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Le vaccinazioni per il COVID-19 determineranno un’epidemia di autismo?

30 Gennaio 2024

Se sì, coloro che hanno consigliato le donne incinte a fare iniezioni di modRNA[1] ne saranno responsabili

Dr. Byram W. Bridle: Jan 20, 2024

Testo tratto dalla Newsletter del dott. Peter A. McCullough del 20 gennaio 2024[2]

Dati allarmanti

La lettura dell’articolo scientifico sottoposto a revisione paritaria “L’esposizione prenatale al vaccino mRNA BNT162b2 del COVID-19 induce comportamenti simili all’autismo nei ratti neonati maschi: approfondimenti sulle perturbazioni di segnalazione WNT e BDNF[3], deve indurre una seria preoccupazione in tutti noi.

Il messaggio chiave veicolato risulta molto evidente (citiamo):

I nostri risultati rivelano che il vaccino mRNA BNT162b2 altera significativamente l’espressione del gene WNT e i livelli di BDNF sia nei ratti maschi che femmine, suggerendo un profondo impatto sui principali percorsi dello sviluppo neurologico

Sia la via di segnalazione “WNT”[4] che la molecola “BDNF”[5] giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo del sistema nervoso dei feti (citiamo).

In particolare, i ratti maschi hanno mostrato comportamenti pronunciati simili all’autismo, caratterizzati da una marcata riduzione dell’interazione sociale e da modelli di comportamento ripetitivi. Inoltre, si è verificata una sostanziale diminuzione della conta neuronale nelle regioni critiche del cervello, indicando una potenziale neurodegenerazione o uno sviluppo neurologico alterato. I ratti maschi hanno anche dimostrato prestazioni motorie compromesse, evidenziate da ridotta coordinazione e agilità”.

I ratti maschi erano quelli in cui i cambiamenti biochimici si traducevano in una manifestazione di comportamenti simili all'autismo. È interessante notare che ciò è correlato alla condizione umana, in cui ai ragazzi viene diagnosticato l'autismo più spesso rispetto alle ragazze. Di particolare preoccupazione è la perdita di neuroni nel cervello. A seconda della posizione del cervello, c’erano il 24-38% in meno di neuroni nei maschi nati da madri che avevano ricevuto l’iniezione di vaccino COVID-19 (citiamo):

Una comprensione completa dei rischi e dei benefici della vaccinazione COVID-19, soprattutto durante la gravidanza, rimane essenziale”.

E dalla sezione discussione del documento apprendiamo inoltre:

Data l’importanza per la salute pubblica di comprendere gli effetti della vaccinazione contro il COVID-19, soprattutto durante la gravidanza, sono vitali studi completi. Questi dovrebbero valutare i benefici e i potenziali rischi della vaccinazione, concentrandosi [anche, n.d.r.] sulla garanzia di risultati ottimali sullo sviluppo neurologico”.

Purtroppo, avremmo dovuto avere questa comprensione globale e quindi condurre un’analisi rischio-beneficio pienamente informata prima che centinaia di migliaia di donne incinte fossero vaccinate.

