altri, non può in alcun modo trascurare il corretto
bilanciamento tra rischi e benefici dell’uso della mascherina a tutela della salute di chi la indossa, anzi tale
valutazione è a maggior ragione imprescindibile.
In questi ultimi giorni numerosi virologi e medici stanno sostenendo che il virus si è indebolito avendo perso
la propria carica virale. 61 Alla luce di ciò, appare quanto meno imprudente obbligare o raccomandare l’uso
della mascherina in comunità per la totalità della popolazione, che dovrebbe indossarla per molte ore al
giorno, nella quasi certezza di una non corretta gestione della stessa e in presenza di non trascurabili rischi di
infezione per sé e per gli altri.
I documenti citati sono a disposizione su richiesta.
61 Prof. Alberto Zangrillo - Direttore terapia intensiva Ospedale San Raffaele, Milano; Prof. Massimo Clementi - Direttore del
Laboratorio di Microbiologia e Virologia, Ospedale San Raffaele, Milano; Prof. Pasquale Mario Bacco – Meleam; Prof. Guido
Silvestri - Capo dipartimento di Patologia all'Università Emory di Atlanta; Prof. Giuseppe Remuzzi - Direttore dell'Istituto di
Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS; Prof. Giulio Tarro; Prof De Donno - Primario del reparto di Pneumologia
dell'Ospedale Carlo Poma; Dott. Maurizio Borghetti, Ospedale di Crema; Prof. Massimo Ciccozzi, epidemiologo dell'Università
Campus Bio-Medico di Roma; Prof. Carmelo Iacobello, direttore di Malattie infettive dell’ospedale Cannizzaro di Catania.
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Libri e riviste
13 Luglio 2020
lettera invito al trattamento dati nel rispetto del reg_to UE e della L 119.pdf534.47 KB, lettera DS Segnalazione URGENTE in materia di protezione di dati sensibili.pdf393.46 KB
lettera invito al trattamento dati nel rispetto del reg_to UE e della L 119.pdf, lettera DS Segnalazione URGENTE in materia di protezione di dati sensibili.pdf
07 Luglio 2020
AVVERTENZE:
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Utilizzare (copia/incolla) la parte del documento sottostante la
simbologia del taglio (
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LETTERA DIFFIDA VERSO LA SCUOLA: NO AL TRATTAMENTO
ILLECITO DEI DATI SENSIBILI NELLE SCUOLE, INCLUSA LA
TRASMISSIONE DEI DATI STESSI VERSO LE ASL
!.....................................................................................................................
Mittente
Racc. A/R o Pec
Spett.le ISTITUTO SCOLASTICO
In persona del rappresentate legale pro
tempore e del responsabile del
trattamento dati sensibili
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(Indirizzo)
.........................................
(CAP)
....................
(Città)
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OGGETTO: TRATTAMENTO DATI NEL RISPETTO DEL REG.TO UE 2016/679 E DEL D.L.
73/2017 COME CONVERTITO DALLA L. 119/2017.
Egregio sig./Gent.ma sig.ra NOME DEL DIRIGENTE,
scriviamo la presente, a complemento della documentazione già depositata presso
codesta Illustrissima Istituzione ai sensi e per gli effetti del D.L. 73/17 come
convertito dalla la L. 119/2017, ben comprendendo la necessità per la scuola di
applicare le disposizioni di legge.
Desideriamo tuttavia rappresentare le nostre preoccupazioni in merito alle modalità
di raccolta, conservazione e trattamento della documentazione in oggetto e delle
informazioni ivi contenute, nonché, in merito alle modalità di scambio dati e
informazioni tra l'Istituzione Scolastica/Servizio Educativo e l'azienda sanitaria locale
al fine di assicurare che il trattamento dei dati sullo stato vaccinale dei bambini
venga effettuato nei limiti espressamente previsti dalla legge, onde evitare che la
riservatezza di tali dati possa essere compromessa o che possano verificarsi
comportamenti discriminatori, anche in considerazione del fatto che le informazioni
contenute nella documentazione di cui si tratta costituiscono dati sensibili.
Per questo motivo, desideriamo portare alla Vostra cortese attenzione le seguenti
considerazioni:
1) In merito alla ricezione, alla conservazione ed al trattamento dei dati sensibili, ai
sensi della vigente normativa in materia di trattamento e protezione dei dati
personali e sensibili, così come integrata dal Reg.to UE 2016/679:
"
Le attività di trattamento dei dati devono essere sottoposte a idonee
misure di sicurezza finalizzate a prevenire violazioni dei diritti, delle libertà
fondamentali e della dignità dell’interessato – tra le quali devono ritenersi
senz’altro compresi eventuali atti discriminatori, ivi incluse attività
didattiche potenzialmente idonee a svelare pubblicamente lo stato
vaccinale degli alunni – oltre che a garantire la riservatezza dei dati
medesimi;
"
Solamente i soggetti a tal fine espressamente e formalmente incaricati
dalla Scuola potranno procedere ad attività di raccolta e custodia dei dati
sullo stato vaccinale dei bambini e in nessun caso essi potranno procedere
a svelarne il contenuto a terzi;
2) In merito alla trasmissione e comunicazione dei dati sensibili tra l'istituzione
scolastica e le aziende sanitarie locali, ai sensi della vigente normativa in materia di
trattamento e protezione dei dati personali e sensibili, così come integrata dal
Reg.to UE 2016/679:
" L'Art. 3 bis L. 119/2017 disciplina le procedure relative allo scambio di
dati ed informazioni tra istituzioni scolastiche ed aziende sanitarie locali
in relazione agli adempimenti vaccinali;
" Per l'effetto, i dirigenti scolastici avrebbero dovuto trasmettere entro il
10 marzo alle competenti aziende sanitarie l'elenco degli iscritti per il
nuovo anno scolastico. Le stesse aziende sanitarie avrebbero poi
dovuto procedere, entro il 10 giugno, a restituire alle istituzioni
scolastiche ed educative gli elenchi degli iscritti da queste ultime
previamente fornitigli, completandoli con l'indicazione dei soli soggetti
non in regola con gli adempimenti vaccinali (secondo le indicazioni della
Circolare Congiunta MIUR – Ministero della Salute in data 27/02/2018,
con l'indicazione “a) 'non in regola con gli obblighi vaccinali'; b) 'non
ricade nelle condizioni di esonero, omissione o differimento'; c) 'non ha
presentato formale richiesta di vaccinazione'”); i dirigenti scolastici
avrebbero dovuto esortare, entro i 10 giorni successivi, i genitori dei
soli minori segnalati dalle ASL come “non in regola con gli obblighi
vaccinali” a depositare (entro il 10 luglio) la documentazione necessaria
a comprovare l'intervenuta effettuazione delle vaccinazioni, ovverosia
l'esonero, l'omissione o il differimento, oppure la presentazione della
formale richiesta di vaccinazione entro il 20 luglio; i dirigenti scolastici
avrebbero infine dovuto procedere a trasmettere alla competente ASL
la documentazione così fornitagli, oppure a segnalare alla medesima
ASL l'eventuale mancato deposito, al fine di permettere a detta
amministrazione di svolgere le ulteriori verifiche di sua competenza;
"
Tanto il D.Lgs. 196/2003 (così come a più riprese confermato dal
Garante per la Privacy) quanto il Regolamento UE 2016/679
attualmente in vigore prevedono che, in assenza di espresso consenso
dei soggetti interessati, i dati sanitari possano essere gestiti, trattati e
trasmessi da pubbliche amministrazioni ove ciò sia esplicitamente
previsto da una disposizione di legge. Stante la specifica (e speciale)
disciplina legislativa prevista dall'Art. 3- bis, L. 119/2017, tali dati e le
informazioni ad essi inerenti non possono essere scambiati tra diversi
soggetti, ivi incluse pubbliche amministrazioni, al di fuori delle modalità
e procedure espressamente previste dalla legge, così come sopra
riportate in dettaglio. Pertanto, al di fuori di quella specifica
procedura, non può esservi alcuno scambio di informazioni circa lo
stato vaccinale dei minori tra ASL ed Istituzioni Scolastiche.
