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CORTE COSTITUZIONALE. SENTENZA N. 423, 2000. INDENNIZZO PER DANNI DA VACCINAZIONI ANTIEPATITE B EFFETTUATE PRIMA DELL’ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE DELL’OBBLIGO

10 Dicembre 2010

Sentenza N. 423 Corte Costituzionale, 2000. Questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, e 2, comma 2, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 per non aver contemplato il danno biologico. Questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, laddove non prevede l’indennizzo per danni da vaccinazioni antiepatite B effettuate prima dell’entrata in vigore della legge dell’obbligo. Legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, e 2, comma 2, della legge 25 febbraio 1992, n. 210.

Con ordinanza del 7 luglio 1999 (r.o. 601/1999), il Tribunale di Firenze ha sollevato, in riferimento agli artt. 2 e 38 della Costituzione, questione di costituzionalità degli artt. 1, comma 3, e 2, commi 1 e 2, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nella parte in cui tali norme, “quantificando l’indennizzo dovuto a coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali, non prevedono la liquidazione, sia pure in misura ridotta, del danno biologico subìto a seguito di emotrasfusioni”.

La richiesta del rimettente non può dunque essere accolta, a fronte di un indennizzo discrezionalmente configurato dal legislatore nei termini di un intervento di solidarietà che, come tale, ha riguardo a parametri del tutto diversi da quelli del risarcimento e prescinde dalla concreta valutazione caso per caso della vicenda e dalla situazione personale dell’interessato. Il Tribunale di Sanremo, con ordinanza del 6 dicembre 1999 (r.o. 65/2000), ha sollevato questione di costituzionalità dell’art. 1, comma 1, della legge n. 210 del 1992, “nella parte in cui non prevede il diritto all’indennizzo per i soggetti sottopostisi a vaccinazione antiepatite B non obbligatoria in quanto appartenenti a categoria a rischio (nella specie: persone conviventi con soggetti HBsAG positivi) in relazione alla quale l’autorità sanitaria abbia promosso e diffuso capillarmente la vaccinazione”, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, e 32 della Costituzione.

Nel procedimento civile principale, il ricorrente ha chiesto, nei confronti del Ministero della sanità, l’erogazione dell’indennizzo previsto dall’art. 1, comma 1, della legge n. 210 del 1992, perché, essendosi sottoposto a vaccinazione antiepatite B su raccomandazione dell’autorità sanitaria italiana in quanto persona convivente con soggetto HBsAG positivo (cioè affetto da epatite B acuta e cronica), ha contratto, in conseguenza della vaccinazione, una epatopatia cronica; la richiesta –precisa il rimettente – si basa sulla citata norma, quale risultante a seguito della sentenza n. 27 del 1998 della Corte costituzionale, che ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale “nella parte in cui non prevede il diritto all’indennizzo ... di coloro che si siano sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica nel periodo di vigenza della legge 30 luglio 1959, n. 695”.

La domanda giudiziale, osserva il Tribunale, non è però accogliibile, allo stato della disciplina in vigore, perché a) non si tratta, nella specie, di vaccinazione obbligatoria, alla quale si riferisce il testo dell’art. 1, e b) non è richiamabile la citata pronuncia della Corte, che concerne un diverso tipo di vaccinazione e che non è formulata in termini generali, ma solo con riguardo alla vaccinazione antipoliomielitica. Fondata è invece la questione sollevata dal Tribunale di Sanremo, il quale dubita della legittimità costituzionale della mancata previsione del diritto all’indennizzo, previsto dall’art. 1, comma 1, della legge n. 210 a favore di quanti abbiano riportato danni irreversibili alla salute, essendo stati sottoposti a vaccinazione antiepatite B non obbligatoria, appartenendo a una categoria di persone considerate “a rischio” e perciò incentivate a sottoporsi alla vaccinazione stessa nell’ambito di una campagna promossa dall’autorità sanitaria.