Alcune Considerazioni

    1. Questa ricerca è stata condotta sui ratti. Studi preclinici come questi vengono utilizzati per prevedere che cosa potrebbe accadere negli esseri umani. A volte le previsioni sono realistiche, altre volte i fenomeni osservati nell’animale non sono osservabili a livello umano. Altre volte ancora gli effetti sono più gravi nelle persone. L’unico modo per garantire una maggiore sicurezza viene sottolineato dagli autori del lavoro:
      “Sono necessari studi più approfonditi per confermare queste osservazioni negli esseri umani e per esplorare i meccanismi esatti”.
    2. Gli autori presumono che gran parte della tossicità per i ratti sia mediata dalla proteina spike prodotta a livello cellulare in seguito alla somministrazione del vaccino modRNA.
    3. Quello che i ricercatori non mettono in evidenza è che i ratti esprimono il recettore a bassa affinità per la proteina spike, a differenza degli esseri umani che esprimono il recettore ad alta affinità.
      Ciò significa che la proteina spike può legarsi solo debolmente alle cellule del ratto, mentre lo fa in misura molto maggiore verso le cellule umane. Pertanto, il sospetto è che la maggior parte del danno osservato nei ratti potrebbe essere dovuto all’infiammazione mediata dalle nanoparticelle lipidiche e/o dalle risposte immunitarie contro le proteine spike.
      Se, invece, le proteine spike potessero contribuire alla tossicità, allora le cose potrebbero essere molto peggiori negli ospiti con cellule che esprimono recettori ad alta affinità, per l’appunto gli esseri umani.
    4. Le femmine di ratto incinte hanno ricevuto la stessa dose di quella somministrata alle donne incinte. Si potrebbe sostenere che ciò rappresenta, in base al peso corporeo, una dose efficace molto più elevata. Potrebbe, ma non ne abbiamo le prove.
      Il modo in cui funzionano i farmaci può variare da specie a specie.
      Ci sono esempi in cui piccoli roditori come i topi potrebbero tollerare dosi di farmaci tossici per l’uomo. Quindi, questo non è un argomento solido senza prove. E, se fosse vero, ciò potrebbe essere controbilanciato dal problema identificato al punto n. 2 sopra, ovvero che i ratti sono un modello inadeguato per valutare la tossicità delle iniezioni di COVID-19 perché sottostimano i danni a causa dell’espressione del recettore a bassa affinità per la proteina Spike. Inoltre, ai ratti in questo studio è stata somministrata una singola dose, mentre le donne incinte possono ricevere fino a due dosi. L’unico modo per saperlo con certezza è, sfortunatamente, aspettare e vedere come andrà a finire l’esperimento umano globale.

La vaccinazione COVID-19 ha dimostrato di essere “sicura ed efficace” per le donne incinte?

La risposta in un arco di tempo breve come questo è NO.

Gli studi pubblicati su questo argomento sono in gran parte imperfetti e distorti. Prove sempre più evidenti dimostrano che i danni causati dalla somministrazione di questi vaccini sono stati sostanzialmente sottostimati in tutte le persone.

L'unica domanda sensata dovrebbe essere: quanto sono sicuri?

Peggio ancora, gli studi condotti durante la gravidanza si sono concentrati maggiormente sulle donne e meno sui bambini. In molti casi, i bambini erano seguiti solo per poche settimane dopo la nascita.

Questo è un periodo troppo breve. Inoltre, le valutazioni di questi bambini sono state eccessivamente superficiali. Un trucco classico quando si tratta di ricerca e sviluppo di nuovi interventi medici è questo: si può far sembrare un prodotto abbastanza sicuro se non si cercano i danni adeguatamente.

Ammettiamolo, la maggior parte dei primi anni di vita di un bambino consiste nel piangere, bere/mangiare, fare la cacca/pipì e dormire. Semplicemente non c’è molto da valutare quando si tratta di danni ai bambini che si manifesterebbero come problemi comportamentali.

Non è insolito che i bambini sembrino regolarmente infelici e a disagio. In altre parole, non si può essere sicuri di dichiarare l’assenza di un disturbo nei neonati e anche nei bambini piccoli. Ad esempio, è noto che il mancato contatto visivo può essere un potenziale segno di autismo nei bambini piccoli. Ovviamente una simile osservazione non si può fare in un bambino piccolo che non ha iniziato a stabilire un contatto visivo costante e intenzionale.

Semplicemente non c’è stato abbastanza tempo per valutarlo adeguatamente.

È vero che eventuali danni dovuti ai vaccini saranno identificati entro le prime sei settimane?

Molti medici continuano a pensare, erroneamente, che eventuali danni dovuti ai vaccini saranno identificati entro le prime sei settimane dall’inoculazione. Oltre tale termine, dicono, non vi è possibilità che emergano segnali che hanno a che fare con la sicurezza del vaccino.