"
Peraltro vale specificare che, considerata la tutela rafforzata prevista
dal richiamato Regolamento UE 2016/679, laddove le aziende sanitarie
locali dovessero segnalare erroneamente il nominativo di determinati
minori o dovessero accompagnare siffatti nominativi con indicazioni
imprecise o, ancora, dovessero procedere a comunicare informazioni
relative allo stato vaccinale dei minori con modalità e tempistiche
differenti rispetto a quelle previste dalla procedura di cui all'Art. 3 bis,
tali informazioni e tali dati dovrebbero essere immediatamente
cancellati, dandone contestuale notizia al Titolare del Trattamento dei
Dati della ASL che li avesse trasmessi (Art. 17, Reg.to UE 2016/679),
poiché un loro eventuale, prolungato trattamento costituirebbe esso
stesso un trattamento illecito, contrario ai principi di liceità,
correttezza, minimizzazione e responsabilità sottesi all'intero tessuto
normativo regolamentare.
Alla luce di quanto precede, precisiamo, pertanto, che qualsivoglia deposito di
documentazione da noi effettuato non costituisce autorizzazione ad effettuare sui
dati sensibili forniti operazioni di trattamento diverse da quelle espressamente
indicate dalla normativa vigente, così come risultante dal combinato disposto del
Reg.to UE 2016/679 e della L. 119/2017.
La tutela della salute di nostro/a figlio/a ci sta molto a cuore, come ci stanno a cuore
la tutela della sua istruzione e della sua serena convivenza all'interno della comunità
scolastica. Allo stesso tempo riteniamo che porre la dovuta attenzione al delicato
tema della privacy possa tutelare anche la stessa scuola.
Per queste ragioni, La informiamo che sarà nostra premura vigilare attentamente
sulla tutela della riservatezza delle informazioni che abbiamo provveduto a
consegnare alla scuola, consapevoli dei diritti a noi riconosciuti dagli Artt. 13 – 21
del Reg.to UE 2016/679.
Ringraziando per la cortese attenzione, Le inviamo i nostri cordiali saluti, restando a
Sua disposizione per ogni eventuale chiarimento o approfondimento di cui Lei
avvertisse la necessità.
(luogo) ..........................., lì (data) .........................
La Madre Il Padre
................................................... ...................................................
AVVERTENZE:
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LETTERA DIFFIDA VERSO LA SCUOLA: NO AL TRATTAMENTO
ILLECITO DEI DATI SENSIBILI NELLE SCUOLE, INCLUSA LA
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(Città)
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OGGETTO: Segnalazione URGENTE in materia di protezione di dati sensibili (Reg.to
UE 2016/679) riguardo la documentazione di cui all'art. 3, comma 1, D.L. 73/2017
conv. in L.119/2017.
Noi sottoscritti .................................. genitori del/della minore ..................................,
con la presente richiediamo tutela in riferimento a possibili violazioni delle
norme in oggetto e, in particolare, di quelle in materia di protezione dei dati
personali (anche sensibili sanitari) relativi ai minori nelle procedure di applicazione
previste nella L. 119/2017.
Premesso che
•
•
•
in adempimento degli obblighi di cui all’art. 3 L. 119/2017 i genitori (o i
responsabili dei minori) hanno presentato ai Dirigenti Scolastici dati
altamente sensibili sullo stato della salute dei minori;
L'Art. 3 bis L. 119/2017 disciplina le procedure relative allo scambio di dati ed
informazioni tra istituzioni scolastiche ed aziende sanitarie locali in relazione
agli adempimenti vaccinali;
Per l'effetto, i dirigenti scolastici avrebbero dovuto trasmettere entro il 10
marzo alle competenti aziende sanitarie l'elenco degli iscritti per il nuovo
anno scolastico. Le stesse aziende sanitarie avrebbero poi dovuto procedere,
entro il 10 giugno, a restituire alle istituzioni scolastiche ed educative gli
elenchi degli iscritti da queste ultime previamente fornitigli, completandoli
con l'indicazione dei soli soggetti non in regola con gli adempimenti vaccinali
(secondo le indicazioni della Circolare Congiunta MIUR – Ministero della
Salute in data 27/02/2018, con l'indicazione “a) 'non in regola con gli obblighi
vaccinali'; b) 'non ricade nelle condizioni di esonero, omissione o
differimento'; c) 'non ha presentato formale richiesta di vaccinazione'”); i
dirigenti scolastici avrebbero dovuto esortare, entro i 10 giorni successivi, i
genitori dei soli minori segnalati dalle ASL come “non in regola con gli obblighi
vaccinali” a depositare (entro il 10 luglio) la documentazione necessaria a
comprovare l'intervenuta effettuazione delle vaccinazioni, ovverosia
l'esonero, l'omissione o il differimento, oppure la presentazione della formale
richiesta di vaccinazione entro il 20 luglio; i dirigenti scolastici avrebbero
infine dovuto procedere a trasmettere alla competente ASL la
documentazione così fornitagli, oppure a segnalare alla medesima ASL
l'eventuale mancato deposito, al fine di permettere a detta amministrazione
di svolgere le ulteriori verifiche di sua competenza;
•
•
Tanto il D.Lgs. 196/2003 (così come a più riprese confermato dal Garante per
la Privacy) quanto il Regolamento UE 2016/679 attualmente in vigore
prevedono che, in assenza di espresso consenso dei soggetti interessati, i dati
sanitari possano essere gestiti, trattati e trasmessi da pubbliche
amministrazioni ove ciò sia esplicitamente previsto da una disposizione di
legge. Stante la specifica (e speciale) disciplina legislativa prevista dall'Art. 3bis, L. 119/2017, tali dati e le informazioni ad essi inerenti non possono essere
scambiati tra diversi soggetti, ivi incluse pubbliche amministrazioni, al di fuori
delle modalità e procedure espressamente previste dalla legge, così come
sopra riportate in dettaglio. Pertanto, al di fuori di quella specifica procedura
e di quelle specifiche tempistiche non può esservi alcuno scambio di
informazioni circa lo stato vaccinale dei minori tra ASL ed Istituzioni
Scolastiche.
Considerata la tutela rafforzata prevista dal richiamato Regolamento UE
2016/679, laddove le aziende sanitarie locali dovessero segnalare
erroneamente il nominativo di determinati minori o dovessero accompagnare
siffatti nominativi con indicazioni imprecise o, ancora, dovessero procedere a
comunicare informazioni relative allo stato vaccinale dei minori con modalità
e tempistiche differenti rispetto a quelle previste dalla procedura di cui all'Art.
3 bis, tali informazioni e tali dati dovrebbero essere immediatamente
cancellati, dandone contestuale notizia al Titolare del Trattamento dei Dati
della ASL che li avesse trasmessi (Art. 17, Reg.to UE 2016/679), poiché un loro
eventuale, prolungato trattamento costituirebbe esso stesso un trattamento
illecito, contrario ai principi di liceità, correttezza, minimizzazione e
responsabilità sottesi all'intero tessuto normativo regolamentare.