Il giudice rimettente ritiene ingiustificata tale mancata previsione, a fronte della attribuzione dell’indennizzo a favore di chi, in analoghe circostanze, abbia contratto un’infermità a seguito di vaccinazione antipoliomielitica (art. 1 della legge n. 210 del 1992, quale risultante a seguito della sentenza n. 27 del 1998 di questa Corte). Il citato art. 1 della legge n. 210 prevede il diritto all’indennizzo (determinato dall’art. 2) per chiunque abbia riportato lesioni o infermità dalle quali sia derivata una menomazione permanente all’integrità psico-fisica, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge.

Con la sentenza testé citata, questa Corte – richiamato “il principio che non è lecito [...] richiedere che il singolo esponga a rischio la propria salute per un interesse collettivo, senza che la collettività stessa sia disposta a condividere, come è possibile, il peso di eventuali conseguenze negative” (sentenze nn. 307 del 1990 e 118 del 1996) - ha ritenuto non esservi ragione di differenziare, rispetto a tale principio, “il caso [...] in cui il trattamento sanitario sia imposto per legge da quello [...] in cui esso sia, in base a una legge, promosso dalla pubblica autorità in vista della sua diffusione capillare nella società; il caso in cui si annulla la libera determinazione individuale attraverso la comminazione di una sanzione, da quello in cui si fa appello alla collaborazione dei singoli a un programma di politica sanitaria”.

Infatti, si aggiungeva, “una differenziazione che negasse il diritto all’indennizzo in questo secondo caso si risolverebbe in una patente irrazionalità della legge. Essa riserverebbe [...] a coloro che sono stati indotti a tenere un comportamento di utilità generale per ragioni di solidarietà sociale un trattamento deteriore rispetto a quello che vale a favore di quanti hanno agito in forza della minaccia di una sanzione”.

In applicazione dei principi così posti, la risoluzione della presente questione di costituzionalità consiste nel rispondere alla domanda se, analogamente a quanto accertato in relazione alla vaccinazione antipoliomielitica, anche per la vaccinazione antiepatite possa dirsi essere stata in atto una campagna legalmente promossa dall’autorità sanitaria per la diffusione di tale secondo tipo di vaccinazione. La risposta positiva è documentata dagli atti – ricordati analiticamente nell’esposizione in fatto - adottati a partire dal 1983, in attuazione dei compiti di promozione della salute pubblica che, alla stregua della legge 13 marzo 1958, n. 296, spettano all’autorità sanitaria nazionale.

Con la legge 27 maggio 1991, n. 165, la vaccinazione contro l’epatite virale B è stata resa obbligatoria per tutti i nuovi nati nel primo anno di vita, ma anche prima di tale data gli atti sopra menzionati testimoniano essere stata condotta – a partire dalla circolare n. 2 dell’11 gennaio 1983 del Ministero della sanità - una capillare campagna per la realizzazione di un programma di diffusione della vaccinazione stessa che ha coinvolto le strutture sanitarie pubbliche del nostro paese in un’opera di responsabilizzazione e sensibilizzazione ai rischi che l’epatite di tipo B comporta per sé e per gli altri, e innanzitutto per i bambini. Deve così ritenersi che sussistono, anche per i soggetti sottoposti a vaccinazione antiepatite di tipo B in attuazione della suddetta politica sanitaria promossa al riguardo, le condizioni che hanno indotto questa Corte, nella sentenza n. 27 del 1998, a ritenere costituzionalmente dovuto per i soggetti sottoposti a vaccinazione antipoliomielitica l’indennizzo previsto dall’art. 1 della legge n. 210. Pertanto, in accoglimento della questione proposta dal Tribunale di Sanremo, tale disposizione deve essere dichiarata incostituzionale per dare ingresso al diritto all’indennizzo anche a tale categoria di soggetti.  

Allegato: CC, Sentenza N. 423, 2000

CC

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