In breve, l’affermazione è che se qualcuno riesce a superare la magica finestra di sei settimane senza danni evidenti, allora tutto sarebbe ok. Questa è un’affermazione senza senso.

Il documento qui discusso evidenzia il motivo per cui nessuno dovrebbe disinformare il pubblico in questo modo. Se le somministrazioni del vaccino COVID-19 alle donne incinte possono causare danni neurologici nei loro bambini in via di sviluppo, comprese alterazioni che portano a fenomeni come l’autismo, è quasi certo che questi non si potrebbero identificare entro le prime sei settimane.

Gli esseri umani devono acquisire determinate capacità per interagire con il mondo che li circonda prima che gli operatori sanitari possano valutare adeguatamente l’evidenza di disturbi complessi. Alcuni danni non si notano fino all'età dell’adolescenza perché sono necessari cambiamenti ormonali per disvelarli.

Ciò significa, quindi, che esiste il rischio potenziale di danni ai bambini nati da madri indotte a farsi vaccinare contro il COVID-19 di cui ancora non siamo a conoscenza.

Siamo di fronte a una epidemia imminente di disturbi neurologici pediatrici?

L’autismo è un fenomeno ben studiato. Ecco una realtà non controversa ma molto importante riguardo alla diagnosi di autismo[6]:

"Sebbene le prove suggeriscano che alcuni bambini possono essere diagnosticati definitivamente entro i 2 anni di età, molti non sono diagnosticati fino ai 4-5 anni"

È importante sottolineare che molte diagnosi di autismo non si verificano prima dei cinque anni di età. Molti ricercatori concordano sul fatto che il tempo medio per la diagnosi è di circa tre anni.

Ecco il problema: i bambini nati da madri indotte a fare iniezioni di COVID-19 non hanno ancora raggiunto i tre anni. Ora. dobbiamo aspettare almeno un altro anno e mezzo, e probabilmente due o più, per raccogliere dati su un numero sufficiente di bambini e stabilire se sono stati causati danni.

Le responsabilità di molti professionisti sanitari, medici, ricercatori, funzionari pubblici e governativi e organi di stampa, attuando una condotta gravemente “negligente” in tal senso, potrebbero non risultare rilevabili ancora per un altro paio d’anni.

Già nel 2020 abbiamo cercato di far capire che la vera “velocità della scienza” è lenta, faticosa e metodica. In genere sono necessari molti anni per introdurre un nuovo intervento medico nell’uso di routine a causa della quantità di lavoro sperimentale necessario per garantire sicurezza ed efficacia.

Risulta quindi sconvolgente vedere uno studio preclinico come questo, condotto e pubblicato tre anni dopo una vaccinazione di massa come quella a cui abbiamo assistito. Questo studio avrebbe dovuto essere fatto anni prima: anzitutto, uno studio come questo avrebbe dato il via a molti più studi sulla sicurezza.

In secondo luogo, se si potesse ancora costruire una logica per tentare l’uso di questo vaccino durante la gravidanza, sarebbero necessari diversi anni di follow-up attivo in uno studio clinico limitato per valutare il rischio potenziale di indurre qualcosa come l’autismo.

Questo è il motivo per cui il tempo medio necessario per portare i nuovi vaccini attraverso l’intero percorso sperimentale è stato superiore a dieci anni. Per questi motivi NON si dovrebbero prendere scorciatoie nello sviluppo dei vaccini.

Ora è il momento di effettuare uno screening accurato e approfondito dei bambini nati da madri vaccinate per il Covid-19. Ed è necessario iniziare questo processo fin dalle prime fasi della vita del bambino per facilitare la diagnosi tempestiva di qualsiasi problema, come l’autismo.

Infatti, un intervento precoce può massimizzare il potenziale mentale e cognitivo dei bambini che necessitano di compensare i danni neurologici subiti durante le prime fasi dello sviluppo.

Il vaccino COVID-19 è stato quindi un “vaccino sperimentale” a tutti gli effetti?