Tanto premesso, avendo già provveduto alla consegna della documentazione
richiesta dalla L. 119/2017, precisiamo che, con la presentazione di detta
documentazione, non abbiamo inteso autorizzare Lei e/o la scuola e/o altri ad
effettuare sui dati sensibili in essa contenuti operazioni di trattamento diverse da
quelle espressamente consentite dalla vigente normativa.
In base a quanto sopracitato, fermo il fatto che ci sta molto a cuore la tutela della
salute di nostro/a figlio/a, come ci stanno a cuore la tutela della sua istruzione e
della sua serena convivenza all'interno della comunità scolastica, ma attesa la
necessità di salvaguardare dati sanitari ed evitare nocivi comportamenti
discriminatori in caso di diffusione degli stessi, La invitiamo al rispetto della
normativa succitata, evidenziando che sarà nostra cura vigilare attentamente anche
sulla tutela della riservatezza delle informazioni che abbiamo provveduto a
consegnare alla scuola.
Pare utile ricordare che, come emerge dal combinato disposto del D.Lgs. n.
196/2003 e del Reg.tp UE 2016/679, accanto ad una responsabilità amministrativa
dell'ente è possibile che le violazioni della normativa in materia di protezione di dati
personale integri la personale responsabilità dei titolari e dei responsabili del
trattamento dei dati sensibili, con sanzioni di natura amministrativa, penale, ed
accessoria.
Intendiamo, pertanto, con la presente negare il consenso ed annullare qualsiasi
consenso eventualmente dato in precedenza all'Istituto per il trattamento dei dati
sanitari di nostro/a figlio/a che comprendano attività diverse da quelle di mera
raccolta, presa in consegna e custodia, che comunque debbono essere adempiute
da soggetti abilitati e nel rispetto della normativa; ogni eventuale consenso dovrà
essere richiesto volta per volta in concomitanza con le rispettive attività.
(luogo) ..........................., lì (data) .........................
La Madre Il Padre
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Richiesta di appuntamento nidi e materne 1a iscrizione23.99 KB, Richiesta di appuntamento nidi e materne anni successivi31.61 KB, Richiesta di appuntamento da scuola primaria in poi39.63 KB
lettera_prenotazione.pdf, lettera_prenotazione_2.pdf, lettera_prenotazione_6_16.pdf
07 Luglio 2020
PARERE IN MATERIA VACCINALE CON RIFERIMENTO AL REQUISITO DI ACCESSO ALLA SCUOLA DELL’INFANZIA356.69 KB
PARERE COMILVA 10marzo.pdf
26 Giugno 2020
PARERE IN MATERIA VACCINALE CON RIFERIMENTO AL REQUISITO
DI ACCESSO ALLA SCUOLA DELL’INFANZIA
Su incarico dell’Associazione Onlus COMILVA si rilascia parere sul quesito di seguito
riportato, con particolare riferimento alla regione Emilia Romagna e alla regione
Marche. Si specifica che l’interpretazione della normativa nazionale è valevole per
tutto il territorio.
Ai minori già iscritti alla scuola dell’infanzia e frequentanti la stessa, non in regola
o solo parzialmente in regola con le vaccinazioni obbligatorie previste all’art. 1
del decreto n. 73 del 2017, convertito con legge n. 119 del 2017, i quali abbiano
presentato, al momento dell’iscrizione, uno dei documenti previsti all’art. 3 c. 1
del detto decreto, può essere impedito l’accesso a scuola e, per l’effetto, i minori
possono essere legittimamente sospesi/esclusi dalla frequenza con provvedimento
del dirigente scolastico?
Abstract
Al detto quesito i sottoscritti legali, dopo un attento esame del quadro normativo,
ritengono di dare risposta negativa.
I minori, che abbiano presentato regolare documentazione all’atto di iscrizione ed
abbiano un iter informativo vaccinale aperto con la Asl competente per territorio, non
possono essere sospesi/esclusi dalla frequenza scolastica con provvedimento che ne
vieti l’accesso condizionato all’esecuzione delle vaccinazioni o alla produzione di
documentazione diversa da quella indicata dall’art.3, comma 1, del D.L.73/2017 conv.
in Legge 119/2017.
Invero, un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa nel suo
1
complesso , porta a ritenere che il Dirigente abbia un potere di adozione del
provvedimento di diniego alla frequenza solo previo provvedimento di decadenza
dall’iscrizione con decorrenza dall’anno scolastico 2019/2020 (art. 3 bis c. 5) e solo
laddove vi sia stata una formale contestazione di inadempimento da parte dell’Asl
in conformità all’art. 1 c. 4 del c.d. Decreto Lorenzin, alla circolare del Ministero della
Salute n. 25233 del 16.08.2017, alla circolare congiunta del Ministero della Salute e
del MIUR n. 1679 del 01.09.2017 (la quale specifica che solo la mancata presentazione
della documentazione di cui all’art. 3 del decreto legge 73/2017 attiverà la procedura
per il recupero dell’inadempimento sul quale si veda infra pag.11 e 12) e n. prot. 20546
del 06.07.2018 (la quale specifica ancora che la presentazione di appuntamento
vaccinale è documentazione sufficiente alla frequenza) e alla circolare della regione
Emilia Romagna n. 13 del 22.12.2017 (la quale pone l’accento comunque sulla
necessità di una formale contestazione di inadempimento).
Si specifica che le circolari succedutesi nel tempo hanno creato notevole confusione
nelle diverse dirigenze scolastiche con il risultato che, rispetto a situazioni giuridiche
identiche, vi sono provvedimenti diametralmente opposti, con bimbi che frequentano
la scuola dell’infanzia e bimbi che invece sono stati sospesi e addirittura esclusi.
E’ Fondamentale avere sempre presente che le circolari non sono fonte di diritto e che
1
Cfr. decreto legge n. 73 del 2017 così come convertito con legge 119 del 2017 d’ora innanzi
c.d. “Decreto Lorenzin”; circolare del Ministero della Salute n. 25233 del 16.08.2017; circolari
congiunte Ministero della Salute e Ministero dell’Istruzione, dell’Universiatà e della Ricerca, n 1679
del 01.09.2017 e 06.07.2018 n. protocollo 20546; circolare della Regione Emilia Romagna –
Direzione Generale Cura della Persona Salute e Welfare p.g. 2017. 07811269. Nota Congiunta Miur
e M.S. n. 467 del 27.02.2018. Regione Veneto indicazioni operative Giunta regionale Protocollo n.
45146 del 01.02.2019 iscrizioni all’anno scolastico 2019 /2020. Con riferimento alla normativa
scolastica, cfr. L. 18/03/1968, n. 444, Ordinamento della scuola materna statale; Ministero della
Pubblica Istruzione, D.M. 03/06/1991, Orientamenti dell'attività educativa nelle scuole materne
statali; Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297, Testo Unico delle disposizioni legislative in
materia di istruzione; D.P.R. 08/03/1999, n. 275, Regolamento recante norme in materia di
autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59; D.Lgs.
19/02/2004, n. 59, Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo
dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53; L. 13/07/2015, n. 107,
Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni
legislative vigenti.
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in ogni caso il bimbo potrà essere sospeso od escluso a partire dall’a.s. 2019/2020 solo
laddove vi sia stato accertamento di inadempimento. Istituto giuridico quest’ultimo,
su cui è necessario dare un’interpretazione conforme al quadro normativo nel suo
complesso.
Di seguito alcune precisazioni.