Leggiamo insieme le conclusioni dello studio:

“(...) In sintesi, questo studio fornisce preziose informazioni sugli effetti del vaccino COVID-19 mRNA BNT162b2 sul Percorso WNT e livelli di BDNF, in particolare in relazione a esiti dello sviluppo neurologico. L'osservazione specifica della vulnerabilità per il maschio e la convergenza con la letteratura esistente supportano il coinvolgimento di queste vie molecolari nei disturbi dello sviluppo neurologico.

Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per convalidare questi risultati nelle popolazioni umane e per disvelare i complessi meccanismi alla base degli effetti osservati. L’obiettivo finale è garantire la sicurezza e il benessere delle persone che ricevono la vaccinazione contro il COVID-19, in particolare durante la gravidanza, riducendo al minimo i potenziali rischi per lo sviluppo neurologico”.

Disponiamo, quindi, di uno studio preclinico che fornisce prove che confermano le speculazioni che molti di noi hanno fatto anni fa grazie alla nostra comprensione dei meccanismi d'azione della tecnologia modRNA.

Questo studio è nato a causa di “preoccupazioni preliminari” sviluppatesi dall’inizio della campagna vaccinale. Altri problemi sono stati identificati in modo simile dopo l’avvio della stessa.

I primi bambini da cui possiamo ottenere dati clinicamente rilevanti per escludere o meno queste preoccupazioni sono quelli già nati da madri a cui era stato assicurato che le iniezioni erano completamente “sicure ed efficaci”. Ci rendiamo conto di quello che è successo? Gli ultimi tre anni sono stati un esempio di come sia possibile distruggere il processo scientifico, e la fiducia in questo, invertendone la sequenza logica.

Ancora un altro appello per una moratoria sui vaccini modRNA

Qui ci troviamo di fronte a un’altra legittima questione scientifica. Le iniezioni di vaccini modRNA potrebbero potenzialmente causare danni neurologici ai bambini in via di sviluppo, manifestandosi infine come autismo o altri disturbi? Fino a quando questa e molte altre questioni in sospeso non avranno risposta, è necessaria una moratoria su questa tecnologia (come ha fatto la Florida)!

Oppure vogliamo continueremo a vaccinare le donne incinte mentre aspettiamo di vedere se questo problema si risolverà tra qualche anno?!? Che fine ha fatto il principio di precauzione?!?

Nota a margine: Sono passati due anni, cinque mesi e ventisette giorni (909 giorni in totale) da quando l'amministrazione dell'Università di Guelph, ha vietato al dott. Byram W. Bridle di accedere al suo ufficio e al suo laboratorio.

Sull’autore: https://ovc.uoguelph.ca/pathobiology/people/faculty/byram-w-bridle/

Le sue pubblicazioni: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/?term=%27%27bridle%20b%27%27

 

 

[1]                    Per modRNA si intende “nucleoside-modified messenger RNA”: si tratta di un RNA messaggero nucleosidico modificato (modRNA), ovvero un RNA messaggero sintetico (mRNA) in cui alcuni nucleosidi sono sostituiti da altri nucleosidi naturalmente modificati o da analoghi nucleosidi sintetici. Il modRNA viene utilizzato per indurre la produzione di una proteina desiderata in alcune cellule. I primi “autorizzati” sono stati i vaccini COVID-19 (come Comirnaty e Spikevax).

[4]                    La via di segnalazione WNT è una via antica ed evolutivamente conservata che regola aspetti cruciali della determinazione del destino cellulare, della migrazione cellulare, della polarità cellulare, della modellazione neurale e dell'organogenesi durante lo sviluppo embrionale.

[5]                    Il fattore neurotrofico cerebrale, o BDNF - Brain-Derived Neurotrophic Factor - o abrineurina, è una proteina che, nell'uomo, è codificata dal gene BDNF. Il BDNF è un membro della famiglia dei fattori di crescita delle neurotrofine svolgono un ruolo importante nello sviluppo del sistema nervoso nei feti.

[6]                    https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31660042/

CC

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