A)
Un iter procedimentale specifico e motivato che sfoci nel provvedimento di
sospensione/esclusione dell’alunno non è in alcun modo regolamentato nel c.d. Decreto
Lorenzin, il quale confina la presentazione della documentazione a mero requisito di
accesso. L’eventuale diniego di accesso non trova, quindi, alcuna disposizione che ne
disciplini l’attuazione, lasciata, pertanto, alla discrezionalità del Dirigente, in
conformità all’art. 14 D.P.R. n. 08.03.99 n. 275 e all’autonomia scolastica.
Il Dirigente, nell’emissione di un eventuale provvedimento di sospensione dovrà,
necessariamente, rispettare il regolamento di istituto vigente e il contratto nel frattempo
concluso al momento dell’iscrizione del minore. Il detto rapporto negoziale,
indubbiamente, prevede la tutela dei diritti del minore all’apprendimento,
all’inclusione, all’accoglienza, allo sviluppo della propria personalità, alla continuità
del percorso ludico-educativo e scolastico, in ossequio ai principi previsti per la scuola
dell’infanzia dalla normativa di settore.
B)
Il diritto all’informazione del genitore e l’obbligo informativo compiuto e
personalizzato in capo all’Asl sono alla base della ratio del c.d. Decreto Lorenzin,
come evidenziato dai lavori parlamentari e ribadito specificamente dalla Corte
Costituzionale con la sentenza n. 5/2018 laddove testualmente: “….nel nuovo assetto
normativo, basato, come si è detto sull’obbligatorietà (giuridica),il legislatore in sede
di conversione ha ritenuto di dover preservare un adeguato spazio per un rapporto con
i cittadini basato sull’informazione, sul confronto e sulla persuasione: in caso di
mancata osservanza dell’obbligo vaccinale, l’art. 1 comma 4 del decreto-legge n. 73
del 2017, come convertito, prevede un procedimento volto in primo luogo a fornire ai
genitori (o agli esercenti la potestà genitoriale) ulteriori informazioni sulle
vaccinazioni e a sollecitarne l’effettuazione. A tale scopo, il legislatore ha inserito un
apposito colloquio tra le autorità sanitarie e i genitori, istituendo un momento di
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incontro personale, strumento particolarmente favorevole alla comprensione
reciproca, alla persuasione e all’adesione consapevole. Solo al termine di tale
procedimento, e previa concessione di un adeguato termine, potranno essere inflitte le
sanzioni amministrative previste, peraltro assai mitigate in seguito agli emendamenti
introdotti in sede di conversione”.
Ne consegue che, in pendenza di iter vaccinale aperto, il genitore e il minore non
possono essere rispettivamente sanzionati in via amministrativa, né a maggior ragione
esclusi dalla struttura scolastica. La formale contestazione dell’inadempimento da
parte dell’Asl, che deve seguire un procedimento amministrativo specifico e motivato
ai sensi della Legge n. 689 del 1981 richiamata dall’art. 1 c. 4 del D.L. n. 73/2017
convertito, si conclude, peraltro, non al momento del ricevimento di una semplice
diffida da parte dell'Asl né al momento dell’irrogazione della sanzione, ma solo quando
il giudice ordinario, eventualmente adito dal genitore, il quale abbia impugnato il
provvedimento sanzionatorio, accerti con sentenza passata in giudicato l’avvenuto
inadempimento c.d. “vaccinale”.
PER MEGLIO PRECISARE E MOTIVARE QUANTO SOPRA SI ESPONE
In merito agli adempimenti vaccinali, l’art. 3 del D.L. n. 73/2017, rubricato, per
l’appunto, “Adempimenti vaccinali per l'iscrizione ai servizi educativi per l'infanzia”,
ai commi 1 e 3, elenca la documentazione che i dirigenti scolastici devono richiedere
all’atto dell’iscrizione fra cui “la presentazione della formale richiesta di
vaccinazione all’azienda sanitaria locale territorialmente competente”.
Ne consegue che la richiesta di appuntamento vaccinale effettuata dai
genitori e presentata alla scuola o l’autocertificazione di aver provveduto alla
detta richiesta permettono ai genitori l’accesso, soprattutto laddove l’iter
informativo vaccinale non si sia concluso.
Per l’effetto, al momento dell’iscrizione, si è già regolarmente instaurato il
rapporto negoziale, come chiarito dal costante orientamento giurisprudenziale, per tutte
si richiama la pronuncia della
Corte di Cassazione, III sezione,
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n. 10516 del
28.04.2017 la quale specifica
“la responsabilità dell'istituto scolastico e
dell'insegnante ha natura contrattuale, atteso che, quanto all'istituto, l'instaurazione
del vincolo negoziale consegue all'accoglimento della domanda di iscrizione, e,
quanto al precettore, il rapporto giuridico con l'allievo sorge in forza di "contatto
sociale".
L’inizio della frequenza scolastica dà esecuzione al contratto, con
conseguente obbligo dell’istituto e degli insegnanti al rispetto di tutti i diritti in capo al
minore.
Inoltre, avendo i genitori del minore, presentato regolare documentazione, il
requisito di accesso di cui all’art. 3, comma 3, D.L. n. 73/2017, non viene meno
neppure per l’anno scolastico successivo laddove l’iter informativo vaccinale sia aperto
e l’Asl non abbia formalmente contestato l’inadempimento. Sul punto cfr. circolare
congiunta n. 20546 del 06.07.2018 “… quando invece la procedura di iscrizione
all’anno scolastico/calendario annuale 2018/2019 è avvenuta d’ufficio, il minorenne
è ammesso alla frequenza delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione (omissis)
sulla base della documentazione già presentata nel corso dell’anno scolasticocalendario annuale 2017-2018…”.
E, infatti, la disposizione di cui all’art. 3, comma 3, del D.L. 73/2017, specifica
che la presentazione della documentazione di cui al comma.1 (certificazione di
avvenuta vaccinazione, esonero o differimento o presentazione della formale
richiesta di vaccinazione) costituisce requisito di accesso per i servizi educativi per
l’infanzia e le scuole dell’infanzia ivi incluse quelle private non paritarie senza,
peraltro, nulla indicare in merito a eventuali provvedimenti di sospensione in caso
di mancata presentazione.
La circolare n. 25233 del 16.08.2017 del Ministero della Salute specifica
ulteriormente che solo “…la contestazione di inadempienza…” con atto dell’ASL
“…rappresenta motivo di esclusione dal servizio educativo….”.
In linea si pone anche la Regione Emilia Romagna e, all’uopo, si richiama la
circolare n. 13, PG. 2017.0781269 del 22/12/2017 della Direzione …….“Indicazioni
per l’applicazione della Legge 31 luglio 2017 n. 119 “Conversione in legge, con
modificazioni, del decreto – legge 7 giugno 2017, n. 73, recante disposizioni urgenti in
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materia di prevenzione vaccinale”, in particolare relativamente alla gestione degli
inadempienti e ai recuperi vaccinali”. Nella specie, la circolare de qua, richiamando
sia il Decreto Lorenzin sia la circolare del Ministero della Salute n. 25233 del
16.08.2017, indica la procedura per la contestazione dell’inadempienza alla quale
devono attenersi le Aziende USL della Regione e la sua comunicazione al Servizio
Educativo/Scuola per l’infanzia, sia pubblico che privato, frequentato dal minore. La
detta procedura, unicamente nell’ipotesi in cui “i genitori non si presentano al
colloquio, o si presentano e non acconsentono già in via definitiva alla
somministrazione dei vaccini obbligatori
…”, prevede che
“… l’AUSL
territorialmente competente contesta loro formalmente l’inadempimento dell’obbligo
vaccinale inviando la lettera di diffida …, mediante raccomandata A/R,
con
l’avvertimento che, in caso di mancata somministrazione del vaccino al minore o
l’inizio/completamento del ciclo (…) sarà loro comminata la sanzione amministrativa
pecuniaria compresa da euro cento a euro cinquecento. Contestualmente all’invio
della lettera di diffida, per i bambini nella fascia 0-6 anni, la contestazione
dell’inadempienza viene comunicata al Servizio Educativo/Scuola per l’infanzia, sia
pubblici sia privati, frequentati dal minore e questo comporterà la sospensione della
frequenza. Per l’effetto, per la regione Emilia Romagna, solo un esplicito rifiuto
del genitore alla vaccinazione comporta l’avviamento della procedura
sanzionatoria.
L’ASL, diversamente dalla Regione, dopo aver ben indicato i passaggi dell’iter
informativo, posticipa la conclusione dell’iter vaccinale alla formale irrogazione
della sanzione amministrativa, come comunicato ai genitori nelle lettere a loro
inviate laddove testualmente si legge: “la sanzione amministrativa irrogata,
eventualmente a conclusione dell’iter, sarà comunicata ai Servizi Educativi/ Scuole
per l’infanzia, su richiesta dei dirigenti scolastici/responsabili dei servizi educativi, in
occasione degli adempimenti previsti al loro carico dall’art. 3 bis della legge .
A riprova della mancanza di qualsivoglia contestazione di inadempienza nel
territorio regionale emiliano-romagnolo anche la missiva (prot. AL/2018/42175 del
13.07.2018) inviata dall’Assessorato alle Politiche per la Salute della Regione Emilia
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Romagna, in persona del Dott. Sergio Venturi, alla Consigliera Regionale Raffaella
Sensoli, da cui si evince che “Ad oggi non sono stati notificati atti di contestazione ai
genitori in quanto i Servizi vaccinali delle Aziende Usl stanno ancora completando
il percorso previsto dalla Legge 119/2017 per ciascun minore non in regola con le
vaccinazioni”.
QUINDI, IN ASSENZA DELLA FORMALE CONTESTAZIONE DI
INADEMPIMENTO DELL’ASL, IL DIRIGENTE SCOLASTICO NON PUÒ
CERTAMENTE
EMETTERE
ALCUN
PROVVEDIMENTO
DI
SOSPENSIONE/ESCLUSIONE DELLA FREQUENZA MANCANDO IL
NECESSARIO E INDEFETTIBILE PRESUPPOSTO GIURIDICO.
Ogni eventuale provvedimento emesso sarà quindi illegittimo e come tale
comporterà l’assunzione da parte del Dirigente di una responsabilità personale che i
genitori, ricorrendone i presupposti, potranno contestare sia in sede civile sia in sede
penale.
Peraltro, valga la pena sottolineare sin da ora, che neppure l’Asl potrebbe
chiudere unilateralmente l’iter informativo laddove il genitore si ritenesse
insoddisfatto delle informazioni ricevute e in proposito si richiama quanto sancito
recentemente dalla Corte Costituzionale n. 5 del 2018, già riportato sopra.
INFATTI, SI RITIENE CHE SOLO UNA SENTENZA PASSATA IN
GIUDICATO DEL GIUDICE ORDINARIO CHE ATTESTI L’EFFETTIVO
INADEMPIMENTO VACCINALE E CONFERMI L’IRROGAZIONE DELLA
SANZIONE POSSA DETERMINARE L’ACCERTAMENTO DELL’ILLECITO
AMMINISTRATIVO IN VIA DEFINITIVA.
Il genitore ben potrà far valere, innanzi all’autorità giudiziaria competente,
le proprie ragioni in ordine ad un eventuale inadempimento per mancata,
incompleta e non personalizzata informazione da parte dell’azienda sanitaria.
Inoltre, il comma 5 dell’art. 3-bis del detto decreto stabilisce una decadenza
dall’iscrizione scolastica solamente a decorrere dall’anno 2019/2020 ed unicamente
nel caso della mancata presentazione della “documentazione di cui al c. 3” in capo “ai
servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia, ivi incluse quelle private non
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paritarie”.
Sul punto si veda anche la nota della Giunta della Regione Veneto n. Protocollo
45146 del 01.02.2019.
Nelle regioni provviste di anagrafe vaccinale “informatizzata”, trova
applicazione l’art. 3-bis di cui sopra, nonché la circolare del 06.07.2018 protocollo n.
20546.
Infatti, l’art. 18-ter, comma 1, del D.L. 16 ottobre 2017 n. 148 (Decreto
convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 dicembre 2017, n. 172 – “Disposizioni
urgenti in materia finanzia e per esigenze indifferibili”, cd. Collegato Fiscale) è
successivamente intervenuto affermando che “Nelle sole regioni e province autonome
presso le quali sono già state istituite anagrafi vaccinali, le disposizioni di cui
all'articolo 3-bis, commi da 1 a 4, del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito,
con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2017, n. 119, sono applicabili a decorrere
dall'anno scolastico 2018/2019 e dall'inizio del calendario dei servizi educativi per
l'infanzia e dei corsi per i centri di formazione professionale regionale 2018/2019, nel
rispetto delle modalità operative congiuntamente definite dal Ministero della salute e
dal Ministero dell'istruzione, dell'Università e della Ricerca, sentito il Garante per la
protezione dei dati personali”.
Risulta, quindi, inequivocabile ed indiscutibile che:
a)
anche per l’a.s. 2018/2019 l’onere di presentazione della documentazione
indicata dalla normativa sopra citata può essere assolto dai genitori anche mediante
la semplice presentazione di copia della formale richiesta di vaccinazione inviata
alla ASL territorialmente competente o, in alternativa, di autocertificazione
attestante l’avvenuta presentazione di detta richiesta;
b)
in forza del sopra riportato art. 18-ter del Collegato Fiscale nelle Regioni nelle
quali è stata già istituita l’anagrafe vaccinale, di fatto, si è modificato esclusivamente
il metodo di acquisizione dei dati; in queste Regioni, infatti, è stata l’Azienda Sanitaria
a comunicare a giugno/luglio 2018 eventuali situazioni di irregolarità alla Scuola,
mentre nelle altre Regioni i dati sono stati acquisiti mediante la documentazione
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presentata dalle famiglie alla Scuola;
c)
la segnalazione dell’Asl di non regolarità del minore è legittima solo laddove
il genitore non abbia presentato la documentazione richiesta e non quando il minore
non risulti ancora in regola con le vaccinazioni a fronte di un iter vaccinale aperto e
non ancora definito con la contestazione formale di inadempimento e tale contestazione
non può ravvisarsi in una mera diffida ad adempiere inviata dall’azienda sanitaria bensì
in un atto formale di cui meglio infra p. 11 e 12;
d)
laddove il bambino sia stato segnalato dall’Azienda Sanitaria come “non
in regola con le vaccinazioni”, chiaramente nel rispetto dei tempi previsti dalla
normativa de qua, ciò non implica, comunque, l’automatica sospensione/esclusione
dello stesso dalla frequenza scolastica, in quanto il bambino avrà diritto alla frequenza
nel caso abbia già adempiuto, o adempia nel corso dell’a.s. 2018/2019 all’onere di
presentazione alla Scuola della documentazione necessaria, seguendo alternativamente
una delle tre forme previste dalla Legge (certificato/libretto vaccinale o
autocertificazione di avvenuta vaccinazione o richiesta di prenotazione di
appuntamento vaccinale) e sia iscritto;
e)
quanto previsto dalla Legge 21/09/2018 n. 108 (c.d. Milleproroghe), in
merito alla documentazione da presentare entro il 10 marzo 2019, non modifica il
dettato normativo, poiché è riferita solo ed esclusivamente alla presentazione della
documentazione vaccinale nell’ambito del regime transitorio, laddove il genitore
avesse a suo tempo presentato la dichiarazione sostitutiva di avvenuta vaccinazione del
minore; il dato non è fraintendibile avendo la legge c.d. mille proroghe richiamato
specificamente solo l’art. 5, primo comma, secondo periodo, del d.l. 73 del 2017
2
2
Nello specifico l’art. 6, comma 3-quater, della L. n. 108/2018 precisa che “L'applicazione della
disposizione di cui all'articolo 5, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge 7 giugno 2017, n.
73, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2017, n. 119, è prorogata all'anno scolastico
2018/2019 e al calendario dei servizi educativi per l'infanzia e dei corsi per i centri di formazione
professionale regionale 2018/2019; in caso di presentazione della dichiarazione sostitutiva resa ai
sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, la
documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie deve essere presentata
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appare chiaro, dunque, che alcun obbligo era ed è previsto in tale scadenza, né ad altra
scadenza, in capo ai genitori i quali, non avendo effettuato in tutto o in parte le
vaccinazioni, abbiano dichiarato, sempre ai sensi del d.p.r. 445/2000, di aver
ottemperato agli obblighi nascenti dall’art. 3 del D.L. c.d. Lorenzin;
f)
i genitori sono in regola, quindi, quando abbiano presentato, a suo tempo, la
richiesta di appuntamento e ad oggi l’iter vaccinale sia aperto senza che alcuna
contestazione di inadempimento sia stata formalizzata e comunicata dall’Asl;
g)
in ogni caso, nulla osta al fatto che la presentazione della documentazione sia
avvenuta oltre il termine di iscrizione o a quelli del 10/20 luglio indicati dall’art. 3-bis,
sia perché nessuno dei termini indicati dalla Legge Lorenzin ha carattere perentorio,
sia perché “in ogni caso, per quanto riguarda la scuola dell’infanzia e i servizi
educativi per l’infanzia” MIUR e Ministero della Salute hanno recentemente ribadito
(cfr. circolare 06.07.2018 prot. 20546) “quanto rappresentato nella circolare del 1°
settembre 2017, ovvero che la mancata presentazione della documentazione nei termini
previsti non comporterà la decadenza dall’iscrizione (prevista normativamente solo a
partire dall’a.s. 2019/2020 ex art. 3-bis, co. 5 cit. - ndr) e i minorenni potranno
entro il 10 marzo 2019”.
L’art. 5, comma 1, del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge
31 luglio 2017, n. 119, recante disposizioni transitorie per l’anno scolastico 2017/2018 recita: “Per
l'anno scolastico 2017/2018 e per il calendario dei servizi educativi per l'infanzia e dei corsi per i
centri di formazione professionale 2017/2018, la documentazione di cui all'art. 3 comma 1, deve
essere presentata entro il 10 settembre 2017 presso i servizi educativi e le scuole per l'infanzia, ivi
incluse quelle private non paritarie, ed entro il 31 ottobre 2017 presso le istituzioni del sistema
nazionale di istruzione e i centri di formazione professionale regionale. La documentazione
comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie può essere sostituita dalla
dichiarazione resa ai sensi del d.p.r. 28 dicembre 2000 n. 445; in tale caso, la documentazione
comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie deve essere presentata entro il 10
marzo 2018”.
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frequentare la scuola dell’infanzia e i servizi educativi per l’infanzia dal momento in
cui i relativi genitori/tutori/affidatari avranno presentato la documentazione”
prevista per legge (cfr. ultimo capoverso circolare congiunta MIUR-Ministero della
Salute n. 0020546 del 06.07.2018), che potrà essere – si ribadisce – la richiesta di
prenotazione di appuntamento all’Azienda Sanitaria;
h)
dal momento della ricezione della documentazione sopra indicata, l’iter
vaccinale avviato dai genitori mediante la richiesta di prenotazione non riguarda più
direttamente la Scuola (trattandosi, tra l’altro, di un procedimento avente ad oggetto
dati sanitari, sensibili per definizione, non trattabili dalla Scuola in assenza di espressa
autorizzazione dei genitori del bambino interessato) sino al momento in cui questa
dovesse essere notiziata dall’Azienda Sanitaria territorialmente competente nei termini
e con le modalità consentiti dal Garante Privacy, e nel flusso dati alle scadenze stabilite
dalla Legge Lorenzin.
Solo in quel caso, infatti, la Scuola sarà chiamata ad adottare, ma sempre a
decorrere dall’anno scolastico 2019/2020 ex art. 3-bis comma 5, in prima battuta un
provvedimento di decadenza del minore dall’iscrizione e, per l’effetto, un
provvedimento di esclusione dalla frequenza che, in difetto di tale presupposto,
sarebbero palesemente illegittimi (contra jus).
E’ importante, a questo punto, chiarire cosa si intenda per formale contestazione
di inadempimento.
In via preliminare, è opportuno indicare quale sia l’iter previsto dalla legge 689
del 1981 richiamata dall’ art. 1 c. 4 del c.d. decreto Lorenzin.
In primo luogo si osserva che l’Asl, quale unico organo competente, deve
emettere un verbale di contestazione con precisi requisiti formali di contenuto da
notificarsi ai genitori e concedere agli stessi i termini previsti di legge per poter essere
sentiti e/o presentare memorie difensive.
A seguito delle memorie e/o dell’audizione, il verbale di contestazione potrebbe
essere revocato in via di autotutela.
In caso negativo ai genitori dovrà essere notificata un’ordinanza di ingiunzione
di pagamento la quale potrà essere impugnata e, laddove sospesa, non potrà essere
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eseguita. In tale ipotesi l’inadempimento non può certo considerarsi accertato e, per
l’effetto, non vi è la legittimazione della scuola a procedere prima con la decadenza
dall’iscrizione e poi con il provvedimento di esclusione.
Ancora, di tutta evidenza il dato che l’eventuale provvedimento di decadenza,
che si ribadisce potrà eventualmente essere emesso solo a far data dall’a.s. 2019/2020,
dovrà essere emesso in conformità alla normativa scolastica e ai regolamenti di Istituto.
Al riguardo, si osserva come nessuna norma contempli in capo al dirigente un
generico potere di sospensione/esclusione dalla frequenza scolastica o un divieto di
accesso del minore condizionato alla vaccinazione, con pretesa di pagamento della retta
scolastica anche in ipotesi di sospensione/esclusione, tantomeno il Decreto Lorenzin e
le successive circolari a fronte della presentazione della documentazione richiesta e di
un iter vaccinale aperto. Né tale potere può essere riconosciuto da una nota
amministrativa o da una circolare.
Contrariamente, la normativa scolastica e il contratto instaurato al momento
dell’iscrizione prevedono in capo al dirigente un imperativo e vincolante obbligo di
protezione e inclusione del minore nel rispetto dei principi costituzionali di tutela e dei
fini e degli scopi educativi e formativi e nel rispetto della personalità del minore, con
esecuzione del contratto in conformità al principio di buona fede.
La ratio del decreto c.d. Lorenzin poggia, da un lato, su un dovere di
informazione dell’Asl prima di qualunque contestazione di inadempimento, come
ben chiarito dai lavori parlamentari e dalla Corte Costituzionale e, dall’altro, sul
diritto del minore a finire l’anno scolastico per il quale sia regolarmente iscritto e
abbia iniziato legittimamente la frequenza, come ben evidenziano le date in merito
ai flussi informativi fra scuola ed Asl che fanno riferimento sempre a un momento
in cui la scuola è chiusa e il minore non frequenta.
La normativa in campo vaccinale va del resto calata all’interno dei principi
fondamentali in materia di istruzione e coordinata con la normativa scolastica.
All’uopo si evidenzia che eventuali provvedimenti di sospensione/esclusione
non sono riconosciuti nella scuola dell’infanzia, posto che il minore non sarebbe in
grado di comprenderne il significato, ma solo per la scuola primaria, solo per periodi
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di tempo limitati ed esclusivamente previo iter procedurale specifico disciplinato nel
regolamento di Istituto, il quale solitamente prevede la convocazione di assemblea
straordinaria del Consiglio di Istituto.
I minori devono essere accuditi, protetti, devono godere di INCLUSIONE e non
di esclusione. L’applicazione di principi errati della normativa rischia di creare danni
incalcolabili nei minori esclusi.
In merito ai flussi informativi fra Asl e scuole, va precisato che l’art. 3-bis D.L.
73/2017 prevede una misura semplificata degli adempimenti vaccinali e, nello
specifico, che:
“1. A decorrere dall’a.s. 2019/2020 (...) i dirigenti sono tenuti a trasmettere alle
aziende sanitarie locali territorialmente competenti, entro il 10 marzo, l’elenco degli
iscritti (…).
2. Le aziende sanitarie locali territorialmente competenti provvedono a
restituire, entro il 10 giugno, gli elenchi di cui al comma 1, completandoli con
l’indicazione dei soggetti che (...) non abbiano presentato richiesta di vaccinazione
all’azienda sanitaria territorialmente competente.
3. Nei dieci giorni successivi all'acquisizione degli elenchi di cui al comma 2, i
dirigenti (...) invitano i genitori dei minori indicati nei suddetti elenchi a depositare,
entro il 10 luglio, (…) la presentazione della formale richiesta di vaccinazione
all'azienda sanitaria locale territorialmente competente.
4. Entro il 20 luglio i dirigenti trasmettono la documentazione di cui al comma
3 pervenuta, ovvero ne comunicano l’eventuale mancato deposito, alla azienda
sanitaria locale che, (…), provvede agli adempimenti di competenza e, ricorrendone i
presupposti, a quello di cui all'art 1, comma 4.
5. Per i servizi educativi per l'infanzia e per le scuole dell'infanzia la mancata
presentazione della documentazione di cui al comma 3 nei termini previsti comporta
la decadenza dall'iscrizione. Per gli altri gradi di istruzione e per i centri di formazione
professionale regionale, la mancata presentazione della documentazione di cui al
comma 3 nei termini previsti non determina la decadenza dall'iscrizione né impedisce
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la partecipazione agli esami”.
Tale misura semplificata, esclusivamente per quanto previsto dall’art. 3-bis,
commi da 1 a 4 (escluso pertanto il comma 5 che prevede la decadenza dall’iscrizione)
è stata anticipata all’anno scolastico 2018/2019 per effetto dell’art. 18-ter del D.L.
148/2017 coordinato con la L. 172/2017, ma soltanto nelle Regioni per le quali sono
già state istituite le anagrafi vaccinali e nel rispetto delle modalità operative
congiuntamente definite dal Ministero della Salute e dal Ministero dell’Istruzione,
sentito il Garante per la protezione dei dati personali.
Il Ministero della Salute e dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca hanno
definito dette modalità stilando un documento denominato “modalità operative per lo
scambio dei dati relativi alla situazione vaccinale degli iscritti tra le istituzioni
scolastiche/educative e formative e l’Azienda sanitaria locale competente”, sottoposto
con nota del 16/02/2018 all’esame del Garante per la privacy il quale, formulati
approfondimenti ed osservazioni, il successivo 22/02/2018 esprimeva parere
favorevole sullo schema contenuto nell’Allegato A della circolare congiunta Ministero
della Salute e dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca n. 0000467 del
27/02/2018.
Secondo detto schema si prevedono esclusivamente due modalità operative di
scambio:
Modalità 1 - Invio dei dati tramite Posta Elettronica Certificata
Modalità 2 - Invio dei dati tramite funzionalità web
circoscrivendo l’invio degli elenchi degli iscritti da parte dei dirigenti e l’invio
dell’esito delle verifiche della situazione vaccinale da parte dell’Asl esclusivamente
all’interno di tre diciture:
a) non in regola con gli obblighi vaccinali;
b) non ricade nelle condizioni di esonero, omissione o differimento;
c) non ha presentato formale richiesta di vaccinazione.
Pertanto il genitore che abbia presentato formale richiesta di appuntamento
vaccinale é “in regola”.
Ne consegue che dati di natura sensibile, così come evidentemente sono quelli
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sanitari, ivi inclusi quelli relativi alla materia vaccinale, non possono essere scambiati
tra diverse amministrazioni dello Stato in modi e tempi diversi da quelli espressamente
previsti dall'Art. 3 bis, L. 119/2017, così come meglio specificate dalla Circolare
Congiunta MIUR – MISA in data 27.02.2018 e dall'Allegato A in calce alla medesima
in ossequio al D.Lgs. 196/2003 (così come a più riprese confermato dal Garante per la
Privacy) e al Regolamento UE 2016/679, attualmente in vigore, i quali prevedono che,
in assenza di espresso consenso dei soggetti interessati, i dati sanitari possano essere
gestiti, trattati e trasmessi da pubbliche amministrazioni solo ove ciò sia esplicitamente
previsto da una disposizione di legge. Vanno pertanto censurati i continui monitoraggi
tra Asl e dirigenze in merito alla situazione vaccinale degli iscritti posti in essere
addirittura mediante telefonate, mail, fax…).
E' doveroso sottolineare a questo riguardo che a nulla valgono, in senso contrario
a quanto più sopra riportato, le previsioni di deroga di cui agli Artt. 60 D.Lgs 196/2003
e 9 GDPR 2016/679 poiché la legislazione in tema di privacy va coordinata con quella
in materia vaccinale, la cui espressa disciplina della procedura di scambio dati tra le
pubbliche amministrazioni ha carattere particolare – e dunque di prevalenza – rispetto
a quella stabilita, con criterio generale, dalle previsioni di deroga del GDPR, in
ossequio al principio lex specialis derogat legi generali. Del resto, da un lato, il
medesimo GDPR esplicitamente lascia agli Stati Membri un margine di apprezzamento
per integrare le disposizioni che lo compongono con specifiche normative di settore,
quale appunto è la L. 119/2017; d'altro canto, proprio il Garante per la Tutela dei Dati
Personali ha dapprima avallato le modalità di scambio dati di cui all'Allegato A in calce
alla circolare congiunta del 27.02.2018 come sopra detto, ed ha poi ripetutamente
ribadito che i pareri emessi precedentemente all'entrata in vigore del GDPR 2016/679
restano salvi e operativi, continuando perciò a dispiegare i propri effetti.
A conferma, la stessa disposizione di all'Art. 18 ter, D.L. 148/2017, che ha reso
applicabile l'Art. 3 bis, L. 119/2017 già a partire dall'anno in corso, ne ha subordinato
l'efficacia al " rispetto delle modalità operative congiuntamente definite dal Ministero
della salute e dal Ministero dell'istruzione, dell'Università e della Ricerca, sentito il
Garante per la protezione dei dati personali” e, cioè, proprio alle modalità operative
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di cui all'Allegato A sopra richiamato.
Per l'effetto, non solo le Istituzioni Scolastiche debbono scrupolosamente
attenersi agli obblighi derivanti dal Regolamento UE ma devono altresì evitare di
conferire alle ASL dati ed informazioni relative allo stato vaccinale dei minori al di
fuori delle procedure delineate, restando in ogni caso gravate da un obbligo assoluto di
astenersi da qualsivoglia interlocuzione rispetto a siffatte informazioni al di fuori delle
modalità previste dall'Art. 3 bis L. 119/2017.
Ancora, in merito ad eventuali provvedimenti di diversa natura emessi dalle
Regioni, esemplificativamente, si osserva che la DGR Emilia Romagna n. 1391 del
27.8.2018 è un atto endo- amministrativo di natura “esplicativa” che non può in alcun
modo avere valore di “Legge”, o avere efficacia normativa.
Anche dal punto di vista della gerarchia delle fonti del diritto, un atto
amministrativo non potrà mai legittimamente modificare in alcun modo la Legge,
soprattutto laddove ne sia palesemente in contrasto e laddove introduca limitazioni a
diritti soggettivi dei cittadini di chiara rilevanza costituzionale (artt. 3, 32 e 34 Cost).
Pertanto, quanto disposto dalla predetta DGR E.Romagna, non può valere nei
confronti dei genitori, che hanno in ogni caso ottemperato alla norma vera e vigente,
ovvero il D.L. 73/2017 conv. in L. 119/2017, né superare la normativa statale cui le
scuole statali e private sono sottoposte, tanto è vero che non è stata di fatto applicata
posto che tutti i bimbi sono frequentanti.
Ancora sempre a titolo esemplificativo con riferimento a quanto specificato
dalla nota URS MARCHE protocollo n. 0000626 del 14.01.2019 in relazione alla
scadenza del 10 marzo 2019, per valutarne la legittimità, valgono le considerazioni
sopra riportate (cfr. lettera e) in merito alla Legge 108/2018 di conversione con
modificazioni del D.L. 91 del 25/07/2018, recante, all’art. 6, comma 3-quater, proroga
di termini previsti all’art. 5, comma 1, secondo periodo, del D.L. Lorenzin all’anno
scolastico in corso.
Cade, dunque, in errore l’URS Marche nel voler estendere l’obbligo imposto
dalla suddetta disposizione indistintamente a tutti coloro che alla data del 10 marzo
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2019 non risultino ancora vaccinati.
Infatti, come sopra esplicato, la scadenza del 10 marzo 2019 NON può essere
assolutamente considerata il termine ultimo entro cui documentare di aver effettuato le
vaccinazioni obbligatorie. Detto termine, ancora una volta, riguarderà esclusivamente
coloro che, avendo autocertificato di essere in regola con le vaccinazioni, dovranno
provare quanto dichiarato depositando il libretto vaccinale dei propri figli entro la data
del marzo 2019.
L’errore di interpretazione è palese se si legge quanto riportato al terz’ultimo
capoverso della nota URS. Infatti questa precisa che in ordine a coloro che abbiano
documentato ovvero autocertificato di aver presentato formale richiesta di
vaccinazione, laddove non già diffidati, è fissato, dalla legge 21 settembre 2018, n. 108,
di conversione del decreto legge 25 luglio 2018, n. 91, il termine del 10 marzo 2019
per provare l’avvenuta vaccinazione. Ciò è assolutamente illegittimo e contra legem.
Infatti, come riportato sopra, l’art. 6, comma 3-quater, L. n. 108/2018 proroga
l’applicazione della disposizione di cui all'articolo 5, comma 1, secondo periodo, del
decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, all'anno scolastico 2018/2019: “La
documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie può
essere sostituita dalla dichiarazione resa ai sensi del d.p.r. 28 dicembre 2000 n. 445;
in tale caso, la documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni
obbligatorie deve essere presentata entro il 10 marzo 2018”.
Va da sé che dal tenore letterale della norma solo in caso di presentazione della
dichiarazione sostitutiva, attestante di essere in regola con le vaccinazioni obbligatorie,
la documentazione comprovante l'effettuazione delle stesse deve essere presentata
entro il 10 marzo 2019.
In riferimento poi alle considerazioni relative a coloro che siano stati diffidati
dalla Asl, valgono le precisazioni giuridiche riportate nell’esposizione che è preceduta.
Dunque gli stessi non potranno essere esclusi in quanto, quand’anche avessero ricevuto
una diffida da parte dell’Asl, ciò non comporterebbe certo la chiusura definitiva
dell’iter vaccinale, per la risolutiva considerazione che detta diffida non può, in alcun
modo, essere equiparata alla formale contestazione come prevista dall’art. 1, comma
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4, del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 31
luglio 2017, n. 119 ed anche in considerazione di eventuali inadempimenti in capo alla
stessa Asl che i genitori intendano far valere in sede di giudizio di opposizione alla
sanzione amministrativa eventualmente irrogata.
Si aggiunga che l’Asl in ossequio alla normativa nazionale di rango primario non è
assolutamente autorizzata a notiziare le scuole dell’invio di eventuali diffide alle
famiglie e, dunque, nell’ipotesi che i Dirigenti scolastici dovessero emettere
provvedimenti di sospensione/esclusione sulla base di dette diffide ciò sarebbe
assolutamente illegittimo e i DS potrebbero essere chiamati a rispondere personalmente
in sede giudiziaria.
Da ultimo, la nota URS Marche in esame è da ritenersi ulteriormente illegittima in
quanto è preclusa al Dirigente scolastico ogni valutazione sulla formulazione della
richiesta di appuntamento vaccinale inviata all’azienda sanitaria territorialmente
competente, tanto più se essa ha avuto riscontro con l’invio di un appuntamento
vaccinale.
***
Si aggiunge che per la giurisprudenza consolidata, «le circolari amministrative sono
atti a carattere interno finalizzati a garantire un’uniforme applicazione delle norme di
legge, diretti agli organi ed uffici periferici, ovvero sottordinati, e non hanno di per sé
valore normativo o provvedimentale o, comunque, vincolante per i soggetti estranei
all’amministrazione, onde i soggetti destinatari degli atti applicativi di esse non hanno
alcun onere di impugnativa, ma possono limitarsi a contestarne la legittimità al solo
scopo di sostenere che gli atti applicativi sono illegittimi perché scaturiscono da una
circolare illegittima che avrebbe, invece, dovuto essere disapplicata» (Cons. St., 21
giugno 2010, n. 3877). Risulta peraltro «quasi pleonastico evidenziare che la circolare
interpretativa non possa legittimare l’inosservanza di principi direttamente e
chiaramente stabiliti dalla legge, dovendosi conseguentemente disattendere le
circolari sulla base del principio di prevalenza del dettato legislativo» (Tar Puglia,
Bari, sez. II, 14 settembre 2012, n. 1660; Tar Campania, Salerno, sez. I, 13 gennaio
18
2016, n. 17).
Per tutto quanto sopra esposto, i minori dovranno poter accedere al
servizio scolastico, e NON potranno essere toccati né materialmente tenuti fuori
dalla struttura.
Un eventuale comportamento illecito dei Dirigenti, così ad esempio nel caso di
emissione di un illegittimo provvedimento di sospensione/esclusione, potrebbe lasciare
spazio anche ad azioni di risarcimento dei danni subiti dal minore e dalla di lui famiglia.
In fede
Avv. Fabrizio Belli
Avv. Samanta Forasassi
Avv. Sara Forasassi
Avv. Luca Gervasoni
Avv. Carmen Guidi
Avv. Michela Melograni
Avv. Martina Montanari
Avv. Luca Ventaloro
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